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 2020  settembre 21 Lunedì calendario

In Brasile il paradiso degli animali divorato dal fuoco

Il Pantanal, la più grande regione umida del Pianeta, sta bruciando come non aveva mai fatto prima e le vittime sono decine di specie protette a rischio d’estinzione.
L’ecosistema di 150.000 chilometri quadrati è oggi un gigantesco rogo: là dove l’acqua in genera abbonda oggi domina il fuoco. Solo nella parte brasiliana, il 60% del totale, dall’inizio dell’anno sono stati registrati oltre 15.000 incendi: una zona grande come la Lombardia è in fiamme. La tragedia ambientale è senza precedenti.
Considerato l’ecosistema con la maggior varietà di flora e fauna al mondo, superando la stessa Amazzonia, sono molti gli animali da salvare; pappagalli, coccodrilli, piranha, caimani, anaconde e così via. Oggi molti non riescono a sfuggire alle fiamme o si trovano isolati in regioni senza possibilità di alimentarsi. Tra le tante specie protette spicca la onça pintada, un giaguaro striato considerato il maggior felino delle Americhe e l’arara azzurra, l’ara giacinto, il più grande pappagallo al mondo, capace ci percorrere grandi distanze grazie ad una apertura alare che può arrivare fino a 140 centimetri.
L’arara azzurra ha avuto fama mondiale come protagonista del film «Rio» della Disney. Le fiamme hanno divorato uno dei suoi habitat naturali, la fazenda Sao Francisco de Perigana; da due mesi una equipe di biologi sta cercando di mettere in salvo i loro nidi, ma si calcola che il 20% almeno dei 700 esemplari presenti sia stato carbonizzato. Sta andando anche peggio per i giaguari striati, che non riescono a fuggire dalle fiamme. I roghi hanno raggiunto il 70% del Parco Encontro das aguas, che accoglie ogni anno 3.000 visitatori per safari d’osservazione della onça pintada. I giaguari vengono trovati morti o vivi, ma con piedi e parte delle gambe bruciate. Ad uno di questi, battezzato «Ousado», sono state trapiantate cellule staminali per permettere alla pelle di riformarsi rapidamente.
Secondo gli specialisti il disastro attuale è frutto di una combinazione di fattori ambientali e umani. Il primo è la straordinaria siccità di quest’anno, conseguenza del riscaldamento climatico. Dall’inizio dell’anno le piogge sono state rarissime e molto deboli; il fiume Paraguay, che attraversa tutta la regione, è passato da 5 o 6 metri a meno di 3 metri d’acqua. I forti venti propagano le fiamme, ma il maggior pericolo arriva dal sottosuolo: il Pantanal ha diversi strati organici sottoterra che generalmente rimangono umidi; oggi sono aridi e bruciano dal nulla. «Mentre stai lavorando per spegnere un incendio – ha detto un capitano dei vigili del fuoco alla "Folha de Sao Paulo" – te ne ritrovi all’improvviso un altro a 500 metri di distanza; corriamo anche di rischio di rimanere intrappolati». A queste condizioni climatiche si aggiunge, come nella vicina Amazzonia, l’azione umana. I dati satellitari dell’ente spaziale brasiliano hanno rilevato un aumento considerevole della deforestazione negli ultimi due anni. Molti allevatori appiccano intenzionalmente il fuoco per disboscare e aggiudicarsi nuovi terreni per piantare soia o per gli allevamenti bovini. La polizia ha arrestato 5 fazendeiros del Mato Grosso che sono accusati di aver incendiato 25.000 ettari di boschi, due volte la superficie della città di Torino. Si punta il dito anche contro la tardiva risposta da parte del governo di Jair Bolsonaro. Brasilia ha emesso a metà luglio il divieto su scala nazionale di appiccare fuochi, ma poi sono mancati i controlli. I fondi anti incendi nel Pantanal sono stati tagliati del 58% nell’ultima finanziaria.
A controllare l’intera regione c’è una brigata di 200 vigili del fuoco con una dozzina tra elicotteri e aerei. Sono arrivati i rinforzi militari, ma è ancora troppo poco; per ogni incendio che si cerca di controllare ce ne sono almeno altri venti che si espandono. Le nuvole di fumo si spostano su tutto il centro-sud del Brasile e stanno arrivando a San Paolo e Rio de Janeiro. Venerdì scorso Bolsonaro ha visitato Sinop, la città del Mato Grosso considerata la capitale della soia e dell’agro business brasiliano. Il suo aereo ha dovuto ripetere una seconda volta l’atterraggio perché la pista era coperta dal fumo, ma il presidente non si è scomposto. «I soliti "terroristi ambientali" dicono che gli incendi sono colpa mia, ma non è vero. Il Brasile protegge l’ambiente meglio dei Paesi europei che ci criticano, ma se non piove mai noi non possiamo farci nulla».