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 2020  settembre 25 Venerdì calendario

Come cambia Prada

Il popolo della moda tende ai facili entusiasmi, ma non in questo caso. Perché ieri, a Milano, s’è visto qualcosa di davvero unico: la prima collezione Prada firmata dal duo Miuccia Prada e Raf Simons passerà alla storia. Il fatto è che di collaborazioni tra stilisti ce ne sono state tante, ma mai nessuna di questo genere: qui infatti i due creativi sono alla pari, e l’operazione, nelle loro intenzioni, durerà a lungo. Non solo un paio di stagioni. Dei due Simons è forse quello meno conosciuto dal grande pubblico, ma la sua influenza sul costume contemporaneo è innegabile; lo dimostra pure il suo curriculum, notevole: nel 1995 fonda la sua linea di menswear, dal 2005 disegna Jil Sander – a volerlo lì sono proprio la stilista e il marito Patrizio Bertelli, ai tempi proprietari del marchio –, nel 2012 passa alla guida di Dior, nel 2016 diventa responsabile di Calvin Klein. Insomma, è come se Coco Chanel avesse chiesto a Pierre Cardin di lavorare assieme: fantascienza, per l’appunto. Dopo l’annuncio fatto lo scorso febbraio erano tutti in trepidante attesa per il debutto; saranno perciò stati in tanti a connettersi ai social del marchio per assistere allo show digitale, seguito da un video in cui i due hanno risposto alle domande arrivate al sito del marchio da tutto il mondo. Ma tornando ai vestiti. Ci si aspettava un distillato dello spirito Prada, e così è stato: dall’eleganza solo in apparenza discreta alle stampe volutamente “brutte”, dal logo triangolare praticamente ubiquo al modo in cui le modelle tengono chiuso il soprabito con la mano, un gesto tipico della stilista. Il tocco di Simons si vede nelle silhouette asciutte e simmetriche al millimetro, nelle stampe digitali e nelle felpe oversize “da strada”, nell’enfasi di certi dettagli. «Ho sempre visto Prada come una comunità con estetica e regole sue», spiega lui, «E con Miuccia parliamo continuamente del concetto di “uniforme”». Su cosa riservi loro il futuro non si esprimono, sono solo all’inizio, mentre alla bambina di 10 anni che chiede consigli per diventare stilista come loro, un’entusiasta Miuccia Prada risponde di «Leggere e studiare tanto. E ricordare che i vestiti servono a far sentire meglio la gente».
Giornata fitta ieri per la moda digitale. Oltre al duo Prada/Simons, a scegliere il virtuale è stato pure Giorgio Armani, che ha filmato le linee uomo e donna di Emporio nei suoi spazi in via Bergognone, nella zona ovest della città. Il corto s’intitola Building Dialogues, e ha come protagonisti vari volti giovani dello spettacolo (l’attrice Alice Pagani, i ballerini Les Twins, la cantante Nahaze); lo stilista spiega di aver puntato su leggerezza e comfort e il video, con un’estetica tra il minimale e lo sportivo, rende bene l’idea. Merita pure il delizioso video di Hogan con protagonisti i modelli Chiara Scelsi e Robbie Wadge, impegnati ad “autogestirsi” in un servizio fotografico in cui mostrano la collezione: molto indovinato.
Passando agli show dal vivo, Max Mara ha optato per il cortile dell’Accademia di Brera. Come spiega il designer Ian Griffiths, la collezione è dedicata al Rinascimento – termine ricorrente in questi giorni –, inteso in vari modi. In riferimento alla pittura del Quattrocento, da cui lo stilista riprende le grandi maniche a sbuffo e gli inserti di broccato; come rimando al Secondo Dopoguerra, quando «Max Mara offrì alle donne italiane un guardaroba per fare di nuovo bella figura», e infine in relazione alla ripartenza post-lockdown, con la voglia di vestirsi dopo mesi passati in tuta. Quindi: trench e tailleur di tutte le fogge e giusto qualche accenno alla comodità dello stile da casa, tra elastici in vita e linee più morbide del solito. Pure da Giada, lussuoso brand cinese Made in Italy, Gabriele Colangelo ammorbidisce toni, forme e materiali, usando il camoscio per creare nodi e torchon che ingentiliscono e alleggeriscono il rigore tipico del brand.
Dopo tante stagioni ispirate a mete esotiche e sempre più lontane, Veronica Etro resta a casa pure con la fantasia, prendendo ispirazione dalle vacanze che faceva da piccola a Napoli e sulla costiera amalfitana. Chiari i riferimenti, dall’opulenza delle donne partenopee ai colori di Positano, uniti anche per lei alla voglia di tornare a vestirsi bene: magari con un completo di maglia jacquard in coordinato, o con un tailleur con tanto di gilet. O, ancora, con gli chemisier decorati con le stampe marinare prodotte da Etro tra il ‘92 e il ‘95. Il discorso fila, il risultato è fresco, piacevole: meglio rimanere in Italia, anche sognando. In passerella arriva Valentina Sampaio (foto a sinistra), prima modella transgender a essere ingaggiata da Victoria’s Secret e oggi simbolo della lotta per la parità dei diritti della comunità Lgbtqia. Il nuovo capitolo di Blumarine, dallo scorso novembre di Marco Marchi (Liu-Jo) è opera del calabrese Nicola Brognano; lui riparte dai fasti dei primi 2000 del marchio, tra gonne-francobollo, cardigan striminziti e femminilità esasperata. Fa bene: non è una moda che forse piacerà a tutti, ma è quello che può funzionare oggi. Brognano sa quello che fa.