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 2020  settembre 26 Sabato calendario

Tridico si alza la paga con effetto retroattivo

I Cinquestelle glielo avevano promesso. Da quando Pasquale Tridico, “padre” del reddito di cittadinanza, è diventato presidente dell’Inps, non c’è stato giorno che non portasse la sua pena. Dal decreto del capo dello Stato, che il 22 maggio 2019 lo nominò al vertice della Previdenza nazionale, è stato un susseguirsi di guai, inciampi, problemi. Giusto dunque raddoppiargli lo stipendio: in piena estate, nella speranza di passare inosservati. E per di più in forma retroattiva: così da versagli gli arretrati, forse persino a dispetto della legge. È scritto, nero su bianco, nel decreto interministeriale che la titolare del Lavoro Nunzia Catalfo, vigilante su Inps, ha firmato il 7 agosto di concerto con il collega del Tesoro Gualtieri. Nelle due paginette fitte di premesse e richiami normativi vengono fissati gli emolumenti spettanti al presidente, alla vicepresidente Gnecchi (che però, da pensionata, svolge l’incarico a titolo gratuito) nonché ai tre consiglieri d’amministrazione. Stavolta i grillini non hanno badato a spese: Tridico è schizzato a 150mila euro dai 62mila percepiti in principio di mandato, quando fu costretto a una breve coabitazione con il vicepresidente d’area leghista Adriano Morrone, imposto allora da Salvini. Il 50% in più di quanto guadagnato dal predecessore Tito Boeri, fermo a 103mila.
Peraltro un livello retributivo non stabilito a caso. È stato lo stesso Cda, riunitosi nel bel mezzo del lockdown, ad auto-assegnarsi il quantum, poi suggerito alla Catalfo. Per legge, infatti, prima di ritoccare gli stipendi occorre dimostrare di aver conseguito una «riduzione strutturale delle proprie spese di funzionamento». L’Istituto ha fatto i calcoli – 522mila gli euro risparmiati nel 2019, certificati anche dal ministero – e nel bilancio di previsione 2020 ha alzato «dello stesso importo» lo stanziamento relativo ai compensi fissi degli organi di gestione.
Ma se ci può pure stare che al capo del più importante ente pubblico d’Italia venga attribuito un appannaggio in linea con le sue responsabilità – prima dell’emergenza Covid, Inps pensava di incassare oltre 236 miliardi di contributi a fronte di 233 miliardi di prestazioni – ciò che si fatica a giustificare sono gli arretrati. Non per nulla censurati dal collegio sindacale. Sempre il decreto interministeriale del 7 agosto 2020 (identico per Inail) specifica infatti: gli emolumenti «sono riconosciuti con decorrenza dalla data di nomina del presidente, del vice presidente e dei consiglieri di amministrazione». Tridico è in carica da maggio 2019, ma a marzo era stato designato come “organo munito di poteri” in sostituzione di un consiglio d’amministrazione che i gialloverdi in lite permanente non riuscivano a partorire. Risultato? Ora, oltre ai 12.500 euro mensili, al professore andrebbe versata pure la differenza tra il vecchio e il nuovo regime. A spanne, una tantum di 100mila euro.
Né Catalfo né Tridico avevano tuttavia fatto i conti coi battaglieri sindaci di Inps. I quali, il 10 settembre, hanno messo a verbale un’istanza di chiarimenti, con richiamo formale. Secondo i revisori, la legge 75 del ‘99 stabilisce che gli amministratori vadano pagati dalla data dell’insediamento, non della nomina: ossia per le funzioni svolte. E poiché l’attuale Cda è stato costituito in momenti diversi – i tre consiglieri sono stati indicati il 16 dicembre 2019, la vicepresidente addirittura a febbraio 2020 — si chiede di sapere quale sia «la decorrenza effettiva dell’erogazione degli emolumenti come determinati dal decreto interministeriale in questione». Perché va bene l’aumento, ma senza esagerare.