Corriere della Sera, 27 settembre 2020
Magistrati Usa scelti per la loro partigianeria
Esiste una fondamentale differenza tra il sistema giudiziario degli Stati Uniti e quello di quasi tutte le democrazie europee. Nei nostri sistemi esistono disparità da un Paese all’altro per il reclutamento e la selezione dei magistrati; e vi sono differenze tra i Paesi che adottano la Common Law (un sistema di origine inglese, fondato sul continuo uso dei precedenti) e quelli che hanno adottato le grandi riforme napoleoniche. Ma in questi Paesi il giudice ideale è quello che applica la legge votata dai Parlamenti e non è motivato da considerazioni politiche o religiose.
Non mancano i sistemi autoritari dove la legge è dettata da chi detiene il potere; e vi sono giudici che subiscono influenze di varia natura. Ma il modello pubblicamente riconosciuto in Europa è quello di una giustizia severamente neutrale.
Negli Stati Uniti la giustizia opera in un contesto caratterizzato da una forte partigianeria. Ne abbiamo una nuova prova dopo morte di un giudice della Corte Suprema. I membri della Corte sono nove e vengono nominati dal presidente, ma assumono la carica dopo l’approvazione del Senato e la conservano sino alla morte. Il giudice scomparso era Ruth Bader Ginsburg, nominata da Bill Clinton nel 1993, che godeva di una stima generale, ma era particolarmente gradita alle correnti più liberali e progressiste della società americana.
Il rapporto fra conservatori e liberali nella Corte Suprema, dopo le prime tre nomine di Donald Trump, è già di cinque a quattro e sarà e di 6 a 3 se il nuovo giudice (una donna che fu assistente di un altro giudice conservatore, Antonin Scalia) verrà confermata dal Senato. Allarmati, molti americani sostengono che alla vigilia di nuove elezioni presidenziali, il 3 novembre, Trump avrebbe dovuto lasciare il compito della nuova nomina al suo successore, anche perché non deve la vittoria a un voto popolare (la sua avversaria, Hillary Clinton, ha preso quasi tre milioni di voti in più). È stato eletto grazie alla maggioranza degli Stati in un organo, il Collegio Elettorale, che molti considerano ormai invecchiato. L’argomento non è privo d’importanza, ma gli avversari di Trump non mettono in discussione il diritto di scegliere un giudice politicamente gradito. Vogliono che la scelta venga fatta da un altro presidente, più vicino alla loro idee e convinzioni. Mentre in Europa un giudice è tanto più stimato quanto più è neutrale, negli Stati Uniti sembra essere stimato quando tiene conto, nelle sue sentenze, delle opinioni e delle preferenze di chi lo ha nominato o eletto.
Il problema è particolarmente serio in un Paese dove lo straordinario aumento dei diritti civili e umani, da quelli sulla eguaglianza degli afroamericani all’epoca del presidente Lyndon Johnson, a quelli più recenti sul porto delle armi, la sessualità e la famiglia (aborto, matrimonio fra persone dello stesso sesso, mutamento di genere), hanno enormemente aumentato il numero dei ricorsi in giustizia e quindi l’influenza dei giudici nella vita sociale americana. Sono questioni che stanno dividendo drammaticamente gli Stati Uniti e hanno addirittura suscitato, dopo l’arrivo di Trump alla presidenza, il timore di una guerra civile.