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 2020  settembre 26 Sabato calendario

Ascesa e caduta di Attilio Fontana

Si stava così bene in provincia, tra casa e studio, la Porsche in garage, e molti varesini ancora si domandano: ma chi glielo ha fatto fare, ad Atti, di mettersi in politica, poteva restare con noi, la “nostra gent”, invece di andare a Milano a fare il governatore. Che sante parole, a ripensarci oggi, con quei magistrati che scrutano nei telefoni, la famiglia sottosopra, i conti correnti scoperchiati, che fatica, Atti, che fatica.
La gloria, probabilmente. Governare un popolo laborioso di 10 milioni e più, il Pil della Baviera, così si diceva ante Covid. Tenere alta la bandiera della Lega sul pennone di Palazzo Lombardia. Essere un leghista tranquillo, un borghese tra i primi ad avvicinarsi a Bossi, medici e avvocati, come è Attilio “Atti” Fontana. Ricchi, quindi immuni dalla tentazione della volgare ruberia. Seri. No corna in testa ai raduni padani, sì felpa blu senza scritte o polo bianca. Giacca e cravatta, poche concessioni alla ruspanza. Tipo, alla Pontida 2019, dire che «l’autonomia spacca i maroni agli incapaci e a quelli che fanno gli intrallazzi», ma era il minimo, dato il posto. Bossiano, maroniano, salviniano. Affidabile. Prima della sfida con Giorgio Gori, si taglia la barba, pare per compiacere l’alleato Berlusconi che voleva tutti rasati e in doppiopetto come ai tempi di Publitalia, ma poi non sembra più lui, ancora più bianco e scarno. In campagna elettorale, dice «la razza bianca è a rischio», ma «è stato un lapsus». Dopo la vittoria arriva in via Bellerio con la Porsche Carrera blu cobalto, ma «l’ho appena venduta». Era l’unico vizio conosciuto, a parte il golf.
Poi, la pandemia si è abbattuta sulla regione top e anche sulla sua testa, adesso non basta andare a Lodi al bar con il “paziente uno” Mattia Maestri, «grazie a lui siamo riusciti a far partire l’allarme in tutto il Paese, in tutta Europa». Maestri ci ha quasi lasciato la pelle, sappiamo come è andata nel resto della regione. In più, le inchieste, che hanno frenato la corsetta discreta verso mete più alte di un uomo persino grigio, figlio del medico condotto di Induno Olona, mamma dentista. E che dentista, se davvero ha lasciato un’eredità di 5,3 milioni su un conto di Lugano, “non operativo dagli anni Ottanta”, ha detto lui. Però tra il 2013 e il 2015 ci sono entrati altri 600mila euro.
Conto alla Ubs Switzerland, protetto da due trust con base Bahamas, setacciato dagli analisti della Guardia di finanza. Da lì provengono i 250mila euro destinati al cognato. Insopportabile, per un ricco avvocato di Varese, finire nel pasticcio delle protezioni anti Covid “a mia insaputa”, con il cognato Andrea che cerca il business: fornire quello che in Lombardia è sparito, i camici per gli ospedali. L’azienda tessile Dama produce il marchio famoso Paul&Shark, ma ha bisogno di ossigeno. La moglie di Fontana, Roberta Dini, è socia appena al 10 per cento. Detesta la mondanità, alla Prima della Scala il marito è sempre andato con la figlia Maria Cristina, avvocato che manda avanti lo studio. Invisibile, assente, nelle intercettazioni però appare socia di maggioranza: «Manda un camion nel deposito a riprendere tutto», è l’ordine secco al fratello: l’affare è svanito, ritirare il prodotto. Il fratello aveva assoluto bisogno di quella commessa, data la crisi e la decisione di chiudere i negozi «a NY e in Montenapoleone». È il 29 febbraio, la Lombardia sta annaspando per poi andare a picco, i pronto soccorso esplosi, i primi medici e infermieri cadono stroncati dalla stanchezza e dal Covid. Il 19 marzo la Dini scrive ad Andrea: «Bisogna cercare di riconvertirsi in mascherine».
In quei giorni in Regione c’è la task force, tensione, paura vera. Una collaboratrice di Fontana è positiva, lui mette la mascherina, annuncia l’autoisolamento nell’appartamento che fu di Formigoni, nel palazzo da faraone “più alto d’Italia”, costretto a rinunciare al quotidiano viaggio Varese-Milano-Varese, in fondo anche Fontana è un pendolare, solo che non lo fa sugli incerti mezzi Trenord. Intanto, come si direbbe a Pontida, la Lombardia sta andando in vacca. La sanità concentrata sugli ospedaloni, come direbbe Salvini, è stata fatale. La mancata zona rossa nella Bergamasca. Mascherine e camici: introvabili. La delibera sulle rsa, con i pazienti positivi trasferiti nelle case di riposo. Pochi tamponi, mentre il Veneto tampona tutti e il governatore Zaia spicca davanti agli stessi leghisti per prontezza di riflessi, decisionismo, efficientismo. Fontana, sempre più esangue, come un santo di El Greco. Luna calante, prima era astro nascente, chissà cosa dicono al Golf Club Varese di Luvinate. Nella Club House affacciata sulla buca 18 e in città si parla solo della famiglia Fontana, eccome si sparla.