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 2020  settembre 21 Lunedì calendario

La fine della concorrenza

Diciamoci tutta la verità, della concorrenza non ci importa nulla. Brutale constatazione, lo ammetto. Ma in questi mesi di emergenza sanitaria ed economica vi è stata una sotterranea corsa a contrastarla e limitarla. Come se avesse un valore negativo, un aspetto ingannevole. Ma se vogliamo tornare a crescere avremo bisogno di mercati aperti e competitivi, di stimoli a intraprendere, rischiare, innovare. Non di protezioni varie nella pericolosa illusione che poi ci pensi, se tutto va male, lo Stato. Dovremo puntare sul desiderio individuale di scalare le montagne, non sull’ansia di conservare le quote acquisite da chi è già arrivato in cima.
La pandemia ha reso necessari aiuti statali, erogazioni a fondo perduto, garanzie pubbliche. Oltre alle inevitabili interruzioni nei già tormentati processi di liberalizzazione. Ma assecondare oltremodo le pulsioni corporative del Paese equivale a condannarlo all’immobilismo futuro. La concorrenza premia il merito, dunque promuove e attrae i talenti. È fatta di regole. Negarla lascia spazio all’opacità e al sopruso del più forte. Cura le disuguaglianze. E, moltiplicando le opportunità, combatte l’accidia da divano (ingigantita dal reddito di cittadinanza) e la convinzione che si viva di diritti acquisiti senza il fastidio di dover assolvere a dei doveri. Chi non vuole la concorrenza chiude le porte ai giovani.
La gestione politica dei casi Atlantia e Ilva, ma non solo, ha causato un danno alla credibilità contrattuale italiana. La modesta certezza del diritto ha un limite nella volubilità governativa e nell’umore popolare. Questo è quanto è stato percepito dagli investitori internazionali. La decisione, per esempio, di limitare al 50% il riempimento dei treni ad alta velocità sta gettando sul lastrico Italo-Ntv. Le Ferrovie dello Stato possono permettersi delle perdite supplementari. Ci sono delle comprensibili ragioni sanitarie, d’accordo. Ma non è così per il trasporto urbano e regionale. E in tutta Europa l’alta velocità viaggia senza restrizioni.
Luigi Di Maio, all’indomani della decisione di avviare una trattativa con Atlantia, per l’uscita dei Benetton dal contratto di concessione, disse che il governo «aveva finalmente sottratto Autostrade alla logica del mercato». Virginia Raggi, annunciando a In Onda che si sarebbe ripresentata per un secondo mandato come sindaca di Roma, ha difeso l’operato di Atac con una frase sorprendente e inquietante: «Le imprese pubbliche non devono guadagnare».
Il profitto è dunque un peccato grave. Chissà poi come si finanziano gli investimenti, forse chiedendo ai contribuenti e indebitando lo Stato. Il senatore del Pd Dario Parrini ha proposto un emendamento, non ammesso, al Decreto Agosto per impedire l’apertura di nuovi ristoranti fino a tutto il 2021 come misura per sostenere gli esercenti colpiti dalla grave crisi del settore dei servizi. Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, alla vigilia del voto comunale, ha concesso ai gondolieri di passarsi la licenza di padre in figlio.
Sono tanti episodi contrari alla concorrenza che la crisi pandemica ha fatto passare in secondo piano. Il virus ha dato una mano alle corporazioni italiane. Alcune colpite, anche fortemente. Altre per nulla danneggiate dal virus ma persino avvantaggiate. Ormai non si parla più, per esempio, di liberalizzare le professioni e, nel momento in cui i bonus da 600 e poi 1.000 euro sono finiti anche a chi non si è certamente impoverito, possiamo dire che si sia completata una gigantesca beffa della storia.
Dall’ultimo Milleproroghe fino al recente Decreto Agosto, le ragioni del mercato sono state spesso sacrificate all’emergenza. Del resto, con il temporary framework, l’Unione europea ha sospeso il divieto di aiuti di Stato. Dunque le deroghe erano inevitabili. Giusto. Ma l’ansia del legislatore tradisce il retropensiero che difficilmente si tornerà indietro. Prorogare le concessioni balneari e prevedere persino una sorta di condono per i contenziosi aperti sulle opere pertinenziali, estendendo poi la misura a fiumi, nautica di diporto, società sportive iscritte al Coni, è stato certamente un modo di aiutare gli operatori, soprattutto del turismo. Ma ci si domanda perché ciò non potesse avvenire senza arrecare un vulnus al mercato e mortificare le attese di gestori concorrenti. Vi sono state corpose proroghe per le concessioni portuali, per i trasporti marittimi, per l’idroelettrico. L’Autorità per la Concorrenza e il mercato, oggi presieduta da Roberto Rustichelli, è stata in parte svincolata dall’obbligo di autorizzare operazioni di concentrazioni in settori di interesse nazionale come poste, trasporti, sanità o attività ad alta intensità di manodopera. L’Antitrust sarebbe comunque intervenuta per limitare la misura all’anno in corso. Nel Milleproroghe di fine 2019 era stato ancora rinviato, al primo luglio del 2020, il completamento della liberalizzazione del mercato dell’energia e del gas.


Altri slittamenti
Nel Decreto Agosto la data per le forniture di gas ai clienti piccoli è slittata all’inizio del 2022. Nel mercato elettrico, per le piccole imprese al gennaio del 2021 e per le microimprese e la clientela domestica al gennaio del 2022. Sarà l’ultimo rinvio? Con la legge 99 del 2009 venne introdotto (articolo 47) l’obbligo per il governo di presentare ogni anno, entro 60 giorni dalla relazione dell’Antitrust, un disegno di legge per la promozione della concorrenza. L’unica legge finora approvata (avviata dall’esecutivo presieduto da Renzi e completata da quello guidato da Gentiloni) è stata la 124 del 4 agosto del 2017. Ma era stata presentata in Cdm due anni e mezzo prima, il 20 febbraio del 2015. È stata poi licenziata dal Parlamento dopo 894 giorni di assalto delle lobby. Si dovevano difendere le ragioni del mercato e dei consumatori in molteplici attività, dalle assicurazioni alle banche, dalle farmacie ai dentisti. Forse con qualche ambizione di troppo. Ma in diversi casi hanno prevalso le posizioni consolidate. Non stupisce dunque che ancora oggi manchi la metà dei decreti attuativi della normativa approvata tre anni fa. E vista l’aria che tira non si vedranno all’orizzonte nei prossimi mesi tanti alfieri della concorrenza o paladini del mercato. Ma tutti insisteranno nel dire che bisogna premiare il merito e promuovere la nuova imprenditorialità. Poi se molti, specialmente giovani, finiranno contro i muri invisibili di mercati asfittici, peggio per loro.