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 2020  settembre 30 Mercoledì calendario

Biografia di Luciana Lamorgese


Luciana Lamorgese, nata a Potenza l’11 settembre 1953 (67 anni). Avvocato. Ex prefetto (in pensione dal 1° ottobre 2018). Dal novembre 2018 è membro del Consiglio di Stato. Dal 5 settembre 2019 ministro dell’Interno • «Donna molto riservata» (Andrea Galli, Corriere della Sera, 22/9/2018) • «Figlia prediletta del Viminale dove ha lavorato continuativamente per quasi quarant’anni, scalando tutte le posizioni fino a diventare capo di gabinetto del ministro Angelino Alfano nel 2013. Da quel momento, per i successivi quattro anni, fu lei l’anima del ministero, gestendo i momenti difficili degli sbarchi di massa. Di quel periodo si ricorda la freddezza, la lucidità, l’energia sia pure condita dai modi impeccabili. Il tipico pugno di ferro in guanto di velluto» (Francesco Grignetti, La Stampa 5/9/2019) • «Occhi castani come i capelli che le incorniciano il volto dai tratti severi» (Eliana Di Caro Il Sole 24 Ore, 2/3/2020) • «Nel Pd la definiscono con questa espressione, “la prussiana”, e vuole essere davvero un complimento se non fosse che il suo re non è Conte ma Sergio Mattarella. È stato il presidente a chiedere una figura come la sua per filtrare l’aria dopo che Salvini l’aveva ammorbata» (Carmelo Caruso, Il Foglio, 1/8/2020) • «Specchio rovesciato di Matteo Salvini (in tema di immigrazione i due non potrebbero essere più distanti)» (Marianna Rizzini, Il Foglio, 23/9/2019) • «Lamorgese non ha profili social, non utilizza Twitter» (Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera, 5/9/2019) • Ha detto: «Come sarebbe bello sparire, parlare solo quando serve».
Titoli di testa «Senza fazzoletto bianco nel taschino, senza attenzione maniacale al piccolo particolare, […], quasi nascondendosi dietro a una delle sciarpe leggere che compaiono spesso nelle foto che la ritraggono, il prefetto Lamorgese […] camminava per il suo ufficio al Viminale parlando di sé come di un’osservatrice-mediatrice investita di una sorta di missione: il prefetto non va dove lo porta il cuore, diceva, ma dove lo manda l’amministrazione statale, e anche se il trasferimento improvviso su due piedi non lo rende proprio felice, alla fine quel trasferimento se lo deve far calzare, e lo deve indossare bene come un vecchio abito per poter svolgere il suo servizio» (Rizzini).
Vita Figlia d’arte. «Suo padre Italo, infatti, era stato prefetto di Avellino dal 1970 al 1975, e ad Avellino aveva mostrato sul campo alla figlia, durante la grande nevicata del 1973, che cosa significa essere trait d’union tra stato e cittadino. Quel giorno la città fu sepolta sotto una coltre bianca, con la neve che arrivava fino ai balconi, con l’acqua e la luce che mancavano e cento comuni isolati. Il futuro prefetto Lamorgese aveva vent’anni e aveva già deciso quale fosse la sua strada: prevenire, mediare e osservare in prima persona» (Rizzini) • Studia giurisprudenza alla Federico II di Napoli, si laurea con lode in diritto civile con Luigi Cariota Ferrara, celebre giurista partenopeo • Entra al Viminale nel 1979, quando ha 25 anni. «Feci diversi concorsi, e vinsi quello al ministero dell’Interno, quando in realtà stavo già lavorando alla Sanità, nella Croce Rossa Italiana. Il primo incarico fu alla Prefettura di Varese. Il mio capo era una donna, una vice prefetta molto attenta e puntuale. Ricordo che mio padre mi consigliò di andare negli uffici amministrativi “perché – diceva sempre – tu, appena arrivata, devi capire quali sono le attività che svolge una Prefettura”, mentre gli uffici di Gabinetto sono propri della parte più politica» (a Eliana Di Caro, Il Sole 24 Ore, 2/3/2020) • Il suo primo incarico è in Lombardia. «Probabilmente nella Varese del ’79 c’era già quell’atmosfera che, poco più tardi, avrebbe spalancato le porte alla Lega: non deve essere stato semplice per qualcuno nato e vissuto a Potenza» (Di Caro) • «Arrivai a febbraio e c’era l’election day. Mi ricordo che quando uscivamo dagli uffici, alle sette/sette e mezza, si andava al centro della città e in giro c’erano anche molti meridionali, impiegati delle Poste o altri dipendenti pubblici. La Prefettura era piccola, l’ambiente positivo. Dopo un anno e mezzo, quando sono andata a Roma […] rimpiangevo quel mondo perché tutto mi sembrava grande e dispersivo» • Luciana si fa strada nei gangli del Viminale. Lavora all’ufficio concorsi. «Ricordo le prime volte che nei concorsi si facevano i quiz perché i candidati erano tantissimi, fino a 100mila. Bisognava fare le gare per i test, controllare tutto, far fronte ai ricorsi». Poi è all’ufficio studi. «Vi si elaborava la nuova organizzazione, non solo del ministero dell’Interno, ma dell’intero settore pubblico». Dopo ancora all’ufficio legislativo, a diretto contatto con i ministri, che, dice lei, hanno sempre poco tempo e una montagna di materiale da leggere. «Si preparano dunque carte, documenti, appunti, evidenziando la parte importante di un problema. E questo puoi farlo solo se hai la giusta esperienza». Nel 2003 è promossa direttore centrale del personale, ci sono i decreti attuativi della riforma prefettizia da portare avanti e deve vedersela con i sindacati. «Una lunga stagione di incontri, riunioni, tavoli di lavoro» • «Gli occhi di Luciana Lamorgese si illuminano nel rievocare la nomina a prefetta di Venezia, avvenuta nel gennaio 2010, un risultato che desiderava fortemente» (Di Caro) • Ricorda lei: «È una città che mi ha sempre molto affascinata. Sono partita lasciando qui i miei due figli all’epoca universitari e ci sono stata due anni. È stato un periodo meraviglioso, vissuto in un clima di grande collaborazione con le istituzioni pubbliche. Quando si lavora ponendosi lo stesso obiettivo, le cose funzionano, anche in una città fuori dall’ordinario». Deve organizzare la visita del Papa, c’è bisogno di predisporre un motoscafo particolare, portare la papamobile in pazza San Marco, mobilitare i sommozzatori per garantire la sicurezza sul Canal Grande. Gestisce crisi aziendali. «Ad esempio quella di Marghera, e quando sono andata via le forze sindacali mi hanno salutato con riconoscenza». Poi ci sono la Mostra del Cinema e la Biennale, «di cui magari si vede solo il lato piacevole. Sono eventi di grande complessità, arrivano personalità da tutte le parti del mondo» • Dal 2013 al 2017 torna a Roma, come capo del Gabinetto del ministero. Luciana lavora con Alfano e Minniti. Sono gli anni duri degli sbarchi, la priorità è gestire le ondate dei migranti. Nell’autunno 2013 è a Lampedusa, dopo il naufragio in cui muoiono trecento profughi siriani, tra cui sessanta bambini. «È stato allora che ho cambiato il mio modo di vedere e vivere le cose» • Nel 2017 la mandano a Milano. «Una città bellissima e dalle tante potenzialità, per la quale mi proposi». Il 13 febbraio si insedia al primo piano di palazzo Diotti, prende possesso della scrivania che fu di Massimo D’Azeglio. Circondata da cameramen e fotografi, sorride solo per un attimo: «Ma tutte queste foto me le fate perché sono il primo prefetto donna?». Nel corso della mattinata si sofferma ancora un momento sulla questione: «L’epoca in cui Platone si chiedeva, ne La Repubblica, “sarà tempo che le donne governino”, è ormai storia passata» • Tempo due settimane e la prima donna prefetto trasforma il palazzo di corso Monforte in una specie di centrale operativa permanente. Si occupa di sfratti, concerti, immigrazione, piazze, disoccupazione, dei morti sul lavoro alla Lamina e dell’incidente ferroviario di Pioltello. Le varie autorità escono dal cortile del palazzo con la lista precisa delle cose da fare in ogni situazione. Risponde spesso di persona alle mail dei cittadini. Dice: «Il nostro obiettivo è fare in modo che la città viva serenamente nonostante tutti i problemi» • «Se esiste il “modello Milano” del centrosinistra, quello della sicurezza partecipata, è anche grazie a lei» (Piero Colaprico, la Repubblica, 5/9/2019) • «Quanto ai migranti, la loro ripartizione tra i vari Comuni dell’area metropolitana è stata un’idea mia. L’accordo fu firmato da quasi 90 sindaci: sapevano che se si fossero fatti carico della metà della quota a loro spettante, non ne avremmo mandati ancora. Io avevo fatto dei conti e ritenevo che in questo modo saremmo riusciti a fronteggiare il flusso migratorio» • Quando sette sindaci leghisti dell’hinterland milanese tentano di ribellarsi e ordinano di multare chi accoglie gli immigrati nei loro comuni, lei usa il pugno di ferro. «Non potevo accettare che ci fosse un’illegalità conclamata in un’ordinanza, sapevano benissimo che un provvedimento del genere non poteva passare» • «È importante accettare la diversità, che è ricchezza, e procedere con l’integrazione. Io dico che bisogna accogliere nelle regole e non respingere il diverso, che può essere un arricchimento per il territorio» • «E però poi lo stesso prefetto era anche conosciuto in città come “prefetto degli sgomberi” (di case occupate) e delle “operazioni-sicurezza” (sempre con sgomberi) nei pressi della stazione Centrale – motivo questo di diffidenza di una parte della sinistra-sinistra verso di lei» (Rizzini) • Milano le piace tantissimo. «Mi ha portato bene». Compra casa in città, quando è in cerca di ispirazione è capace di macinare chilometri dal Duomo alla periferia e ritorno. Il giorno del suo addio, il 1° ottobre 2018, il nuovo ministro dell’interno Matteo Salvini le fa i complimenti: «Da ministro milanese voglio esprimere un grande grazie a Luciana Lamorgese anche a nome della città per tutto ciò che ha fatto, in particolare per il gran lavoro di coordinamento e di ascolto» • Non può immaginare che, meno di un anno dopo, sarebbe stata chiamata a prendere il posto di quel ministro. «Io ero tornata alla mie piante» • «I tredici mesi di Matteo Salvini ai vertici del Viminale hanno lasciato macerie. Il ministero dell’Interno è stato trasformato in uno strumento di propaganda, un diffusore di paure e insicurezza, odio e rancore sociale. La complessa e delicata macchina della sicurezza pubblica è stata adeguata ai desiderata del ministro e della sua perenne campagna elettorale» (Enrico Fierro, Il Fatto Quotidiano, 4/9/2019) • «L’obiettivo dopo la Bestia e il ciclone Salvini è spoliticizzare il Viminale, anche per evitare che fosse un politico, futuro bersaglio quotidiano del suo predecessore, a disinnescare la propaganda dell’emergenza su un tema delicato come l’immigrazione» (Valentina Errante, Il Messaggero, 5/9/2019) • La Lamorgese giura al Quirinale il 5 settembre 2019. Indossa una blusa bianca e un tailleur nero • Luciana Littizzetto: «Sono contenta che al Ministero dell’Interno ci sia una donna» • Marco Minniti: «È un buon inizio» • Matteo Salvini: «Hanno messo un tecnico, non hanno voluto metterci la faccia. Io sono a disposizione del nuovo ministro per dare qualche consiglio, ma se dovessi vedere che i porti si riaprono daremo battaglia in Parlamento e nelle piazze» • «Lamorgese non ha profili social e sarà difficile vederla sul tetto del Viminale alle prese con una diretta Facebook. In attesa di nuove leggi, la linea sugli sbarchi sembra chiara. Prima che il contestato decreto sicurezza bis venga modificato secondo le indicazioni del presidente Mattarella, è difficile che dal Viminale arrivino altri divieti di ingresso per le navi con a bordo i profughi. Le ordinanze, puntualmente firmate dal leader leghista “per motivi di ordine e sicurezza pubblica”, sono facoltative. Ed è probabile che la politica salviniana venga disinnescata attraverso il basso profilo» (Errante) • «Il governo Conte cambierà o no i decreti sicurezza firmati durante il governo gialloverde? “Ne dobbiamo proprio parlare?”. Ministro... “Vorrei evitare di parlare di un argomento estremamente sensibile”. Ministro... “Qui al Viminale, con le forze di maggioranza, abbiamo lavorato su un testo che è stato inviato a Palazzo Chigi e che verrà valutato dal Consiglio dei ministri. Posso dire che credo fermamente in una svolta sul sistema di accoglienza e sulla protezione umanitaria. I decreti immigrazione, firmati dal mio predecessore, finora non sono mai stati usati da questo governo e non abbiamo neppure intenzione di farlo. Aggiungo che i rilievi a suo tempo mossi dal presidente della Repubblica ai tempi dell’approvazione di quelle leggi sono stati accolti. Inoltre, vorrei ricordare che tutte le norme sulla sicurezza inserite in quei testi anche su proposta del Viminale non sono state modificate”. Con che tempi? “Io sono un tecnico, non un politico. Il testo c’è, la maggioranza lo discuterà al momento che riterrà più opportuno”» (Claudio Cerasa, Il Foglio, 2/9/2020) • Matteo Salvini: «Io lavoro per risolvere i problemi, ho incontrato il nuovo ministro dell’Interno… non sono come quei bambini ai giardinetti che si portano via il pallone. Io amo il mio paese, e se posso essere utile, dare consigli… ma, ahimè, stanno facendo l’esatto contrario di quello che dovrebbero fare» • Lei: «Io sono un tecnico, ripeto, e il mio compito non è polemizzare ma individuare soluzioni idonee a problemi complessi. E i problemi si affrontano così: aumentando le energie laddove vi sono delle sofferenze, garantendo la sicurezza del paese senza mai sottrarsi al rispetto e agli obblighi dei trattati internazionali, provando a trasformare la solidarietà dell’Europa in un’opportunità da sfruttare per superare la stagione degli egoismi nazionali» • «Ministro, le leggo due frasi che la metteranno di buon umore. “Prego”. “Anziché bloccare l’immigrazione clandestina il governo continua a varare navi quarantena per migranti a spese degli italiani. Quante altre navi dovranno affittare prima di capire quanto sia folle affrontare così la gestione dei flussi immigratori? Basta sbarchi e basta morti in mare!”. Pausa. Ministro, sa di chi è? “So di chi è”. E cosa ne pensa? “Penso che un paese civile non può mettere in contrapposizione umanità e sicurezza e ritengo che neppure in una stagione pandemica sia possibile aderire a una logica del respingimento tanto più a una frontiera marittima. L’immigrazione si governa, chi non la vuole governare e pretende di fermarla finisce per non occuparsi del problema. E le navi a cui si riferisce l’esponente politico da lei citato non servono ad attrarre migranti ma piuttosto, a risolvere un problema di sicurezza sanitaria anche a tutela dei cittadini italiani e siciliani in particolare”. Ministro, le leggo un’altra frase: “Il governo sta semplificando la vita degli scafisti. Questo è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e quindi il ministro Luciana Lamorgese è una criminale che dovrà essere processata democraticamente dagli italiani quando torneranno a votare”. Sa di chi è? “So di chi è”. E cosa ne pensa? “Dico che ricorrere a tali parole, profondamente offensive anche per tutta l’amministrazione dell’Interno, denota assenza del doveroso rispetto per un’istituzione che l’autore conosce bene. E onestamente non ritengo di dover perdere tempo con chi usa frasi del genere (la seconda frase è di Matteo Salvini, la prima di Giorgia Meloni, ndr). E aggiungo che strumentalizzare il tema dell’immigrazione per scopi propagandistici è semplicemente da irresponsabili”» (Cerasa).
Vita privata Sposata con Orlando Armignacco, infettivologo. Due figli.
Curiosità Ha sette case tra Milano, Roma e Potenza • Secondo ministro più ricco del secondo governo Conte, dopo Dario Franceschini. Nella dichiarazione dei redditi 2019 aveva un imponibile di 160.876 euro • Quando era a Milano non le piaceva essere chiamata «prefetta», né che si sottolineasse che era la prima donna. Diceva: «Prefetto e basta» • Contraria alle quote rosa. «Quello che dovremmo fare noi donne, e non solo, è porre l’accento sulla competenza e la professionalità delle persone, uomo o donna non ha alcun rilievo». «Non ho mai sentito un diverso trattamento nell’ambito della mia amministrazione. Il tetto di cristallo lo abbiamo superato» • Ha una Toyota Aigo • «Stimata dalla Caritas e dal terzo settore» (Chiara Pelizzoni, Famiglia Cristiana, 5/9/2019) • «Silvio Berlusconi ha suggerito ai suoi uomini, che significa ordinato, di “non puntarla” e il messaggio, dopo tortuosi viaggi, è arrivato ai giornalisti di area. “Prudenza con la ministra che è stato il nostro bravissimo prefetto di Milano”» (Caruso) • Nel 2020, commentando la notizia che cinque parlamentari avevano richiesto il bonus di 500 euro messo a disposizione delle partite Iva durante la pandemia di coronavirus, secca, disse: «Si dovrebbero vergognare» • Sulle voci di un rimpasto di governo: «Non mi appassionano queste discussioni. Sono un ministro tecnico» •  «Fare il ministro dell’Interno è difficilissimo. Non si possono raccontare chiacchiere, ma occorrono i fatti. Lavoro tutta la giornata per risolvere i problemi e ogni giorno ce ne sono diversi. La mia vita ce l’ho comunque, perché posso ritornare a fare il consigliere di Stato, ma fino a quando sarò ministro affronterò le questioni con il massimo impegno, senza pensare alle prospettive future».
Titoli di coda «Ha confessato: “Non ho velleità politiche. Non devo candidarmi. Io sono prestata…”. Assicurano che sorridesse e che il discorso sia così finito lì» (Caruso).