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 2020  settembre 25 Venerdì calendario

Intervista a Fernando Alonso

Non c’è nemmeno un minuto in cui la camera non sia su di lui. Fernando Alonso che corre a Indianapolis, e poi a Le Mans. E nel deserto della Dakar. Qualche volta si schianta, ma poi lo rivedi che sfreccia. Non si ferma mai, men che meno quando non è a bordo di un qualche tipo di automobile da corsa. Anzi, è proprio quando non è al volante che ti sembra più lanciato che mai nella sua granitica determinazione. Nelle immagini c’è sempre e solo lui: Fernando. E infatti la serie tv si intitola così, semplicemente: “Fernando”. L’ha prodotta Amazon Prime Video, è disponibile da oggi. Quel che racconta è ovvio: è la storia di un pilota che, ancora meno di due anni fa, quando ha capito di non avere più posto in Formula 1, è andato su altre piste e altri sterrati con una dichiarazione programmatica: «Ci vado per far vedere a tutti che sono il miglior pilota al mondo, come credo di essere». La docuserie mostra cosa ha fatto per dimostrarlo, la volontà che ci ha messo, le delusioni di Indianapolis, le soddisfazioni di Le Mans, il coraggio alla Dakar. Lui si racconta, dice cose come «sono una persona molto competitiva, l’unica cosa che conta per me è vincere». E ancora: «Ho ben chiaro che non mi fermerò». Si capisce dunque che chi ama le corse ci troverà benzina e adrenalina per andare fino in fondo. E siccome poi a produzione in corso si è profilato il suo ritorno in F.1, si è capito anche che sarebbe servita una seconda stagione. Che infatti è in preparazione e che racconterà l’avvicinamento, fino al fatidico giorno in cui, a inizio 2021, risalirà sull’auto con cui ha vinto i suoi due Mondiali, sulla Renault che nel frattempo avranno ribattezzato Alpine.
Quindi a questo punto è pronto per fare l’attore?
«No, l’attore no, dai. Posso continuare a fare docuserie così, perché gli operatori dopo un po’ diventano quasi invisibili. Quindi tu sei naturale, dimentichi persino di avere un microfono. Poi, certo, avendoli con me dieci-dodici ore al giorno sono servite un po’ di negoziazioni. Ma tra noi c’è sempre stata una bella atmosfera, credo che nella serie si veda».
Perché torna in F.1?
«Principalmente perché mi piace guidare. Potevo scegliere di fare qualsiasi cosa nella vita. O semplicemente di riposarmi. Due anni fa avevo in testa una lista di desideri: il Wec, la Dakar, Daytona. In quel momento erano cose prioritarie rispetto alla Formula 1 che era dominata da una sola squadra ed era diventata noiosa. Insomma, era il momento giusto. Ora queste esperienze le ho fatte, quindi ho pensato che fosse il momento di tornare. Credevo di farlo con le nuove regole, che invece sono state rimandate di un anno. Ma ho pensato di fare ugualmente un 2021 così, per crescere con la squadra verso il 2022».
Tanto è giovanissimo..
Risata. «Due anni fa ero in F.1, avevo 37 anni e il mio compagno, Vandoorne, ne aveva 22. Era campione di F.2 e F.3, era il talento più grande del momento: è stato l’unico anno che ho fatto 21-0 per me in qualifica. Nel motorsport l’età conta poco, conta il cronometro. E poi in questi due anni non son stato davanti alla tv».
Cosa ha imparato in questi due anni?
«Ho affrontato delle gare iconiche. Che soprattutto dal mio punto di vista richiedevano un approccio completamente diverso. Perché sono one-shot, si corre quel giorno e basta. Mi sono sentito come un atleta olimpico per cui un evento vale più di tutto il resto dell’anno. Non avevo mai pensato in quei termini. E poi c’è l’aspetto tecnico. Mi ha aiutato molto il dover affrontare tanti stili di guida diversi. In F.1 sei in una bolla, quando ne esci scopri altri modi di lavorare, altre mentalità, altre esigenze. È stata un’esperienza che penso mi potrà essere utile. Magari in vista delle nuove regole ho imparato cose che non avrei immaginato restando in F.1. E poi cambiare mi ha liberato la mente, mi ha fatto capire ciò che voglio e ciò che amo».
Le è stato utile, in certi casi, pensare di non essere il migliore?
«Molto: a Indy o alla Dakar sapevo di essere inferiore ai miei rivali e ho dovuto continuamente cercare di imparare. Alla Dakar, in particolare, ti devi affidare a chi ha esperienza. A volte mi sembrava che la cosa migliore fosse affrontare certe dune in un determinato modo e poi invece scoprivi che bisognava farlo in tutt’altro. E poi lì è tutto estremo, non conosci il percorso, dormi in tenda, e anche questo ti aiuta. È un’esperienza che ti cambia i punti di vista».
Si può quindi dimostrare di essere “Il Migliore” anche lontano dalla F.1?
«Per il mondo dei motori sì: ho ricevuto più messaggi di complimenti, una sessantina, per il secondo posto di tappa alla Dakar che per un podio in F.1. Lo stesso dopo la prima volta a Indy, con quella trentina di giri in testa. A livello mediatico però no, è difficile, perché la Formula 1 occupa il 90% degli spazi in tv e sui giornali. Puoi vincere 33 mondiali di un’altra categoria e nessuno lo verrà a sapere».
Anche in F.1 è il migliore?

«Sono tra i più completi. Sono vicino al top in tutti gli aspetti: in qualifica, in gara, sul bagnato, con le gomme Michelin e con le gomme Pirelli...»
Quindi Hamilton è stato fortunato che in questi anni Alonso non abbia avuto una macchina competitiva?
«È stato fortunato per il pacchetto imbattibile che ha avuto. È molto molto forte, è un talento superiore, ma è stato anche al posto giusto nel momento giusto. Se come compagno avesse avuto Verstappen, o Leclerc, o Alonso, chissà... In fondo con Button e Rosberg ha anche faticato».
Come vede la situazione alla Ferrari?
«Nessuno pensava di vederla così in difficoltà, nemmeno loro all’interno immaginavano una cosa così. Penso che tutta la storia di quel che la Fia aveva trovato sulla power unit dell’anno scorso abbia avuto un impatto grande quest’anno. Ma questa è solo un’impressione che si può avere da fuori».
Un anno e mezzo fa ai test in Bahrain disse: se mai tornerò non lo farò certo per arrivare quarto. Ma c’è la possibilità di fare meglio con la Renault-Alpine?
«Difficile. Per il 2021 mi rendo conto che le cose non cambieranno tanto: per un anno e mezzo vincerà ancora Hamilton. Non ci sono opportunità di vincere, e nemmeno di podio: Mercedes e Red Bull sono sopra tutte le altre. Ma non volevo stare fermo nel 2021. E se torno non lo faccio per andare a visitare i ristoranti. Ho uno scopo e una speranza per il 2022. Anche se penso che sia lo stesso per tanti. Il 2022 potrà essere il campionato di Hamilton, ma anche di Sainz e di Leclerc, di Verstappen. E di Alonso...».
Nella prima puntata della serie si definisce una persona “molto ambiziosa”, la sua fidanzata, Linda Morselli, conferma e dice che lei è sempre molto competitivo anche lontano dalla pista. Ma non si rilassa mai?
«Eh... Rilassarmi. Poco. Devo dire poco. Sto imparando a farlo sempre di più. Ma è una parte di me: sono un combattente che non si arrende mai. Sono uno che se è sesto a 10 giri dalla fine crede nel podio. Non so da dove mi viene, i miei genitori, per dire, non sono così, nemmeno i miei amici. Io trovo una competizione in tutte le cose della vita, non stacco mai, neanche al supermercato. Qualsiasi attività banale della vita di tutti i giorni per me diventa un’opportunità di fare una gara con qualcuno, anche con le persone che ho accanto...».