Interpreta Chiara, la giovanissima prostituta che farà i conti con le scelte della sua vita.
Tra pochi giorni sarà sul set di La scuola cattolica, il film di Stefano Mordini dal bel libro di Edoardo Albinati, premio Strega.
Benedetta, sui social è BenniP: un milione e 300mila follower su Instagram. Che effetto fa?
«Ho un rapporto un po’ strano con i social. Ma viviamo in questo momento storico, anche volendo, non puoi ignorarli. Da un certo punto di vista siamo tutti vicini, la distanza tra il pubblico e l’attore è diventata sottile: la gente pensa di conoscerti, entra nella tua vita, ti restituisce l’affetto. L’ho sperimentato col film 18 regali».
Chi le scriveva?
«Tante ragazze, per dirmi che il film le ha aiutate a superare momenti difficili. Era la storia di una madre che muore lasciando i regali per la figlia, non potendo vederla crescere. L’altra faccia della medaglia è che c’è comunque una manipolazione dei contenuti, un aspetto che mi respinge e mi fa venire voglia di tornare al Nokia».
Si riferisce agli hater?
«È osceno pensare che sia tutto permesso, che qualcuno ti possa augurare la morte, una cosa difficile da gestire. Le persone frustrate così riescono a sfogarsi e non puoi fare nulla. Per non parlare di un commento sotto una foto, che conta più di quelli dal vivo, diciamo la verità è molto più comodo l’anonimato».
Anche i suoi nonni la seguono su Instagram?
«Certo, per quella generazione i social sono un’abitudine tenera.
Vedono cosa faccio, il vestito che ho scelto in una certa occasione.
Ogni tanto mi concedo dettagli più personali, per divertimento.
Mi fa piacere restituire qualcosa a chi tifa per me. Ma la violenza dei social può essere oscena... Penso a certi commenti che ho letto dopo la morte di Willy, spaventosi come quello che è successo. Non può valere tutto.
Le autorità devono denunciare anche chi è violento a parole. C’è un problema culturale enorme, non basta scrivere “Black lives matter”».
Ci racconta la sua Roma?
«Sono cresciuta a Balduina con la mia famiglia, ho frequentato il Mamiani in Prati e poi, per un periodo, da piccolina, ho frequentato amici dei Parioli.
Quella Roma era un po’ faticosa, la Roma che mi piace è dove non si avverte l’ansia da prestazione, per cui devi dimostrare sempre qualcosa a qualcuno».
Ha detto: “Rischiavo di diventare una stronzetta di Roma nord”. Ora non corre più questo rischio?
«Per un periodo direi che lo sono stata abbastanza. C’era il problema dell’età difficile, in cui sei per forza in conflitto con qualcuno. L’ansia genera violenza, vivi con l’angoscia di dimostrare agli altri che esisti anche tu, ma devi corrispondere a un modello».
Comprensibile da adolescente. Ma che una ragazza bella come lei avesse il problema di corrispondere a un modello estetico sembra fantascienza.
«So di essere fortunata: mai avuto l’acne, mai portato l’apparecchio. Ma anch’io ho avuto i miei complessi, ero insicura; mi prendevano in giro perché ero magrolina, non avevo il seno e le forme. E tu vuoi dimostrare di essere una donna, ti atteggi per quello».
Ha un luogo del cuore?
«Il Giardino degli aranci. Amo Roma, vado in moto e mi guardo intorno. Mi dispiace perché si trascura sempre la città dove nasci. Quest’anno mi metto seriamente a fare la turista, ho visitato i Musei Vaticani e mi sono commossa. Ero sopraffatta».
Ora vive nel quartiere Trieste, che poi è il cuore del libro di Albinati.
«Sì, tra qualche settimana sarò sul set e conoscerò ancora meglio la storia di anni complessi, in cui sono successi fatti di cronaca che hanno lasciato il segno. Però ho comprato casa a Monteverde vecchio... Il quartiere Trieste è molto carino, la gente mi piace, dopo un po’ conosci tutti. La mia farmacista è dispiaciuta che me ne vado».
La sua vita è cambiata quando ha debuttato in “Tutto può succedere”.
«Sì, in modo drastico, dall’oggi al domani. Anche solo svegliarti alle 5 di mattina perché tante persone dipendono da te, ti responsabilizza. Non mi sono mai più sognata di rispondere male a un professore. Sul set di Tutto può succedere sono stata accolta come una figlia, ho ancora rapporti con gli attori della serie. Pietro Sermonti mi prendeva in giro, diceva che ho l’aspetto di una principessa eritrea ma sono Radja Nainggolan (grintoso centrocampista dell’Inter, ndr)».
Ha detto che la realtà supera la fiction, che “Baby” racconta le inquietudini di una generazione senza punti di riferimento. Ha sentito empatia per le ragazze?
«Conoscevo le storie a cui ci siamo ispirati, e conoscevo di vista le ragazze, da attrice è stata un’occasione imperdibile.
Umanamente è diverso, senti la responsabilità di restituire i conflitti e le sofferenze».
Dicono tutti: viso d’angelo e carattere d’acciaio. Se dovesse definirsi?
«Sono stata una ribelle, ma neanche troppo. Da un lato papà con me era severo, con mio fratello minore meno. Un classico, lo so. Dall’altro ho frequentato la Montessori, mamma ci teneva che imparassimo a sopravvivere da soli. Ho amici disadattati che ancora non sanno farsi il caffè. Lei è fiduciosa, non ha mai fatto braccio di ferro con me, percorso meno immediato di una punizione o uno schiaffo. Ci faceva riflettere sulle conseguenze di un errore e questo mi ha responsabilizzato. La mia analista mi ha detto: “Mettiti l’anima in pace”».
Una famiglia abbastanza speciale.
«Sì, mi ha sempre lasciato libera di scegliere. Mio padre è plurilaureato, ha fatto vari lavori, attualmente insegna. Mamma lavora al Quirinale. Sono grata perché non ho mai sentito nessun tipo di giudizio».
Convive con il regista Michele Alhaique, che ha 40 anni.
Neanche un sopracciglio alzato?
«Io ero più sconvolta di loro.
Annuncio la cosa, papà mi fa: “Embè? Sono contento”. E io: “È molto più grande...”. Mi guarda: “Ho capito, va bene. Quando andiamo al cinema?”. Era necessario per me andare via di casa, è difficile lavorare con gli adulti tutto il giorno e alla fine dover tornare nella tua cameretta».
Che rapporto ha con la politica?
«La seguo ma non sono informata come vorrei, spesso e volentieri anche per litigare mi manca un po’ di contenuto per sostenere la mia tesi. Sono per porgere l’altra guancia ma ho le mie idee; sono sicura di quello che non mi piace».
Andrà a votare per il referendum?
«Certo. E voto no».