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 2020  settembre 25 Venerdì calendario

Il nuovo Real Madrid taglia i costi

Marvin Park è un ragazzo del mondo nuovo, quello delle migrazioni e degli incontri un tempo improbabili. Madre coreana e padre nigeriano, è nato a Maiorca ma ancora bambino si è trasferito con la famiglia a Birkenhead, la sponda della Mersey opposta a Liverpool, dove ha iniziato a giocare con il Tranmere Rovers. «In campo ha il coraggio di un leone ma fuori è timidissimo, nelle trasferte in pullman restava ore silenzioso a guardare fuori dal finestrino mentre gli altri facevano casino». Ai vecchi compagni è stato chiesto di raccontarlo perché domenica, al minuto 70 della partita con la Real Sociedad, Zinedine Zidane si è girato verso la panchina e ha detto a Marvin di scaldarsi per entrare. Non al più pagato Jovic, o al più rodato Borja Mayoral, vicino alla Roma. A Marvin, 20 anni, ala destra debuttante in prima squadra dopo un agosto trionfale alla Youth League, la Champions dei giovani, vinta per la prima volta dal Real Madrid. Nel concentramento di Nyon, Park ha segnato il primo gol del 3-0 all’Inter nei quarti, ha seminato tutti servendo a un compagno la palla del 2-1 al Salisburgo in semifinale, ha crossato per il 3-1 al Benfica nella finale, poi vinta 3-2. Discretamente decisivo, eppure nella foto celebrativa non ne vedi il viso, nascosto proprio dietro alla coppa, che è sollevata dall’allenatore campione: Raúl Gonzalez Blanco, icona assoluta del madridismo. Si scorge piuttosto l’allegria di Sergio Arribas, 18 anni, “un sinistro di seta” secondo i suoi primi esegeti. Domenica ha debuttato anche lui, al minuto 90, mossa estrema e inutile per schiodarsi dallo 0-0. Il Real Madrid ha iniziato così, con il pari di San Sebastiano, una Liga mai vista: non solo il mercato non ha portato (quasi) nessuno, ma tra cessioni, prestiti e addirittura regali se ne sono andati in sedici.
Siamo abituati a pensare a Florentino Perez come il presidente più spendaccione, quello che nel corso del suo primo mandato (2000-2006) varò la politica dei “Galattici”, una collezione di costosissimi fuoriclasse, da Figo a Zidane, da Beckham a Ronaldo (Nazario), finanziandola con la cessione della vecchia Ciudad Deportiva i cui terreni, essendo in una zona residenziale, valevano moltissimo. La seconda tranche della gestione di Perez, quella iniziata nel 2009 con i botti di Ronaldo (Cristiano), Kakà e Benzema, è stata in realtà più attenta al budget, non potendo contare sulle entrate eccezionali della volta precedente. Florentino ha continuato a spendere, da Bale ad Hazard, ma ha imparato anche a vendere le stelle prima che il tempo ne abbatta il valore, come dimostrano i casi di Özil, Di Maria e dello stesso Cristiano Ronaldo. Nel bilancio 2020 pre-Covid, fissato a 822 milioni di ricavi, era previsto un utile di 41. La revisione, resasi necessaria per il crollo degli incassi da stadio e attività connesse, ha portato i ricavi a 650: l’utile è stato depennato, 60 milioni sono venuti dalla rinegoziazione del contratto con l’Adidas, 10 da un taglio agli stipendi, gli altri sono usciti dal mercato fra cessioni (Hakimi all’Inter a 40, Reguilon al Tottenham a 35 più altre operazioni minori) e risparmi sugli ingaggi. James Rodriguez è stato regalato all’Everton (smentita la prima versione di un compenso di 22 milioni). Dopo due stagioni passate a giocare a golf per assoluta incomunicabilità col club in generale e Zidane in particolare, Gareth Bale è tornato al Tottenham con larga parte dello stipendio pagata dal Real, e va bene così, un risparmio comunque c’è stato.
Quando chiedi ai tuoi giocatori di tagliarsi i compensi, diventa complicato acquistare nel contempo nuovi campioni. Zidane, che ha aggiunto al suo palmarès l’ultima Liga dopo il sorpasso al Barcellona triste, solitario y final (ed economicamente molto più nei guai) di questo periodo, ha accettato il piano, consapevole che la priorità va allo stadio. La ristrutturazione del Bernabeu, con un avveniristico tetto retrattile e il deciso ampliamento della zona vip – il benefit di una partita del Real tira sempre moltissimo – costerà 575 milioni, dovrebbe concludersi nel 2022 e nelle prime tre stagioni di utilizzo il club rimborserà alle banche soltanto gli interessi del mutuo. L’operazione è stata pensata per dotarsi delle munizioni finanziarie con le quali andare l’anno prossimo all’assalto di Kylian Mbappé, che nel 2021 entrerà nell’ultimo anno di contratto con il Psg e dovrà quindi scegliere se rinnovare – al momento i segnali sono negativi – o essere venduto. Nel progetto di Perez l’attaccante francese sarà l’uomo-copertina del Real per il prossimo decennio, quello che è stato Ronaldo nel precedente.
La pianificazione suona razionale e il titolo vinto in luglio ha certamente aiutato la gente del Real a lenire l’eliminazione dalla Champions agli ottavi per mano di un nemico antico come Pep Guardiola. Però il Bernabeu vive della sua grandeur, quando le squadre scendono in campo risuona alto il Nessun dorma eseguito da Placido Domingo, sul grande schermo dello stadio scorrono le immagini in bianco e nero di Di Stefano e Puskas, e appena la gente potrà tornare in forze sugli spalti tutti gli eleganti ristoranti del rione di Chamartin risulteranno prenotati per un dopo-gara che in nessun altro luogo del mondo è così adiacente a un dopo-teatro. Per un ambiente del genere, nobile e un filo altezzoso, è difficile accontentarsi del domani senza curarsi troppo dell’oggi. Zidane ha chiesto almeno il ritorno di Martin Ødegaard – il “quasi” di prima a proposito di arrivi – l’ex-bambino prodigio norvegese che tre anni di prestiti, l’ultimo proprio alla Real Sociedad, hanno irrobustito. Intanto, oltre a Hazard – accusato di pinguedine – e Isco, è vicino al recupero Marco Asensio, il 24enne attaccante maiorchino che si è sfasciato un ginocchio un’estate fa perdendosi gran parte della stagione. Da Maiorca a Maiorca, siamo tornati a un valore aggiunto importante: le ambizioni del Real in edizione oculata passano dall’esplosione definitiva di Asensio.