Il Sole 24 Ore, 29 settembre 2020
Intervista al trader Eugenio Sartorelli
Tra il guardare e il vedere un grafico c’è un abisso. Potremmo dire che la principale differenza tra un trader perdente e uno profittevole è tutta qui. Un po’ come nel gioco “Aguzza la vista” di La Settimana enigmistica dove due figure apparentemente uguali presentano poi, se le si vede con attenzione, svariate differenze. «Per analizzare i mercati e poi prendere delle decisioni di investimento o di trading, è necessario fare questo salto qualitativo del vedere». Un salto che Eugenio Sartorelli, trader professionista e membro del board della Siat, Società italiana analisi tecnica, ha fatto all’età di 30 anni quando, dopo un lungo allenamento, è diventato profittevole. Da allora vive e scrive di trading (ospite fisso alla trasmissione quotidiana Market Briefing su YouTube di Davide Biocchi). Certo, ci sono i corsi (il 19 settembre è partito il 30esimo master in Siat) e le consulenze aziendali nel campo del risk management (frutto della laurea in Ingegneria Aerospazionale) «ma la mia entrata principale deriva dall’attività di trading».
T ogliamoci subito un dubbio: quindi si può vivere di trading?
È un mestiere difficile. Ma dopo una lunga formazione e con una metodologia si può. Il percorso di apprendimento è infinito perché i mercati sono soggetti a mutazioni genetiche. Bravi maestri aiutano e ho avuto la fortuna di incontrarne tanti come il professor Stefano Preda al Master Mba, Giuseppe Migliorino, pioniere in Italia dell’analisi ciclica, e tutti i professionisti che ho conosciuto in Siat».
Allora come mai il 90% perde?
La maggior parte finisce per sopravvalutare se stessi e sottovalutare il mercato. È l’ego che rovina tutto.
Il trading va “contro-natura”?
Siamo fatti così. Il tagliare i profitti e far correre le perdite, errore che porta alla rovina molti investitori e trader, è legato proprio a un comportamento connesso al nostro sistema di sopravvivenza, che cerca di ridurre o annullare la sofferenza. Quando poi, dopo tanta sofferenza si decide di chiudere in perdita, spesso scatta la rivalsa, il voler recuperare tutto e subito. A quel punto ci si lancia in trade scriteriati, privi di strategia. E il capitale evapora. Per cui un trader, oltre ad aver studiato analisi tecnica e fondamentale e ad aver fatto pratica per cercare la propria metodologia, deve prima ancora riprogrammare la propria mente.
Con quali strumenti opera?
La mia operatività è divisa su diverse tempistiche. Per intraday o lassi brevi uso i futures dei principali indici. Attraverso software basati su analisi ciclica apro delle posizioni. È un po’ come fare surf sulle onde. Quando invece opero con tempistiche più lunghe, settimane o mesi, utilizzo le opzioni ma non disdegno gli Etf. Cerco di coprire i vari archi temporali ma il trading che mi dà più soddisfazioni è quello con le opzioni, il mio core business. Da otto anni opero anche in cryptovalute, un mercato su cui molti paradigmi dell’analisi tecnica funzionano meglio che sui mercati regolamentati. Questo perché sono meno “efficienti” e hanno mediamente maggiori persistenze del trend.
Per molti investitori le opzioni sono un mondo oscuro...
Un investitore consapevole dovrebbe conoscerle perché ti consentono, se usate bene, di ridurre il rischio. Anche chi non trada le opzioni dovrebbe conoscerle perché forniscono indicazioni preziose che possono aiutare ad anticipare il sentiment. Ad esempio, prima del recente storno sul Nasdsq (in tre sedute dal 2 settembre ha perso il 10%, ndr) il put call/ratio – ovvero il rapporto tra la quantità di opzioni ribassiste e quelle rialziste in essere – era totalmente sbilanciato lato compratori. Un’anomalia che si è rivelata molto profittevole per chi ha saputo leggerla in anticipo.
Lo stesso Nassim Taleb, autore del “Cigno nero”, opera in opzioni.
Taleb compra opzioni put quando i mercati sono in rialzo, con una scadenza di circa un anno. Ciò significa che, se poi scendono, può esercitare il diritto di vendere il sottostante a un prezzo molto più alto. Se i mercati non crollano la perdita è limitata al costo delle opzioni. Mi piace molto questa strategia. Cerco costantemente di individuare eventi fuori statistica, situazioni di possibili balzi di volatilità e cerco di anticiparli comprando put.
Un “grande” trade che ricorda?
Quest’anno, tra fine gennaio e inizio febbraio, ho comprato numerose put sugli indici azionari europei e americani. Non mi capacitavo del fatto che aggiornassero nuovi record mentre il Covid-19 si stava rapidamente diffondendo. I mercati occidentali hanno inizialmente sottovalutato il virus. Per le mie analisi si è trattato di un evento fuori scala e mi sono mosso in anticipo, chiudendo con ampi profitti le posizioni ad aprile. Da maggio in poi ho replicato questa strategia, convinto che il rimbalzo degli indici Usa sia da fantafinanza. Mi sono schierato contro la Fed, che continua con la sua “manina” ad intervenire nelle sedute più difficili e a sostenere Wall Street. Ma non so fino a quando questa situazione potrà reggere. Vedremo.
Una sconfitta che brucia?
Nel 2010, quando il Bund era balzato a 130 agli albori della crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona, mi sembrava in ipercomprato. E allora ho iniziato ad accumulare diverse posizioni ribassiste. Ho continuato a farlo nonostante il mercato mi stava dicendo il contrario spingendo sempre più in alto il prezzo del governativo tedesco. Mi sono intestardito, ho sopravvalutato me stesso e sottovaluto il mercato. Ho commesso anche io gli errori di un principiante. Il mercato e il mio ego mi hanno punito. E per me è stata l’ennesima lezione che questo affascinante mondo ti dà per imparare ogni giorno a conoscerlo un po’ meglio. Per compiere quel salto decisivo dal guardare al vedere.