Robinson, 26 settembre 2020
12QQAFA10 Biografia di John Williams
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Se John Williams fosse ancora vivo metterebbe una sedia nell’atrio della facoltà in cui insegna, si piazzerebbe lì e aspetterebbe il passaggio dei colleghi. Li guarderebbe negli occhi, silente, aspettando da loro per primi un cenno di riconoscimento, un “Congratulazioni!”, che fosse aperto o a mezza bocca. Era solito, purtroppo, fare così quando otteneva qualche risultato: una recensione favorevole o un premio letterario. Nel ristretto ambito accademico ora avrebbe fatto detonare la notizia: in Italia l’editore Mondadori ripubblica i miei romanzi, tutti, a cominciare, va da sé, da Stoner. Poi li raccoglie in un Meridiano. E, che ci crediate o no, traduce perfino le mie poesie.
È vero: non è, come il titolo della raccolta, La menzogna necessaria per sostenere l’ego di uno scrittore che in vita non fu mai sufficientemente apprezzato (ma quale scrittore non si sente così?). Da qualche anno invece Williams è popolarissimo in mezzo mondo, amatissimo da metà del mondo letterario (l’altra sostiene ancora sia un bluff). Sarebbe più accurato dire che l’oggetto d’ammirazione è Stoner, il suo romanzo che alcuni hanno definito “perfetto” (per altri invece resta “contraddittorio").
Ci sono stati due clamorosi casi di rivalutazione postuma negli ultimi tempi: oltre a Williams, Kent Haruf. Entrambi americani. Entrambi professori universitari. Entrambi degnati da un piccolo successo in vita. Lo Stoner di Haruf è stato Benedizione.
La differenza è che alla pubblicazione dei romanzi successivi Haruf ha rivelato un mondo (la fittizia contea di Holt) e una voce riconoscibili, una tematica costante, un livello uniforme, o quasi (meno negli ultimi testi, in realtà i primi). Williams, si è scoperto, divagava. Un anti-western contro il mito della natura ( Butcher’s Crossing), un Ulisse/Bandini sperduto a Los Angeles durante la guerra ( Nothing but the night), la biografia di un imperatore in cui, parole sue, si identificava ( Augustus). E ora le poesie.
La menzogna necessaria è in realtà la sua seconda raccolta. La prima, The broken landscape, uscì poco dopo l’esordio narrativo. Questa, in parallelo a Stoner. Nel suo primo romanzo Williams fa incontrare al protagonista un amico il cui sogno è acquistare una macchina tipografica e stampare poesie. Sembra esserci finalmente riuscito. I versi di Williams sono qui, nero su bianco, anche in italiano. Il traduttore, Stefano Tummolini, è il primo a dichiararsi perplesso. Fatica a ritrovare tra queste parole il “suo” Williams. O meglio, Stoner: la maniera essenziale in cui è scritto quel romanzo, la sua adesione ai momenti chiave dell’esistenza. Là la scelta etica del docente è descritta con sontuosa suspence e al contempo interroga continuamente il lettore sulla propria coscienza; la sua morte è quasi in scala 1:1, mentre viene descritta moriamo tutti.
Qui è un altro mondo. Williams attraversava uno dei peggiori momenti della sua già non radiosa esistenza. Su tutti i fronti. Stoner era uscito in sordina, surclassato da quell’ Herzog di Saul Bellow che ha molti temi in comune. Il suo idolo, il poeta e critico Yvor Winters, lo aveva accusato di plagio nella stesura di un’antologia. Lo aveva definito “piccolo bastardo” e minacciato azione legale. Williams si era scusato pubblicamente. La menzogna necessaria non li avrebbe riavvicinati: sembra inclinare verso quella forma di esperienza emotiva fin lì da entrambi combattuta. Tummolini confessa di aver analizzato, dissezionato, ricomposto queste poesie, infine di «essersi arreso al loro mistero», amandole per poterle comprendere.
Amore e comprensione sono a loro volta due grandi misteri, se razionalizzati svaniscono. Di fronte al “mistero poetico” di Williams non resta al lettore di” Stoner & Co.” che inseguire gli indizi che portano ancora là, a quelle familiari sponde. Ho provato un gioco letterario: ricostruire la trama di Stoner con i versi de La menzogna necessaria. È possibile. Ecco come. Un uomo diventa professore universitario e svolge kantianamente il suo dovere («Qui venimmo in cerca della grigia/e torva ostinazione del fatto/ad apprendere quel che sentire non ci è dato/sapere quanto non ci è dato fare/ e dire non possiamo», da Per i miei studenti). Affronta un dilemma morale e si fa del male, ma non cede («Al fuoco degli eventi/ saggi, resistiamo/ Nell’esperienza appresa/è tutta la nostra coscienza», da A un amico).
Vive una passione extraconiugale a tempo scaduto con una giovane studentessa («Sono il mio desiderio. Vago/tra le mie voglie con indifferenza/e preferisco chi non so per certo/alle evidenze che mi sono dato» da I passi dell’amore). Lascia l’amante per non danneggiarla e perde il gusto della vita («Poi chissà chi m’urtò/il caffè si fece gorgo/e il panico mi schiantò il cuore/T’immaginai perduta chissà dove ad aspettarmi», da Caffè freddo). Infine muore, lasciando pochi scritti per testimonianza («Opposi al caos dei fatti/la necessaria menzogna/Chi guarda alla mia tomba/non troverà ragione né scienza/tra le marcite pagine/nascosi l’esperienza», da Il poeta). E nuova, ancora lunga, vita a Stoner.