All’orizzonte, il progetto di un sequel de Il gladiatore. Si collega in video dall’Irlanda dove è appena tornato sul set, dopo lo stop sanitario, di The Last Duel, ambientato alla corte di Carlo VI d’Inghilterra, scritto e interpretato da Matt Damon e Ben Affleck che tornano insieme a ventitré anni dall’Oscar per Will Hunting — Genio ribelle. In Raised by wolves, serie fantascientifica distopica, un gruppo di androidi viene ingaggiato per allevare bambini umani dopo la distruzione della Terra. Ma che cosa succede quando è un robot, seppure con sembianze umane, a fare da maestro a un bambino? Scott ha prodotto la serie e ha sviluppato la storia insieme allo showrunner Aaron Guzikowski. Il tema gli è caro fin da i tempi del primo Alien e di Blade Runner. Ma in questo caso Scott ha preferito la riflessione all’azione, il pensiero agli effetti speciali.
Alcuni critici sostengono che "Raised by wolves" sia troppo lento per essere un’opera di fantascienza.
«Sono degli imbecilli. Cerchiamo, almeno per una volta, di andare oltre quelle fesserie action e violente e di stimolare i cervelli ormai imbevuti di cretinate».
Cos’è che le ha fatto investire così tanto in questa storia?
«Diciotto bambini spediti nello spazio, cresciuti da due figure, due Intelligenze Artificiali, che corrispondono a Madre e Padre pur non essendo i loro genitori naturali: è una scelta disperata e coraggiosa ed è la conseguenza del mondo che ha distrutto sé stesso, è questo che mi interessava, capire cosa potrebbe accadere "dopo"».
Come in "Blade Runner", anche qui c’è il confronto tra umani e androidi e una riflessione sulle Intelligenze artificiali.
«In Blade Runner gli androidi vengono creati per servire gli umani e la loro ribellione è mossa dal fatto che è stata fissata una scadenza alla loro vita, la mia era una riflessione sull’apartheid. Per Raised by wolves ho pensato che il mondo potrebbe finire per una guerra tra le due fazioni, quella umana e quella tecnologica».
Lei che idea si è fatto dell’Intelligenza Artificiale?
«Ormai è una realtà. Non sappiamo quanto effettivamente sia intelligente ma ho il sentore che lo sia più di noi».
Da dove nascono i nuovi mondi in cui da decenni ci conduce con il suo cinema?
«Nel corso degli anni ho imparato a fidarmi delle mie intuizioni. Posso trarre ispirazione da tante cose, anche dalla musica. Ma ciò che mi stimola di più è cercare di non ripetermi mai».
Nel 1995 l’omicidio di Maurizio Gucci. Lei ne farà un film, "Gucci", con Lady Gaga nel ruolo di Patrizia Reggiani, Adam Driver, Jared Leto...
« Gucci è la grande saga di una famiglia che si è autodistrutta, come tante famiglie italiane. Da affrontare come una storia epica».
Come guarda i film Ridley Scott? Intendo: nel periodo di lockdown, tutti costretti in casa...
«Lei immagina che io abbia una saletta di proiezione privata: sbagliato. Guardo i film in tv, in salotto, come tutti. Ai boss di Hollywood che hanno la sala in casa chiedo: "Quand’è l’ultima volta che hai visto un film qui?". E la risposta è sempre "forse un anno fa". Il cinema, la servitù, le limousine... quante stupidaggini. Io mi metto su una poltrona con i piedi alzati, una birra in una mano, il telecomando nell’altra. E andate tutti a quel paese».
È molto energico, ha un bel rapporto con il passare del tempo. Non le pesa l’impegno del set?
«So che con l’età non si scherza, un anno fa sono diventato vegano e ho smesso di bere, anche se quella birretta che dicevo prima ogni tanto ci scappa. Ho perso otto chili in pochi mesi, sto una meraviglia. E adesso che sono sul set con Ben Affleck, Matt Damon e Adam Driver, devo farmi valere con quei giovanotti. Che ancora mi rispettano, sa?».