la Repubblica, 29 settembre 2020
I conti dei gestori delle autostrade
I Benetton e Atlantia soffrono. Il resto dei signori del casello italiano, invece, almeno fino allo scoppio della pandemia, ha continuato a macinare profitti. Il 2019 delle concessionarie tricolori – al netto dei 288 milioni persi da Autostrade per l’Italia per le conseguenze della tragedia del ponte Morandi – si è chiuso con un altro Bingo: quasi 600 milioni di profitti, cifra che porta a 15 miliardi il contatore degli utili dal 2008 e aggiorna a oltre quota 11 miliardi i dividendi incassati in 11 anni dai soci. Un cuscinetto dorato più che sufficiente per ammortizzare i contraccolpi del Covid che quest’anno ha pesato su tutto il settore.
Gli effetti del lockdown, sul fronte del traffico, sono stati pesanti: l’ultima primavera è stata una stagione da dimenticare con un picco negativo ad aprile quando i passaggi in autostrada sono calati del 78%. E anche oggi il volume di transiti non è ancora tornato ai livelli dello scorso anno: sulla rete di Autostrade per l’Italia (Aspi è la società che dà dati più aggiornati) l’ultima settimana di agosto si è chiusa con un saldo negativo del 6,1% rispetto alla stessa settimana del 2019, in lieve peggioramento rispetto al – 5,3% dello stesso periodo dell’anno scorso.
Il bancomat dei pedaggi sembra essersi però rivelato ancora una volta una garanzia, e anche quest’anno – malgrado tutto – dovrebbe consentire a molti dei concessionari di dribblare senza troppi patemi d’animo gli effetti collaterali della pandemia: Astm – la holding del gruppo Gavio, il secondo per dimensioni dopo i Benetton – ha archiviato la prima metà dell’esercizio in utile per 33 milioni (contro i 75 del 2019) malgrado la discesa dei ricavi da 989 a 860 milioni e ha già fatto sapere al mercato di essere pronta a continuare a pagare la cedola anche quest’anno. Un risultato decisamente migliore di quello di Aspi che ha perso altri 476 milioni di euro (2,6 milioni al giorno) per il crollo del 37% del traffico ma soprattutto per i 700 milioni tra oneri straordinari e fondo rischi stanziati – tra l’altro – in vista della proposta transattiva del governo.
La star assoluta di redditività nel 2019 è stata la Satap, la concessionaria che gestisce la Torino-Piacenza e la Torino-Milano, con 94 milioni di utili. Segue a ruota l’Autobrennero che per la gioia dei suoi soci ne ha messi assieme 87 mentre sul terzo gradino del podio c’è la Brescia-Verona-Padova con 75. La rete autostradale tricolore del resto tira molto più dell’Italia: il traffico nel 2019 è tornato ampiamente sopra i livelli di prima della crisi Lehman mentre il pil è ancora al di sotto del 5% rispetto al 2007. Dopo il crollo del ponte Morandi il governo ha acceso una lente sui piani economico-finanziari dei concessionari e ha ottenuto qualche moratoria sui rialzi delle tariffe. Ma gli aumenti dei pedaggi degli ultimi dieci anni (da un minimo del + 24% al più 100% per la Milano- Torino) superano ampiamente l’inflazione dello stesso periodo, in crescita del 13%, e hanno consentito a tutti – salvo di recente ai Benetton – di incassare ogni anno sostanziosi dividendi: gli utili complessivi del settore dal 2008 sono vicini ai 15 miliardi, buona parte dei quali (circa 11) sono finiti direttamente nelle tasche degli azionisti.
Lo stato incassa invece ogni anno 840 milioni di canoni dai gestori, più 1,5 miliardi dall’Iva sui pedaggi e 500 milioni di tasse (media degli ultimi dieci anni) sugli utili dei concessionari.