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 2020  settembre 20 Domenica calendario

Le tariffe per le nozze in Chiesa (nonostante il divieto)

«Il listino prezzi in chiesa è uno scandalo». È il 2014 quando, per la prima volta, Papa Francesco lancia un anatema contro i «tariffari delle celebrazioni». In un’omelia Bergoglio chiede ai laici il coraggio di denunciare «in faccia al parroco» il traffico di soldi. «Quante volte con tristezza entriamo in chiesa e non sappiamo se siamo nella casa di Dio o in un supermercato. C’è anche la lista dei prezzi per i sacramenti», denuncia poi nel 2017. Il brano del Vangelo in cui Gesù caccia i mercanti dal tempio è fra i più citati dal Pontefice, che spesso ha ammonito: «È impossibile servire due Signori: o Dio o il denaro». Il 21 luglio scorso è arrivato l’affondo definitivo, con la firma di un documento vaticano. Ora è scritto nero su bianco: le offerte non sono «tasse da esigere» ma un atto libero dei fedeli.
La crociata di Francesco contro la «Chiesa affarista», però, si è rivelata fin da subito una lotta contro i mulini a vento. Per rendersene conto basta telefonare alle parrocchie in giro per l’Italia e chiedere informazioni per un matrimonio. Dopo i preamboli sul profondo significato di un passo decisivo nel percorso di una coppia e gli adempimenti burocratici, si arriva al dunque. La parola «tariffa» non viene quasi mai pronunciata, a qualche parroco scappa un «importo». Altri dribblano l’imbarazzo usando l’eufemismo «offerta minima». La sostanza non cambia: è la pratica contro cui Papa Francesco si è scagliato più volte.
Alcune parrocchie hanno addirittura un impiegato che si occupa solo di matrimoni (se stipendiato, non è dato sapere). «Aspetti, le passo la persona che segue le cerimonie nuziali», si sente dall’altra parte della cornetta quando si chiama una chiesa nel cuore di Bari vecchia. Una voce femminile inizia con una raffica di domande, da protocollo collaudatissimo: «Quando volete sposarvi?». Primavera. «Marzo o aprile?». Aprile. «Mattina o pomeriggio?». Pomeriggio. «Giorno?». Venerdì. «Il 16 aprile può andare bene?». Perfetto. Pochi secondi e arriva il «conto»: «Serve un acconto di 150 euro per bloccare la data, poi 200 euro un mese prima del matrimonio». Totale: 350 euro. Nel «pacchetto», chiarisce la donna-promoter, è tutto incluso: «Sacerdote, organista, luci interne, luci per il fotografo e parcheggio per tutti gli invitati».
Tentiamo con Milano. Il sacerdote mette subito le mani avanti: un prezzo fisso non esiste. Ma ci fa capire senza giri di parole che se pensiamo di non lasciare offerte è meglio rivolgersi altrove. «Se devo avere 100 euro, come l’ultima volta, quando sono venuti da fuori città a spadroneggiare ne chiedo mille di caparra», dice il sacerdote stizzito. Torniamo al Sud, contattando una parrocchia di Palermo. «Il costo è di 250 euro, perché la chiesa è grande e comporta costi vivi», risponde il don. Appellarsi alla crisi economia innescata dal Covid non lo intenerisce. «Guardi che il virus c’è per tutti, mica solo per lei», è la replica secca.
Per sposarsi in centro a Torino, invece, «l’offerta è libera». Anche una cifra simbolica, quindi? «Se dovete dare 5 euro state pure a casa - scandisce il parroco -. Non accetto meno di 50 euro: la luce costa e sono comunque soldi usati per la carità ai poveri». E aggiunge, lamentandosi: «Di recente ho celebrato un funerale e non mi hanno dato nemmeno un centesimo, si rende conto?».
L’offerta per il matrimonio o altri sacramenti è questione annosa. Tecnicamente i soldi dovrebbero servire a coprire le spese (luci, pulizia ecc...) della parrocchia. Ma allora perché alcune chiese pretendono «offerte» maggiorate per chi arriva da fuori parrocchia? Accade a Roma. Tre diverse chiese confermano che esiste «una quota stabilita dal vicariato» per i forestieri: 270 euro. «Poi per carità, ognuno è libero di dare qualcosa in più se lo ritiene, ma non c’è nessun vincolo. Però sull’importo fissato dal vicariato non possiamo andare al di sotto», avverte un sacerdote.
Le eccezioni all’interno della Chiesa, ovviamente, non mancano. Come un parroco di Firenze («Non c’è nessuna tariffa: la chiesa è la famiglia e in famiglia non si paga») o uno di Ancona («Non ci sono tariffe. Se uno non può, non dà niente»). Ma si tratta, appunto, di eccezioni. Difficile possano consolare Papa Francesco.