I Fincen Files
Questo il nome dello scoop sulle centrali del riciclaggio di denaro sporco, fondato su documenti confidenziali del dipartimento del Tesoro americano, ottenuti dal sito BuzzFeed News grazie a una gigantesca soffiata e condivisi con l’Icij. Rivela operazioni bancarie sospette analizzate da 110 testate di 88 Paesi. Più di 400 giornalisti hanno lavorato per sedici mesi, indagando su oltre 2.100 rapporti elaborati dal Fincen (Financial crimes enforcement network), l’organismo antiriciclaggio degli Stati Uniti, sulla base di quelli che in codice si chiamano Sar (Suspicious activity report), cioè segnalazioni di attività sospette.
Conti bancari italiani
Complessivamente, i file documentano operazioni sospette per più di duemila miliardi di dollari, realizzate dal 2008 al 2017. Ci sono state altre grandi soffiate su operazioni finanziarie sospette in anni recenti, come i Panama Papers nel 2016 e i Paradise Papers nel 2017.
Ma i Fincen Papers sono più rilevanti perché non provengono da una o due società, bensì da alcune delle più importanti banche internazionali. Sono denunce raccolte dalle autorità Usa chiamate a scoprire casi di riciclaggio, occultamento e reinvestimento di enormi masse di denaro sporco, accumulate in tutto il mondo con traffici di droga e armi, reati di mafia, corruzioni, evasioni fiscali, frodi finanziarie, saccheggio di fondi pubblici e altri crimini. A evidenziare i bonifici sospetti sono le stesse banche che muovono i soldi dei loro clienti. Che talvolta chiudono un occhio.
Spuntano anche conti bancari italiani, ma per singole operazioni inferiori a centomila euro, che riguardano orafi di Arezzo, imprese petrolifere liguri e aziende lombarde di materiali ferrosi.
Il banchiere "dissidente"
Sette anni fa Alma Shalabayeva, moglie del banchiere Mukhtar Ablyazov, fu espulsa a forza dall’Italia, caricata in aereo con la sua bambina e consegnata al Kazakhstan, apparentemente per colpirne il marito, perseguitato da una dittatura corrotta. Un caso che suscitò un’ondata di indignazione nel nostro Paese, con pesanti accuse al governo allora guidato da Enrico Letta. L’inchiesta svela che dietro a quella vicenda potrebbe però esserci di più: negli anni centinaia di società offshore controllate da Ablyazov e dai suoi familiari hanno spostato più di 666 milioni di dollari, finora senza spiegazioni valide.
I fedelissimi di Trump
Emergono nuovi accrediti milionari, incassati quando era già indagato, a favore dell’imprenditore repubblicano Paul Manafort, lo stratega della campagna elettorale 2016 di Trump, già condannato per frode fiscale per avere ricevuto soldi in nero dall’ex-presidente filorusso dell’Ucraina. Anche il generale Michael Flynn, ex-consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, e altri uomini legati al presidente americano usano tecniche analoghe e in qualche caso le stesse centrali di riciclaggio dei nuovi miliardari dell’ex-Urss.
Il compagno di judo di Putin
Arkadij Rotenberg conosce l’attuale presidente russo fin da quando erano bambini. Fanno parte della stessa palestra. E la società di Rotenberg ha vinto appalti governativi in Russia per costruire strade, gasdotti, centrali elettriche, facendolo diventare miliardario. Colpito dalle sanzioni economiche nel 2014 per l’invasione dell’Ucraina, l’oligarca apre ugualmente un conto presso la Barclays, attraverso il quale acquista costose opere d’arte, tra cui un Magritte da 7 milioni di dollari.
Oro in cambio di gas
Un altro intrigo ha un nome in codice: "gold for gas". Un miliardario turco-azero di origine iraniana, Reza Zarrab, aiuta per anni l’Iran ad aggirare le sanzioni internazionali decise per fermare le sue velleità atomiche. Un sistema fondato su un doppio contrabbando: l’Iran vende gas in cambio di oro e preziosi, con triangolazioni manovrate da Zarrab. Il quale, prima dello scandalo, in Turchia era una celebrità, con agganci nel governo e nella famiglia presidenziale.