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 2020  settembre 21 Lunedì calendario

Intervista a Lorenzo Musetti

A 18 anni Lorenzo Musetti a Roma ha eliminato due ex top-10 come Stan Wawrinka e Kei Nishikori. È il primo nato nel 2002 che passa un turno nell’Atp Tour, uno dei quattro azzurri che sono arrivati negli ottavi a Roma. Con la calma del veterano e un tennis molto creativo.
Lorenzo, è vero che a navigare in acque difficili ha imparato in Sudafrica nel lockdown?
«Io e il mio coach eravamo a Johannesburg per giocare un Challenger, il volo è stato ritardato di due giorni, ne abbiamo approfittato per andare a Capetown e immergerci con gli squali bianchi».
Non è pericoloso?
«C’era la gabbia. Un po’ di paura l’ho avuta, ma è stato divertente».
Nella vasca del centrale contro lo squalo Wawrinka ha sfoggiato una calma olimpica.
«Non so neppure io come mai, mi sembrava di essere in allenamento. Forse mi ha aiutato il fatto che lo stadio fosse vuoto, nel silenzio riuscivo a concentrami su ogni colpo».
Sinner sostiene che lei ha più colpi di lui: d’accordo?
«Jannik ha mezzi tecnici e mentali pazzeschi, è un gran lavoratore, e molto umile, con me è stato gentilissimo. Si è meritato i successi: battere Tsitsipas a Roma è stata grande impresa».
Sua madre impiegata, suo padre marmista a Carrara: perché il tennis?
«Mio padre ha una grande passione, è stato il primo a mettermi una racchetta in mano, nello scantinato di nonna. Ho iniziato palleggiando con lui e contro il muro. Poi sono passato ai corsi e si è capito subito che ero bravino, ogni mese salivo di livello, alla fine mi sono trovato con quelli di 4-5 anni più grandi».
Il primo match visto in tv?
«L a finale di Montecarlo Federer-Wawrinka. Quando ci ho giocato contro a Roma ripensarci mi ha fatto effetto».
Campione del mondo U18, vincitore degli Australian Open junior. Poi un periodo complicato prima del boom. Quando si è sbloccato?
«A Todi, a giugno: ho perso un match già vinto contro Hanfman e ho capito che per vincere non bastano i colpi, ma serve anche la testa. A forza di batoste ho imparato».
Dicono che a Carrara sono tutti matti: luogo comune?
«Il detto è "duri come il marmo". Io credo di essere un ragazzo equilibrato. Non mi piace fare figuracce»
Passioni fuori dal tennis?
«La musica. Mio padre mi ha sempre fatto ascoltare il rock Anni 80 e 90: Led Zeppelin, ACDC, Guns ’n Roses».
È vero che vorrebbe fare l’attore?
«Ho fatto solo piccole cose, a scuola, a teatro. Ma non sono bravo come a tennis. Meglio guardare De Niro e Al Pacino, i mie attori preferiti».
Il calcio le piace?
«Sono moderatamente juventino».
Dopo Roma cosa cambia?
«L’obiettivo ora è entrare fra primi 150. Sono 180, non è lontano. Poi vedremo».
Gli obiettivi per la carriera?
«Vincere a Roma: ma con il pubblico. E diventare n. 1 del mondo».