la Repubblica, 26 settembre 2020
La rete dei finanzieri vicini ad Angelo Becciu
Nessuno ha fatto nulla, nessuno sapeva nulla e nessuno conosce nessuno. Potrebbe essere la sintesi della gragnola incrociata di comunicati e smentite che si sono succeduti nella giornata di ieri. Una serie iniziata dall’ormai ex cardinale Angelo Becciu che afferma di non conoscere le «ramificazioni», ignorare dove finissero davvero i soldi delle casse vaticane, in alcuni casi di non sapere nemmeno le persone in mano alle quali quel denaro girava. Mentre i finanzieri coinvolti negano di aver investito i soldi vaticani in speculazioni finanziarie. Peccato che, come rivelato dall’Espresso, ci sia dell’ingente materiale in mano agli inquirenti, dopo la collaborazione con le autorità vaticane: materiale che riguarda il funzionamento del sistema Becciu, con la consegna di relative carte e conti, da parte di un componente del cerchio magico del cardinale.
La svolta nelle indagini è stata infatti resa possibile dalle confessioni di uno tra i collaboratori più stretti (monsignor Mauro Carlino, monsignor Alberto Perlasca, Fabrizio Tirabassi, Vincenzo Mauriello), una svolta che ha fatto crollare il muro di silenzio che ha sempre avvolto il modus operandi di Becciu. Una svolta che conduce a imbuto sulla ricostruzione documentale fatta dall’Espresso in edicola domani nella quale si chiarisce il ruolo dei banchieri che ruotavano intorno all’allora sostituto della segreteria di Stato vaticana, tutti abbastanza lontani, per lo meno come impostazione professionale, dall’etica vaticana.
Enrico Crasso, anzitutto, l’ex di Credit Suisse oggi Ceo di Sogenel Capital Holding, una fiduciaria di Lugano di cui è presidente, l’uomo al quale Becciu aveva affidato la cassa vaticana, con una operazione lecita ma decisamente insolita, lasciando che investisse i denari della segreteria di Stato verso fondi speculativi. Becciu sostiene adesso che di quei giri immensi di denaro non ne sapeva nulla di preciso. «Enrico Crasso non è che io l’ho seguito passo passo: lo incontravo una volta l’anno», ha detto ieri in conferenza stampa: «Chi seguiva le operazioni erano i miei collaboratori. Lui mi diceva: “È stato fatto un investimento per tale opera e tale altra: ma non è che mi spiegava tutte le ramificazioni delle operazioni. Quindi non saprei, dove Crasso abbia investito».
Eppure, a quel che risulta da fonti finanziarie e da documenti di cui l’Espresso è venuto in possesso, viene fuori che per anni la segreteria di Stato è ricorsa a fondi di investimento che poggiano le propri e sedi in Lussemburgo, o in Asia, o a Malta. Crasso, uomo chiave della vicenda delle casse vaticane ha commentato dichiarando la sua totale estraneità ad ogni illecito, mettendosi a disposizione delle autorità giudiziarie a cui ha già inviato memorie difensive. L’amicizia tra i due è antica, così come la consuetudine del finanziere con il Vaticano, ma con Becciu ha portato a casa molti affari che hanno travalicato i limiti dell’etica come l’affare poi saltato in Angola che prevedeva l’acquisto da parte della Santa Sede di petrolio da una società dalla composizione assai discussa. Se il cardinale non sapeva cosa facesse lui coi soldi, il finanziere d’altra parte non li gestiva da solo «se non in piccolissima parte». Né, precisa, ha mai «indirizzato investimenti in paradisi fiscali o in paesi offshore». Eppure la sede del Fondo Centurion capitanato da Crasso che ricorre molte volte nelle cedole di investimento della segreteria di Stato, è a Malta.
Negli affari della segreteria di Stato compaiono poi altri due personaggi chiave del sistema dell’ex cardinale, Alessandro Noceti e Lorenzo Vangelisti. Il primo è direttore di Valeur Capital, ex credit Suisse. Il secondo amministratore delegato del gruppo Valeur. Di entrambi i personaggi, ieri, l’ex cardinale ha detto di non conoscere neanche la faccia. «Mai visti, non so chi siano. Mai li ho incontrati o ho fatto affari con loro», ha ribadito Becciu. «Ho appreso chi fossero leggendo un articolo di giornale».
I due hanno agito insieme nella compravendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra: la vicenda che ha dato origine all’inchiesta ma che è solamente un caso singolo, il prodotto finale di una prassi operativa delle finanze vaticane. La loro azione è testimoniata anche dal bonifico inviato nell’ambito dell’acquisizione del palazzo di Londra a dicembre del 2017 da una società che gestisce alcuni immobili vaticani a Londra a Eight Lotus Petals Ltd, società riconducibile ai due. Bonifico stoppato dall’antiriciclaggio della banca intermediaria. Verrà inviato nuovamente un mese dopo e recapitato questa volta senza problemi a una società riconducibile ad Alessandro Noceti.