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 2020  settembre 26 Sabato calendario

Orsi & tori

«Lo spettro del riciclaggio torna sulle più grandi banche mondiali. Ieri, erano dapprima emersi i nomi di due gruppi inglesi, HSBC, il maggior istituto europeo per asset (2.410 miliardi di euro) e una capitalizzazione di 402 miliardi di sterline, e Standard Chartered. Poi anche quelli di JP Morgan (il maggior istituto Usa), Deutsche bank, SocGen, State street, Commerzbank e China investment bank...».
Secondo l’International Consortium of Investigative journalist, l’entità del riciclaggio arriva a 2 mila miliardi di dollari...»
MF-Milano Finanza, 22 settembre 2020

«La ’ndrangheta si è infiltrata negli ospedali italiani, riciclando profitti. Obbligazioni emesse dalle famiglie calabresi e garantite da fatture non ancora saldate per servizi alla sanità pubblica sono state vendute su mercati finanziari di tutto il mondo. Un sistema che ha demolito la sanità regionale calabrese e ha fatto guadagnare ai clan criminali circa un miliardo di euro. Secondo il Financial Times, perfino le banche e i fondi hanno acquistato titoli obbligazionari legati ad attività dell’ndrangheta... Nella ricostruzione dell’Ft, la banca di Ginevra, Cfe, ha creato anni fa una società veicolo che tra il 2015 e il 2019 ha emesso titoli obbligazionari con rendimenti molto appetibili. I dividendi dei titoli erano finanziati da società, alcune delle quali si sono poi rivelate legate alla criminalità calabrese. In particolare, società che fornivano servizi alla sanità...».
Linkiesta, luglio 2020

Sono solo due esempi, uno globale e l’altro tipicamente italiano, di come non è detto che il Covid-19 sia il virus più pericoloso e più dannoso per l’economia degli Stati. Anzi, sicuramente non lo è perché passerà, mentre i danni dell’attività illecita della delinquenza organizzata sono permanenti. E le banche ne fanno le spese in maniera pesante solo quando il loro riciclaggio viene accertato. Nel dicembre del 2011 HSBC holding aveva accettato di pagare una multa record di 1,92 miliardi di dollari alle autorità statunitensi per aver riciclato un fiume di denaro proveniente dalla droga di origine messicana. Standard Chartered, nell’aprile 2019, è stata condannata a pagare 1,1 miliardi di dollari alle autorità statunitensi e britanniche per l’accusa di provenienza del denaro illecito da diversi Paesi incluso l’Iran. In questo caso si tratta addirittura di uno Stato che ricicla denaro sporco, sia pure perché è sotto sanzioni da molti altri Paesi del mondo. E Standard Chartered è stata multata per 102 milioni di sterline dalla Financial conduct authority britannica per mancanza di controlli sul denaro di terroristi del Medio Oriente.
Quindi si va da organizzazioni come la ’ndrangheta a Stati, a organizzazioni terroristiche. Ma almeno in questi casi si riesce a risalire da dove i soldi arrivano, perché comunque ci sono pratiche nominative anche se false. Figuriamoci se gli Stati accettassero di riconoscere le monete digitali, dal Bitcoin in giù. In quel caso l’anonimato sarebbe garantito a tutto vantaggio dei disonesti e dei traffici criminali.
Il digitale sta sicuramente aiutando la delinquenza organizzata, ma l’organizzazione militaresca che sta dietro permette già da sola di mischiare il denaro sporco con quello pulito e quindi riciclarlo. Le obbligazioni connesse alla sanità calabrese ne sono un esempio. La ’ndrangheta pagava gli interessi delle obbligazioni con denaro che così veniva riciclato. Tra gli acquirenti dei bond oltre a fondi pensione, altri investitori istituzionali privati, c’è anche in piccola parte il gruppo italiano Generali. Il gruppo triestino è stato assistito nell’operazione da Ernst & Young, già nell’occhio del ciclone per la mancata vigilanza (per la parte revisione) sui conti della tedesca Wirecard, uno dei più grandi scandali finanziari degli ultimi tempi. Naturalmente il gruppo Generali è parte lesa e per questo si è dichiarato pronto a collaborare con le autorità.
Dall’Italia è attiva non solo la ’ndrangheta, ma naturalmente la mafia siciliana, la camorra campana e la sacra corona unita pugliese.
Il danno per lo Stato è una parte notevole dell’evasione fiscale che viene stimata da più ricerche pari, complessivamente, a 120 miliardi di euro l’anno, su 450 miliardi di ricavi dello Stato. Si capisce perché larga parte dell’evasione è delle organizzazioni criminali se si considera che il fatturato della sola ’ndrangheta è stimato in 44 miliardi di euro all’anno. Sicuramente le autorità di controllo potrebbero fare di più, ma va considerata l’infiltrazione che c’è, specialmente localmente, nei gangli dell’amministrazione pubblica.
L’aspetto più pericoloso è tuttavia la capacità delle organizzazioni criminali di evolversi a ritmi anche più veloci della società civile e sicuramente dell’amministrazione pubblica. Come? Con la formazione di giovani attraverso l’iscrizione alle migliori università del mondo. Gli inquirenti hanno accertato che la ’ndrangheta ha fatto laureare giovani di famiglie affiliate alla London school of Economics o ad Harvard, come testimonia Anna Sergi, criminologa di origine calabrese che insegna all’università dell’Essex.
Sono stati identificati casi precisi di alta formazione anche da parte della camorra. Ci sono giovani laureati in ingegneria o giovani donne laureate in lingue orientali. Magari fratelli e sorelle. Con questa preparazione, alcuni hanno scelto di trasferirsi nel più grande mercato del mondo, la Cina, dove svolgono attività di import di prodotti italiani, mostrando una capacità di investimento rara per liquidità e dimensione. Alcuni hanno costituito reti commerciali importanti dopo aver fatto rodaggio a Londra, magari con prodotti diversi falsificati a Napoli.
In alcuni casi queste organizzazioni hanno offerto a produttori italiani di pagare il prodotto in Italia, in contanti. Quindi siamo ben al di là della realizzazione in Italia di catene dirette di ristorazione, bar, pizzerie, così come a Castelvetrano, la patria del capo dei capi della mafia, Matteo Messina Denaro, dove esiste un’intensissima presenza di supermercati per la vendita di tutti i generi. Qui siamo quasi all’abc ed è prevedibile oltre che auspicabile che prima o poi guardia di finanza, polizia, carabinieri e magistrati riescano a conquistare le prove, oltre che a catturare Messina Denaro, baciato anche dal nome per l’amore per il denaro da riciclare e ripulire.
In genere si è di fronte a un arricchimento culturale e finanziario, più della ’ndrangheta che di Cosa nostra. Gli studiosi, come la professoressa Sergi, individuano nel modello organizzativo della ’ndrangheta il segreto del suo successo a danno dell’Italia, ma non solo. Sono i matrimoni di comodo che consentono di creare legami di sangue fra le famiglie e quindi di avere una rete così solida, basata non solo sull’omertà, da consentire all’organizzazione criminale di lievitare senza pericoli di infiltrazione. E poi, come fa ogni multinazionale di successo, la diversificazione del business, che partendo dalla droga spazia anche in altri campi, acquisendo così conoscenze e competenza per riciclare, pulire, ma anche far crescere il patrimonio e il fatturato al pari delle maggiori multinazionali. Con anche la visione globale per impiantare business leciti, se non fosse per la provenienza dei finanziamenti dal denaro sporco.
A favore di questo schema, congiura lo stato di necessità di liquidità di cui ha bisogno il mondo, con le principali banche centrali, dalla Bce alla Fed americana, che stampano moneta in continuazione, per usare un’espressione figurativa. In questo mare di liquidità, naturalmente diventa sempre più facile immettere nel sistema denaro sporco e ripescarlo pulito. Del resto, tutte le autorità finanziarie del mondo hanno lanciato immediatamente avvisi per il pericolo che nello stato di necessità creato dal Covid-19 molte attività e società pulite finiscano sotto il controllo della delinquenza. In questo modo il patrimonio delle organizzazioni criminali continua a crescere e a consolidarsi in più settori e in primo luogo nel mondo finanziario, come dimostra il caso delle obbligazioni della ’ndrangheta.
Gli Stati, le banche centrali, le autorità di controllo delle banche, la magistratura possono cercare di contenere e combattere il fenomeno? Non è semplice e lo si capisce osservando che il paese dove da più tempo Cosa nostra, antesignana di ’ndrangheta ecc., ha costituito patrimoni enormi. Negli Usa la forza dei mafiosi è stata solo messa in difficoltà usando l’arma dei reati di evasione fiscale, con il clamoroso arresto di Al Capone. Probabilmente se l’Italia avesse o avrà a breve un’organizzazione efficiente per combattere l’evasione, prima o poi qualche risultato positivo potrà essere raggiunto. Anche perché il denaro sporco finisce in attività lecite. Quindi con un fisco efficiente e draconiano non solo si potrebbero introitare tasse e imposte in più di cui un Paese super indebitato come l’Italia ha assolutamente bisogno, ma, sia pure in maniera indiretta, si taglierebbero le unghie alla criminalità organizzata rendendo meno ricchi i loro investimenti. Senza contare il valore morale, sociale e di giustizia che una simile azione genererebbe.
Per i motivi sopra detti, tenendo conto della sostanziale inefficienza dell’amministrazione burocratica italiana, sarebbe più che utile che nell’ambito del piano per utilizzare i fondi del Recovery europeo, avrebbe senso destinare qualche miliardo a un programma per la creazione di una task force incaricata di combattere la delinquenza a livello finanziario. Non è sfiducia verso la Guardia di finanza, le altre armi e la magistratura. Ma qui ci vuole una forza dedicata solo a quello, che deve usare tutte le tecnologie che il digitale consente. Come ha scritto Tobias Piller, corrispondente dall’Italia di Frankfurter Allgemeine Zeitung, pensiamo a tutti i soldi europei che sono andati al Sud e sono finiti in parte significativa a finanziare le organizzazioni delinquenziali.
A meno che l’Italia non voglia replicare quanto è successo negli Stati Uniti. Lì alcuni dei patrimoni più grandi, alla luce del sole, prima del boom della Silicon Valley, sono nati da attività illecite. Basti pensare al traffico di whisky durante il proibizionismo di Joseph Kennedy, il padre del presidente e di un grande ministro della Giustizia come il fratello Robert. Oppure pensare alla famiglia Morgan, poi fondatrice della JP Morgan, sospettata di aver fatto il primo patrimonio con il traffico di armi.
In termini pratici, ciò vorrebbe dire che dopo alcune generazioni, o anche una sola, i guadagni fatti con attività illecite diventano puliti. Se questa regola fosse una regola forte, l’Italia potrebbe avere nei prossimi anni alcuni gruppi industriali e finanziari capaci di rafforzare il sistema economico nazionale. Ma allora perché non istituire la task force per imprimere un’accelerazione a questo processo e far sì che la delinquenza del passato diventi positiva per il futuro?