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 2020  settembre 26 Sabato calendario

Trent’anni fa moriva Alberto Moravia

Sono passati trent’anni, oggi, dalla morte di Alberto Moravia, testimone due volte del cambiamento dell’Italia novecentesca: una volta per averlo attraversato tutto – gli umori e le inquietudini del Paese prebellico, la fuga dopo l’8 settembre 1943 vicino a Fondi con Elsa Morante, le trasformazioni del Dopoguerra, le stagioni luminose o buie della società italiana, fino al 26 settembre 1990, quando Moravia morì – e un’altra volta per avergli dato nuovo corpo in romanzi e racconti.
In questi anni, anche per l’avvicinarsi del trentennale, sono tornate in libreria per Bompiani molte opere dello scrittore: quest’anno I r acconti 1927-1951, il quinto volume delle Opere e la raccolta L’America degli estremi (in libreria dal 7 ottobre) , uno sguardo del Moravia «inviato» e poi scrittore sulla società d’Oltreoceano. Ma qual è oggi l’attualità e la forza dell’autore di Agostino, de Gli indifferenti, de Il conformista, in un Paese che non è più lo stesso del secolo scorso e in un momento storico in cui ogni equilibrio geopolitico (ma anche l’equilibrio interiore, e Moravia fu pure un grande indagatore dell’interiorità) è mutato rispetto al Novecento? Cosa può incontrare, oggi, un giovane che legga le opere di Moravia (e quali)?
«Se Roma è stata negli anni dopo la Seconda guerra mondiale – inizia lo scrittore Antonio Debenedetti – una capitale culturale mondiale come Londra e Parigi, si deve a Moravia e al suo modo anche fisico di esserci, di essere presente. Era presente quando si parlava di cinema, di arte, anche di musica». Debenedetti ricorda quella presenza, lo rivede nelle case romane, in cui «si entrava – racconta – e c’era Gadda vicino alla porta, Ungaretti in una stanzina più in là, e poi Moravia: ci si sentiva in mezzo agli dèi»; e rammenta l’edizione del premio Strega del 1952, «che aveva due grandi concorrenti quell’anno: Moravia e Gadda. Hanno votato Moravia, perché per tutti loro lui era, in quel momento, la cultura italiana».
«Moravia è indispensabile – continua Debenedetti – per capire la Roma del Dopoguerra: lui è riuscito a scrivere nei suoi racconti il mutamento dei volti, delle facce delle ragazze romane, dalla Liberazione a quando, pochi anni dopo, le vedevi passare sul sedile della Vespa con i capelli al vento».
Proprio i Racconti romani (1954) restano secondo Debenedetti un testo insostituibile anche per i giovani del post-pandemia, e ne spiega il motivo: «I ragazzi di oggi, che sono impegnati ad esempio nella battaglia di questi giorni per andare a scuola, stanno comprendendo tutto quello che hanno fatto le generazioni precedenti. Si sentono impegnati contro il virus, che è come un esercito d’occupazione, che avanza con il passo dei soldati: questa generazione vuol sentirsi degna di questa battaglia, dicono: “Noi combattiamo il virus”. Questo è importantissimo: e Moravia, il Moravia dei Racconti romani, ha dato il senso di una società che muta e che deve lottare per mutare».
Sull’attualità dell’opera moraviana, lo scrittore Giorgio Montefoschi risponde, sulle prime, con una battuta: «Siamo quasi tutti non attuali, in questo momento, quindi anche Moravia...». Poi continua: «Guardandomi intorno, vedo che la letteratura di oggi è molto “commissariata”. Cioè, è attuale se nel tuo romanzo hai un commissario di pubblica sicurezza. Quindi dico: Moravia è un grande scrittore. Punto».
E per quanto riguarda il romanzo che i giovani di oggi dovrebbero leggere, Montefoschi non ha dubbi, indica in primo luogo un’intera stagione della produzione moraviana (dall’esordio nel 1929 fino al 1960) e poi si ferma con sicurezza su un titolo: «Oltre a Gli indifferenti, e a tutte le altre opere di Moravia fino a La noia, io consiglio in particolar modo la lettura de La ciociara, romanzo bellissimo cui deve molto La Storia di Elsa Morante. Perché devono leggerlo? Perché qui i giovani possono trovare un grande racconto della guerra, la storia di questa madre e di sua figlia, trovano un’epoca che non è tanto lontana dalla nostra, e soprattutto trovano un bel romanzo. Non trovano, invece, il commissario...».