la Repubblica, 27 settembre 2020
1QQAFZ10 Da "I ricordi non salvano le lacrime" di Emma e Fazio Fabini (Zefiro)
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Il taccuino dello scrittore Emma, ti ricordi di quando a dodici anni comprasti una piccola agenda che un po’ pretenziosamente chiamasti il “taccuino dello scrittore”? Per tutto il 2016, il taccuino è diventato il tuo fedele compagno. Avresti compiuto dodici anni a settembre. Stavi maturando ed io percepivo i tuoi cambiamenti. Cominciavi ad abbandonare gli atteggiamenti e le parole dell’infanzia e iniziavi il percorso dell’adolescenza. Eri più riflessiva, a volte anche malinconica, a tratti persino sgarbata. Ma mai hai perso la tua tenerezza. In quelle pagine hai annotato i ricordi, i desideri e le speranze della tua breve vita.
Sfogliandole si ha un’immagine nitida e struggente di cosa ha perso il mondo perdendo te. Anche nell’ingenuità della tua età traspare una sensibilità inusuale, desideri profondi e articolati. Mi sono chiesto se fosse opportuno rendere pubbliche le pagine del tuo taccuino. Ho pensato a lungo se così facendo avrei profanato la tua intimità spirituale, la tua essenza. Era giusto aprire lo scrigno della tua personalità e del tuo carattere? Ho riflettuto per lunghe notti insonni su quale fosse la giusta risposta. E sono arrivato alla conclusione che sarebbe stato un errore privare gli altri della tua conoscenza. Ciò che hai lasciato scritto è molto bello. Il destino è stato beffardo con te, almeno che ti si permetta di vivere attraverso i tuoi racconti.
Le passioniUno degli elenchi che hai redatto è quello relativo alle tue preferenze e gusti in diversi ambiti. Ho scoperto che ti piaceva stare sveglia fino a tardi se c’era un motivo valido come guardare i film di Harry Potter, ma poi volevi dormire tutta la notte per poter sognare. La predilezione per Brad Pitt piuttosto che per Leonardo di Caprio è probabilmente una contrapposizione a mamma e a Marta (la sorella, ndr) che invece preferivano quest’ultimo. Non capisco, invece, la scelta dell’Iliade piuttosto che dell’Odissea. Non me ne hai mai parlato. Come non mi hai mai parlato di Antonio Ferrara e Luca Cognolato. So che quell’anno avevate partecipato a degli incontri a scuola con autori di narrativa per ragazzi. Immagino che la tua preferenza per Ferrara derivi dall’aver letto il suo romanzo Batti il muro dove la protagonista, una ragazzina della tua età, trova un equilibrio attraverso l’amore per la lettura. Insomma, come sempre, ci hai riservato delle sorprese…
La lista delle prefenze
Preferisco ballare.
Preferisco la lettura ai selfie in città.
Preferisco stare sveglia tutta la notte a guardare Harry Potter.
Preferisco dormire tutta la notte e sognare.
Preferisco il verde perché mi ricorda i prati.
Preferisco l’odore dell’erba tagliata all’odore del cemento fresco.
Preferisco la campagna.
Preferisco i gatti perché sono affettuosi.
Preferisco la magia per fare incantesimi tutto il giorno.
Preferisco gli amici.
Preferisco l’amore all’odio.
Preferisco Brad Pitt a Leonardo di Caprio.
Preferisco l’Iliade all’Odissea.
Preferisco l’inverno tutto bianco e nevoso.
Preferisco Ferrara a Cognolato.In copertina un disegno di Emma FabianiI desideriEmma, ti ricordi dell’elenco delle dieci cose che avresti voluto fare prima di compiere trenta anni? Ogni volta che scorro gli occhi su questa sequenza di desideri, il cuore mi si ferma e lo sguardo si appanna. Sono tutte attestazioni d’amore: per un marito da trovare, un figlio da avere, un cane da comprare. Ma anche il desiderio della concretezza, la voglia di realizzarti con lo studio e il lavoro. Infine, anche una nota frivola come conoscere un attore famoso. La tristezza per il modo con il quale ti è stato impedito di realizzare anche uno solo di questi desideri, mi devasta l’anima.
Provo ad immaginare i tuoi trenta anni e ti vedo felicemente sposata, con un figlio da crescere, con un lavoro soddisfacente. Quanta felicità avresti provato e quanta ne avresti data alle persone vicine. Almeno un desiderio però avrei potuto realizzarlo: regalarti un cane. Eri innamorata dei cuccioli, ma ti piacevano tutti gli animali. Ti ricordi per quanto tempo ci hai chiesto di avere un criceto come la tua amica Emma? Ti abbiamo sempre negato la possibilità di avere un cane… Perché? «Ancora sei piccola» dicevamo, «non lo seguiresti abbastanza e noi non abbiamo tempo». Quanto ci siamo pentiti di questo rifiuto. Il tempo si deve trovare sempre quando si tratta di figli. Invece si pensa che saranno sempre con noi e quello che non facciamo oggi lo potremo fare domani. Così neanche il piacere di coccolare un cucciolo hai potuto provare…
10 case da fare prima dei 30 anni
Avere un figlio.
Sposarsi.
Prendere laurea.
Imparare bene l’inglese.
Girare il mondo.
Comprare un cane.
Conoscere un attore famoso.
Avere un buon lavoro.
Fare una vacanza-studio a Londra.
Avere un bel marito.
I concertiEmma, ti ricordi l’amore che provavi per la musica e la danza? Nell’estate dei tuoi dodici anni la canzone che più ti ha colpita è stata Sofia, di Alvaro Soler. Il tuo gusto era sicuramente orientato al romanticismo e non poteva rimanere indifferente alla storia d’amore finita male raccontata in quelle parole. Nello stesso tempo però, condividevi il pensiero dell’autore che non sa se rassegnarsi o sperare. All’età di quattordici anni il tuo cantante preferito era Ultimo, di pochi anni più grande di te, un bel ragazzo che scrive e canta canzoni semplici e romantiche.
Durante le indagini condotte dai Carabinieri di Ancona il maresciallo Saracino venne informato che tu e Benedetta, una delle altre vittime della Lanterna Azzurra, avevate comprato un biglietto per il concerto di Ultimo che si sarebbe tenuto al Palasport di Ancona. Come sempre, io e Angela ci eravamo chiesti se fosse giusto. Ma eri così lodevole che meritavi di essere premiata, e poi saresti andata con delle amiche e con delle mamme disposte ad accompagnarvi. Saracino contattò noi e le famiglie delle altre vittime della discoteca di Corinaldo per chiederci se avessimo avuto piacere di assistere a questo concerto. Inizialmente rifiutammo, poi, parlando con le altre famiglie, ci ripensammo: ci fu detto che il cantante avrebbe dedicato la serata alle sfortunate vittime della Lanterna Azzurra, perciò poteva essere un bel modo per ricordavi.
Così decidemmo di andare al concerto. Venne anche la piccola Gemma, figlia dodicenne di Eleonora, un’altra delle vittime di questa tragedia. Era il suo compleanno e aveva portato con sé il cd di Ultimo per farselo autografare. Stessa cosa aveva fatto Angela che s’era portata il tuo biglietto che avrebbe poi lasciato, autografato, nel luogo dove adesso giace il tuo corpo. Lì, dov’è la tua tomba, Angela ha appeso una piccola busta dove chiunque voglia può lasciare un messaggio o un ricordo. Non so perché ma mi ero fatto l’idea che non avremmo assistito al concerto in mezzo al pubblico e che invece avrebbero ricavato per noi un posto a lato del palco, oppure nel backstage. Ci ritrovammo in tribuna dove il maresciallo dei Carabinieri era riuscito a reperire dei posti liberi. Gran parte del tempo l’ho passata ad asciugarmi le lacrime che mi scendevano sul viso.
Saresti dovuta essere lì, con le tue amiche, a saltare e a cantare a squarciagola. In ognuna delle ragazzine che vedevo ballare davanti a me, immaginavo te. Prima e durante il concerto Saracino ha fatto più volte la spola fra noi, seduti in tribuna, e lo staff di Ultimo, per chiedere la disponibilità a riceverci, almeno per alcuni minuti. È stato tutto inutile: prima il cantante era nervoso per il concerto, dopo era stanco per lo stesso motivo. A metà dello spettacolo Ultimo ha dedicato due parole in ricordo di quello che, a suo dire, era stato un incidente. Non ha fatto neanche la fatica di ricordare i nomi delle vittime. La delusione per tutti noi è stata grande. Soprattutto per Gemma. Grazie poi alla sua caparbietà, Saracino è riuscito, lasciando i biglietti allo staff del cantante, a farli autografare dall’artista in un secondo momento.
Abbiamo fatto questo pensando a te e al piacere che avresti provato nel ricevere un omaggio da un artista che amavi e per il quale, per vederne il concerto, avevi acquistato il biglietto con largo anticipo attingendo ai tuoi risparmi, perché così avevi voluto. Mi sento di consigliare ad Ultimo una maggiore sensibilità e disponibilità nei confronti dei propri fans. Nei confronti di tutti ma, in particolare, nei tuoi confronti e nei confronti delle altre vittime, che oramai esistete solo nei ricordi…L’amoreQui invece scrivi una lettera d’amore a Newt, protagonista di Maze Runner, una serie di film molto apprezzati fra gli adolescenti. Quell’estate avevi voluto per regalo i romanzi da cui quella fiction era stata tratta, nella versione originale. Sull’esempio di tua sorella ti eri impegnata a leggere in inglese per impratichirti ed acquisire padronanza della lingua. Quei libri ed i film da essi tratti ebbero su di te un’influenza notevole. C’erano tutte le prerogative per interessarti: l’avventura, l’amicizia, l’amore. Eri consapevole di quanto possa essere potenzialmente bizzarro ed inutile innamorarsi di un personaggio del cinema ma, contemporaneamente, precisi che la tua sofferenza è reale.
Newt
Dicono che per una tredicenne sia normale innamorarsi di una persona famosa, la cotta da adolescente per una persona che non incontrerà mai, che non sa nemmeno della tua esistenza. Ma con te è diverso, non riesco a farti uscire dalla mia testa, per quanto io possa sforzarmi di cancellarti non ce la faccio. A volte mi fai del male, con tutti i tuoi pregi e difetti, dentro di me provochi il caos. Ed è strano che io dica tutto questo se nemmeno ti conosco. Forse è proprio questo ciò che mi ferisce di più, sapere che mentre io mi addormento pensando a te, al tuo sorriso, tu non sai neanche che qualcuno è lì fuori ad aspettarti. Newt mi fai star male pensando all’ultimo istante di vita che hai passato con il tuo miglior amico… Avresti fatto di tutto per lui, non è così? E lo hai fatto. Ora ho bisogno che mi lasci andare Newt, ti prego. Devi lasciarmi vivere la mia vita, esci dal mio cuore e strappami l’anima. Ti prego.
Di nuovo amicizia e amore… In questo caso ti rivolgi ad una ipotetica tua coetanea che avrebbe scritto una lettera ad un giornale. La ragazza, di nome Sara, con gli occhiali e mai truccata, aveva pochi amici e chiedeva se ciò poteva esser dovuto anche alla sua bravura a scuola. Concludeva chiedendo se avrebbe dovuto prendere brutti voti per avere amici. Tu, fingendoti la redattrice del giornale, le dai ottimi consigli. Ma è come se parlassi a te stessa…
Cara Sara [18 maggio 2017]
Cara Sara,
credo che tu lo sappia meglio di me, il mondo è un posto orribile e ancor di più gli esseri umani che lo abitano. Ricordi quegli anni, la seconda media, quando sei quasi entrata completamente nell’adolescenza, che anni terribili! A dodici anni pensi che l’amicizia sia la tua unica ancora di salvezza, e quando scopri di non averne nessuna pronta a salvarti in ogni occasione di pericolo, senti che l’ossigeno nei polmoni si sta quasi esaurendo e che affogherai a momenti.
Così è successo anche a me alla tua età, ma ad un certo punto ho trovato una bolla di ossigeno nascosta in fondo all’oceano e ho sentito che forse la mia ancora di salvezza poteva diventare quella: la mia bolla si chiamava libro. A dodici anni ero davvero bruttina e non posso ammettere di essere migliorata. Occhiali, apparecchio, molto timida, insomma le caratteristiche necessarie per essere presa in giro a vita. Non ce la facevo più a sentire insulti sempre con il mio nome davanti. Le risate, ma non quelle fragorose che fai con gli amici, risatine di disgusto alle mie spalle, mi facevano molto soffrire. E penso che tu lo sappia meglio di me. E così, quando tornavo a casa con le lacrime agli occhi, correvo in camera mia, per non farmi vedere dai miei e mi buttavo sopra Mr. Pancino, l’unico che mi abbia voluto bene veramente. A volte mi sedevo sul davanzale con la testa appoggiata al muro e fissavo il cielo, per ore, le nuvole e gli uccellini che volavano liberi consapevoli di farlo in uno spazio infinito, senza confini. Di tanto in tanto ho pensato di farlo anche io, ma entrava sempre mia madre che interrompeva tutti i miei pensieri, sia quelli belli che quelli più orribili.
Un giorno mia zia mi regalò un libro, aveva una copertina fantastica, piena di colori e una ragazza sul davanti. Era molto bella, indossava un vestitino rosso e le treccine, il suo viso era adorabile. A volte immaginavo di essere lei, di scomparire completamente dalla faccia della terra e di vivere una storia felice, come nei libri. E così continuai a leggere e leggere, sempre di più, finché non ne diventai quasi dipendente. I libri erano diventati la mia droga. E, grazie a loro, la mia vita è migliorata e sono riuscita a risalire in superficie. La mia storia finisce qui. Il mio consiglio è: trova anche tu una bolla di ossigeno come è successo a me e rifugiati lì dentro quasi fosse una tana che ti protegge dal mondo esterno. Ah, un’ultima cosa, non cercare di cambiare te stessa, sappiamo bene entrambe che sono gli esseri umani il problema. Con affetto, la redattrice del giornale.Le favoleQuesto è uno dei testi che preferisco. Lo hai scritto in quinta elementare e parla della paura del buio e della magia usata per superarla. Ti ricorderai senz’altro che in quel periodo, per alcuni mesi, hai avuto questo problema.
Il buio è una fatina
C’era una volta un bambino che aveva paura del buio, ma proprio una terribile paura. Questo bambino si chiamava Giovanni, aveva due genitori del tipo di quelli che sono straordinariamente coraggiosi con le paure degli altri. E quindi lo prendevano in giro: «Fifone, sei ridicolo! A otto anni hai ancora paura del buio!». Ma loro, che avevano il terrore di ingrassare, dei ladri, degli incendi e delle montagne russe, loro non li prendeva in giro nessuno. Anche quella sera Giovanni andò a letto al buio, tremando come un budino. Lentamente si coricò sotto le coperte e all’improvviso apparve una fatina: indossava un gonnellino dorato e luccicante e una magliettina blu notte anch’essa brillantinata. Giovanni sobbalzò, ma poi capì che non era nulla di spaventoso.
«Chi sei?» domandò il bambino. «Io sono la fata del buio. Ho deciso di venirti a trovare così, se vorrai, diventeremo amici» rispose lei con voce soave. La fata portò Giovanni sopra un albero dove esclamò una parola magica: d’un tratto si spalancò una porticina, un mondo meraviglioso gli si presentò davanti! Lo esplorarono da cima a fondo: l’angolo dei tuttofare, dove incontrarono un ometto tutto rosso con, al posto del naso, una fragolina, era davvero buffo. Visitarono anche la foresta incantata dove gli alberi salutavano chiunque gli si presentava davanti. I funghetti cantavano e gli animaletti ballavano. Facevano un coretto veramente melodioso! Usciti dall’albero magico si catapultarono sottoterra, dove non si trovava anima viva. Passarono attraverso un formicaio, per questo dovettero rimpicciolire. Presero la metropolitana sotterranea e visitarono le profondità provocate dall’acqua corrente.
«È stato meraviglioso!» esclamò Giovanni subito dopo il viaggio. La fatina però richiamò Giovanni e tornarono a casa. «Eccoti nel tuo lettino!» sussurrò la fata, «avrai ancora paura di me?». «No, adesso siamo amici per la pelle. Tornerai a trovarmi? ». «Tutte le volte che vorrai io sarò con te. Non occorre aspettare la notte, basta chiudere gli occhi!». E la fata sparì mentre un filo di sole cominciava ad entrare dalla finestra…La scritturaEmma aveva dodici anni quando scrisse queste poche righe dove immagina un viaggio nel cuore di Marta. A quell’età, generalmente, due sorelle adolescenti litigano quasi su tutto. Loro non facevano eccezione. E infatti Emma ha paura di quel che potrebbe trovarci, ma poi l’amore che lei provava nei confronti della sorella la porta a immaginare il suo cuore come un prato fiorito…
Caro Diario, [12 settembre 2016]
ho deciso di cominciare così, anche se a dire la verità non sei proprio un diario… Direi più un diario di bordo, sì, proprio così, suona anche molto bene. Nella mia testa non era un granché ma scritto su carta fa proprio un bel figurino. Oggi è cominciato il mio viaggio: è un po’ particolare ma molto bello e, soprattutto, spero di non uscirne in lacrime. Lo so, è una frase un po’ strana da dire, ma adesso ti spiego. Ho intenzione di rimpicciolirmi e di entrare nella navicella che mi regalò mamma a cinque anni e di andare a visitare il maestoso cuore di Marta, mia sorella. Comunque, per oggi ho finito, ci sentiamo domani. Baci Emma
Caro Diario, [13 settembre 2016]
questa mattina sono partita e nonostante la difficoltà di entrare nella bocca di Marta ce l’ho fatta. Qui è magnifico, è tutto un prato fiorito. Ci sono fiori dappertutto. Rose, viole, violette, tulipani e tanti altri.
Una mattina in classe [24 gennaio 2015]
Oggi ventiquattro gennaio. Uffa, che noia, continua a piovere da giorni ormai. Il cielo è livido, carico di nubi inzuppate, lontano una leggera nebbiolina vela le colline e i contorni più bassi del paesaggio. Intorno a me, i miei compagni assorti e concentrati seguono la lezione, le parole basse dell’insegnante riempiono l’aula, il caldo tepore mi invita a rilassarmi.
I miei occhi si muovono pigramente e si perdono nella trasparenza della finestra. Il vetro è leggermente offuscato, il respiro caldo del termosifone lo appanna.
Fuori l’inverno imperversa. Il giardino è vuoto, desolato, mi basta chiudere gli occhi e… Rivedo frotte di bambini accaldati e scottanti che si rincorrono, che si accapigliano per un pallone, che quatti quatti si nascondono dietro il corbezzolo. Se chiudo gli occhi sento le voci festanti che esultano per un goal o per un successo della propria squadra. Se chiudo gli occhi sento il profumo aspro dell’erba appena tagliata. Se…
Il picchiettio della pioggia mi riporta alla realtà. Gli alberi, già spogli, tendono verso il cielo i loro rami scheletrici, oscillano alle raffiche del vento, le ultime foglie superstiti si agitano, non vogliono morire. I palazzi, come scatole di cemento, si stagliano con i loro colori, ravvivati dalla pioggia contro il cielo tinto d’inchiostro. Le finestre serrate, i davanzali e i balconi spogli infondono tristezza. La pista di skate è deserta; le rampe di lancio bagnate e umide di pioggia splendono come specchi. I marciapiedi abbandonati e vuoti sono percorsi solo da rari passanti stretti nei loro cappotti, nascosti sotto l’ombrello. La strada è lucida e scintillante come un nastro di raso nero.
I campi lontani, spogli e bruni riposano addormentati; le loro zolle proteggono e cullano i semi deposti in grembo. Gli alberi sparsi, le viti, i pioppi restano ghiacciati nella fredda aria. «Emma, ripeti per favore quello che ho spiegato!». La secca voce della maestra mi sveglia, il paesaggio lontano mi abbandona, una nuvola mi fa l’occhiolino ed io balbetto una risposta… Speriamo che sia quella giusta.