Il Sole 24 Ore, 26 settembre 2020
Settembre nero per le Borse (ma non è la bolla che scoppia)
Che le Borse soffrano di fronte a una dinamica dei contagi sempre più preoccupante è comprensibile. Esattamente come accaduto nella giornata di ieri, chiusa in calo in Europa (Milano -1,10%, Francoforte -1,09%) proprio per i timori sulla diffusione del Covid 19. Ma guardando il Nasdaq e Wall Street (che contando il rimbalzo di ieri, dai massimi toccati il 2 settembre hanno perso rispettivamente il 10% e l’8,8%) viene da domandarsi se non ci sia qualcosa di più. Viene da chiedersi se la retromarcia di settembre non sia in realtà il sintomo del fatto che fino ad agosto, quando Wall Street e Nasdaq volavano sui massimi storici, qualcosa non quadrasse. Viene da interrogarsi su quel rally, maturato fino a un mese fa nonostante l’economia fosse al collasso. Se di primo istinto verrebbe da pensare che fosse un’esagerazione, osservando invece come quel rally era maturato tanti analisti mostrano più cautela.
Per almeno due motivi. Da un lato perché il rally è stato trainato solo da alcuni settori: se a Wall Street si eliminassero i titoli cosiddetti «growth» (cioè quelli ad alto potenziale di crescita come i tecnologici), si scoprirebbe infatti che da inizio anno la Borsa Usa non sarebbe affatto andata bene. Dall’altro perché proprio i settori che hanno trainato i listini hanno mostrato profitti in crescita e previsioni in miglioramento. Insomma: la performance stellare di Wall Street fino ad agosto pare più causata dall’effetto ottico del peso enorme di alcuni settori sugli indici, che dalla reale scommessa su un futuro migliore.
Un rally strabico
Negli Stati Uniti il settore tecnologico costituisce quasi il 28% dell’indice: questo lo rende in grado, da solo, di guidare l’intero S&P 500. Anche il settore della sanità è molto rappresentato in Borsa, tanto da costituire il 14% dell’indice S&P 500. Insieme i due comparti fanno oltre il 40% della Borsa di New York. Questo significa che se splende il sole su questi due settori, splende il sole sull’intero indice di Borsa. Così infatti è stato: i tecnologici (che da quando è scoppiata la pandemia il 29 febbraio hanno guadagnato il 26% a Wall Street e il 12% in Europa) insieme ai sanitari (+10% a Wall Street e +4% in Europa%) hanno trainato con sé il recupero delle Borse. Soprattutto in America, dove sono andati meglio e dove pesano di più.
Se è certamente fuori luogo vedere la Borsa che galoppa in un’economia che collassa (il Pil Usa si è contratto del 9,5% nel secondo trimestre), una certa coerenza quindi c’è: a correre sul listino sono state infatti le società che più hanno beneficiato del lockdown. «Le aziende che hanno corso in Borsa sono quelle che da inizio anno hanno visto migliorare le stime sugli utili», nota per esempio Maria Paola Toschi, global market strategist di JP Morgan Asset Management. Dati alla mano: le aziende attive nell’intrattenimento da casa hanno registrato un miglioramento delle previsioni sugli utili 2020 rispetto all’inizio dell’anno quasi del 20%, mentre le imprese dei settori software, vendite online e biotecnologie hanno registrato aumenti solo leggermente inferiori al 20%. In lieve miglioramento anche le stime sui profitti del settore sanitario. La loro corsa, secondo Toschi, non è stata dunque fuori luogo. Esuberante, certo, ma comunque motivata.
Anche Ibra Wane, Senior Equity Strategist di Amundi, sottolinea un concetto simile: gli utili del secondo trimestre, pur in calo del 34% negli Stati Uniti e del 30% in Europa in termini aggregati, sono scesi meno del previsto. Il motivo è sempre lo stesso: la media è tenuta elevata dai titoli tecnologici e sanitari. I ricavi dei primi sono saliti del 4% in Usa, mentre gli utili sono lievitati del 2% anche nel trimestre più nero della storia. Cioè il secondo. Più deboli i bilanci in Europa, dove i titoli tech hanno registrato una contrazione dei profitti del 6%. Ma niente di paragonabile all’andamento degli altri settori. Stesso discorso per le aziende del settore sanitario, che hanno registrato nel secondo trimestre utili in crescita dell’1,4% in Europa e del 5,5% negli Stati Uniti.
Ribilanciamento?
Detto questo, la corsa delle Borse resta esuberante. I cali dell’ultimo mese lo dimostrano. Per continuare il rally, sono necessarie o nuove iniezioni di liquidità (ma la Fed sembra averle stabilizzate) oppure una rotazione dei settori. Insomma: dato che i titoli tech hanno ormai multipli elevati, viene da chiedersi se d’ora in avanti non saranno i titoli «value» (quelli dei settori più tradizionali) a trainare la Borsa. Ma gli analisti non lo pensano. «È prematuro prevederlo – osserva Toschi di JP Morgan Am -, perché fintanto che resteranno forme di distanziamento sociale certi settori saranno penalizzati in termini di profitti. Quando il Covid finirà e arriverà un vaccino, allora il ribilanciamento gradualmente avverrà». Identica opinione espressa dagli analisti di Capital Economics: «Le azioni value recupereranno terreno quando ci saranno concreti progressi nel contenimento del virus – scrivono -. E questo potrebbe avvenire tra molti mesi».