la Repubblica, 22 settembre 2020
QQAN64 Perché una banana può spiegarci il mondo
QQAN64
Perché si dice “scivolare su una buccia di banana”? In missione a Tokyo Stefano Mancuso ha uno scambio con un collega di lavoro, Tomonori, detto Tom, e dopo avergli spiegato che si tratta di una metafora, decide d’appurare quale sia l’effettivo grado di scivolosità di questo frutto – in realtà una bacca. Quante cose sappiamo delle banane? Che sono il quarto cibo più consumato al mondo, che sono preferite dai bambini, che sono state studiate da un avvocato torinese alla fine del Settecento, che è una delle piante con cui gli esseri umani hanno più consuetudine, che un tempo erano molto costose, che quelle che mangiamo non hanno più i semi, che negli anni Sessanta in California si pensava di fumarle per avere “visioni”. Sono anche scivolose? Meno delle bucce di mela, poco di più degli sci sulla neve. Se volete sapere tutto, o quasi, sulle banane e le sue bucce, non vi resta che leggere La pianta del mondo, l’ultimo libro del botanico che ha indirizzato l’attenzione di tutti noi verso il mondo delle piante. Si tratta di otto storie dedicate alla relazione tra l’uomo e i vegetali, piccole e grandi avventure. Mostrano come l’universo verde che ricopre il Pianeta da tempi immemorabili resta per gli umani un continente sconosciuto e alieno. La nostra attenzione va senza dubbio al mondo animale con cui l’interazione appare più facile. Anche sul piano scientifico l’attività dei botanici, ricercatori e scienziati, sembra meno rilevante di quella di fisici o matematici. A dimostrarlo c’è la storia narrata da Mancuso: il ceppo di kauri scoperto qualche anno fa nella foresta pluviale da due ricercatori neozelandesi, Sebastian Leuzinger e Martin Bader. L’albero tagliato invece di marcire consumato da microrganismi vive perfettamente. Ma non ci hanno insegnato che senza foglie è praticamente morto? Si tratta di un caso di “innesto radicale” per cui una pianta si fonde con un’altra creando una connessione vascolare tra due tessuti. La scienza non è fatta solo di futuro, ma anche di passato, per cui Mancuso recupera le ricerche di botanici come J. H. Dutrochet, fisico e fisiologo dell’Ottocento, scopritore dell’osmosi, il primo che segue l’evolversi di un ceppo di un albero abbattuto che continua a prosperare. Come? Collegato ad altri alberi nel sottosuolo. Il concetto di rete vegetale attraversa tutto il libro a partire dal primo racconto dedicato agli alberi della libertà piantati dopo il 1792 in Francia e l’ultimo dedicato ai semi portati sulla Luna da un astronauta americano e poi messi a dimora per gli States. Poi c’è la storia del processo all’assassino del figlio di Lindberg, le cui prove sono raccolte da un botanico che analizza la scala di legno usata per rapirlo, o gli esperimenti condotti a Cremona sui meravigliosi strumenti a corde di Amati e di Stradivari: un unico tronco di abete rosso proveniente dal bosco trentino di Paneveggio, da cui il grande liutaio ha tratto in dieci anni 14 tra viole e violini. La botanica non è solo una scienza che studia le piante, entra in molti campi del sapere e della tecnica. Molto bella la storia della datazione dei manufatti con il metodo del carbonio- 14, che comincia proprio nei boschi e procede attraverso la dendrocronologia. Mancuso è curioso, vorace di storie e vicende. Conosce i segreti imperscrutabili della serendipity, quel particolare colpo di fortuna che a volte bacia i ricercatori. La sua dote migliore di narratore, e probabilmente di ricercatore, risiede nella capacità di formarsi immagini mentali dei problemi. La correlazione, che esiste tra il grado di alfabetizzazione scientifica diffusa e l’incapacità di comprendere i problemi da parte della maggior parte degli abitanti del Pianeta, risiede nella mancanza d’immagini mentali, nell’incapacità a visualizzarne gli effetti. Per questo servono valenti disegnatori e illustratori muniti, non solo di figure, ma anche di parole. Con le sue narrazioni Stefano Mancuso contribuisce a rendere evidente che il rapporto con il mondo vege tale è decisivo, e al tempo stesso semplice. Cominciamo a piantare più alberi e a imparare a far rete come loro. Piccole cose ogni giorno, così come procede la scienza stessa in attesa di illuminazioni e scoperte: pazienza, costanza e infinita determinazione.