La Stampa, 24 settembre 2020
Il paese delle risaie vuole le scorie nucleari
Il comune della prima centrale nucleare italiana si candida per ospitare il deposito nazionale delle scorie radioattive. A Trino Vercellese le colline del Monferrato sono così vicine che ti sembra di poterle toccare, e gli aironi stanno come vedette nelle risaie. È un panorama quasi western: natura inselvatichita, tralicci dell’alta tensione, cascine abbandonate, fabbriche dismesse. La storia della centrale elettronucleare Enrico Fermi, inaugurata nel 1964 e spenta nel 1990, è tutt’altro che chiusa, infatti non è ancora finito il lavoro di bonifica. Manca lo smantellamento del reattore, un lavoro molto importante che sta per incominciare e richiederà altri sette anni. Ma anche per questo motivo, e cioè per il fatto che molte scorie radioattive sono già qua, il sindaco di Trino Daniele Pane è convinto della sua proposta. «Io credo che avere il deposito nazionale delle scorie sia l’unica possibilità per tenere in vita questo territorio. Serve una scossa. Come un elettroshock. Dopo due alluvioni e dopo la crisi del 2009, dopo anni di spopolamento e di ragazzi che se ne vanno, questa può essere per noi una grande occasione di rilancio».
Quando il sindaco dice grande, è bene precisare le proporzioni. Il deposito dovrà reggere 500 anni di attività. Impiegherà 800 persone con diversi tipi di qualifica. Costerà un miliardo e mezzo, con 1500 lavoratori impegnati nei lavori di costruzione. Occuperà, infine, una superficie grande come due campi di calcio. «E poi ci saranno le compensazioni e un parco per lo sviluppo tecnologico che nascerà accanto al deposito, con progetti sulle energie rinnovabili e altri posti di lavoro», dice il sindaco Pane. Ma davvero può essere così facile candidarsi per un’impresa tanto grande e anche estremamente delicata?
L’Italia è uno dei pochi paesi europei senza questo tipo di deposito. In Spagna è El Cabril, in Francia a l’Aube, ma anche a La Manche. Legambiente ne chiede la costruzione fin dal 2003. Doveva essere ultimato nel 2008, ma nemmeno è stato ancora scelto il sito adatto. Le novità adesso sono due. La prima è nei finanziamenti del «Recovery Fund», in cui l’Europa intima espressamente all’Italia che una parte di quei soldi venga spesa per mettere in sicurezza le scorie radioattive. La seconda è che sono ormai ultimati gli studi del ministero dell’Ambiente per individuare la zona più adatta. Entro dicembre verrà resa pubblica la cosiddetta «Cnapi», cioè la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, finora secretata. Solo a quel punto, svelati i nomi dei comuni ritenuti adatti, potranno essere avanzate delle candidature. «Ma io confido nel fatto che il nome di Trino Vercellese sarà sicuramente in quella mappa», dice il sindaco Pane. Ha 33 anni, è un ex consulente finanziario, è stato eletto nel 2018 in una lista civica di centrodestra e sta per entrare in Fratelli d’Italia. «Sono sempre stato un moderato, ma purtroppo Forza Italia non ha più un futuro». La sua idea di futuro per questa campagna è il deposito delle scorie nucleari. «Il Piemonte è il posto giusto, perché il Piemonte già adesso ha il maggior numero di rifiuti di questo genere, basti considerare che il 60 per cento delle compensazioni ricadono su questa regione. Io credo che ci siano tecnologie all’avanguardia che garantiscano la massima sicurezza. Quindi per noi la differenza sarebbe tra avere le scorie in un luogo sicuro, come adesso, oppure avere le scorie in un luogo molto più sicuro ancora». Ha già individuato, d’accordo con altri due sindaci della zona, l’area adatta per il deposito. È un luogo altamente simbolico. Dove sorgono i due camini di quella che doveva diventare la seconda centrale nucleare di Trino Vercellese. Dove il 14 maggio 1985 arrivò una delle più imponenti marce del mondo ambientalista in opposizione al progetto. Ma fu l’incidente di Chernobyl, e il successivo referendum sul nucleare, a bloccare definitivamente la costruzione.
«Sono esterrefatto da questa uscita del sindaco di Trino», dice Giampiero Godio di Legambiente. «È fuori luogo, perché ancora non si conoscono le aree potenzialmente idonee e io non credo proprio che Trino Vercellese possa avere i 29 requisiti necessari. Faccio un esempio: ha la falda affiorante, il deposito sarebbe in mezzo alle risaie, cioè dove si produce riso di qualità. La trovo una proposta sbagliata nei tempi e nella sostanza. Dopodiché, se Trino sarà fra i cento siti potenzialmente idonei, un sindaco con a cuore più i soldi che i rischi potrà certamente fare quella proposta». Si capisce bene, quindi, cosa sta per succedere.
Al Bar Sport, nella piazza centrale, i pensionati che giocano a carte sono perplessi. «Nessuno vorrebbe una roba del genere vicino a casa sua», dice uno. «A meno che non ci diano 500 mila euro a testa», dice un altro. È tempo di raccolta del riso. Non ci sono più le mondine, ma un drone che dall’alto controlla la mietitrebbia. Il lavoro qui è totalmente cambiato: bastano tre persone per coltivare 380 mila metri quadrati di risaia.