la Repubblica, 29 settembre 2020
I super poteri della Corte Suprema americana
Mentre la campagna elettorale infuria negli Stati Uniti, l’attenzione dei media e degli elettori si è concentrata sulla scelta – la cattolica Amy Coney Barrett – che il presidente Trump ha fatto per rimpiazzare il giudice della Corte Suprema Ruth Bader Ginsburg, icona liberal recentemente deceduta. Per un italiano non è semplice capire come mai la nomina di un componente di una Corte Costituzionale possa assumere tale importanza. Nessuno si immagina Zingaretti o Salvini chiedere con tono accorato i voti nelle piazze affinché in Parlamento si possano eleggere certi giudici costituzionali piuttosto che altri (il nostro è peraltro un sistema misto, con poteri di nomina anche per il Presidente della Repubblica e il potere giudiziario). Eppure, non più tardi dell’anno scorso in America il procedimento per l’approvazione del giudice Kavanaugh da parte del Senato è stato teatrale e allo stesso tempo drammatico, con il candidato sottoposto in diretta tv a sferzanti accuse relative a presunte passate molestie sessuali.
Orbene, la Corte Suprema americana, che tenne la sua sessione inaugurale nel 1790, in primis ha una composizione di soli 9 membri che decidono sulla costituzionalità delle norme del più potente Paese del mondo. Inoltre, i Nove sono intoccabili: eletti a vita possono essere deposti solo per un bad behaviour, un cattivo comportamento, attraverso una procedura di impeachment approvata da entrambi i rami del Congresso. Impensabile: infatti in 230 anni non è mai accaduto. Le competenze sono ampie: la Corte decide sulla costituzionalità delle leggi e delle direttive presidenziali, sui conflitti tra Stati e tra il governo federale e gli Stati, oltre ad altre materie più particolari. Seleziona i casi cui dedicarsi (circa 100 l’anno su migliaia di richieste) attenendosi a un criterio di rilevanza degli stessi. Ed in effetti è proprio grazie a questa discrezionalità e alla longevità delle loro sentenze (vige il principio dello stare decisis per cui si possono cambiare i precedenti solo in rari casi) che i Nove hanno cambiato la storia degli Stati Uniti. Nel 1824 fu la Corte a stabilire che il commercio all’interno dell’Unione era materia federale e che gli Stati non potevano interferire: creò così il mercato unico americano. È del 1931 la decisione che dichiarò incostituzionale una legge del Minnesota che rendeva possibile la chiusura di giornali che pubblicavano articoli “osceni”. Fu un provvedimento a presidio della libertà di stampa e che sfociò in quello del 1971 sul diritto del New York Times di divulgare i Pentagon Papers sulla guerra del Vietnam nonostante le preoccupazioni di sicurezza nazionale. Unitamente alla sentenza del 1964, per la quale le figure pubbliche devono sopportare anche la diffusione di inesattezze su di loro salvo in caso di dolo o colpa grave, queste decisioni fecero dei media americani una fortezza inespugnabile. E la difesa del diritto alla libera espressione vale per tutti, compresi i “nazisti dell’Ohio” che nel 1964 videro affermato il loro diritto a fare saluti hitleriani e fumose congetture sulla superiorità ariana. Nel 1989 anche bruciare la bandiera americana fu ritenuto meritevole di protezione.
Brown v. Board of Education del 1951 cominciò a sgretolare la segregazione razziale nelle scuole, abrogando la dottrina del “separati ma eguali”. Nel 1964, poi, in Heart of Atlanta Motel, fu proibito escludere chiunque da esercizi pubblici per motivi razziali. E nel 1967 la Corte abolì tutte le leggi che ancora vietavano i matrimoni interrazziali. È del 1961 la deliberazione che esclude ogni prova illegalmente ottenuta come utilizzabile in un processo penale, del 1963 quella che ingiunse di nominare un avvocato d’ufficio a chi non poteva permetterselo e il famoso caso Miranda del 1966 fu quello che obbligò nel corso di un arresto a leggere all’arrestato i suoi diritti. Le norme contro atti consenzienti tra omosessuali furono abolite nel 2003 e la decisione del 2015 troncò le discussioni, stabilendo che il matrimonio omosessuale era un diritto costituzionale.
L’equivalente della legge Basaglia negli Stati Uniti è la decisione Donaldson del 1975 che proibì di tenere in manicomio pazienti che non erano pericolosi e che potevano vivere in società anche se mentalmente disturbati. La libertà di espressione, d’altronde, vuol dire pure spendere quanti soldi si vuole per campagne politiche: così sancirono i casi Buckley del 1975 e Citizens United del 2010. Infine, il diritto a possedere un’arma per auto difesa venne ribadito nel 2008. Insomma, nessun Parlamento democratico ha così tanto cambiato i diritti dei propri cittadini quanto i nove togati della Corte Suprema: i Trump o i Biden passano, ma l’elettore americano sa che un giudice può fare la differenza.