Il Sole 24 Ore, 20 settembre 2020
QQAN61 Elogio della fisica
QQAN61
A giudicare da ciò sento dire quando dichiaro la mia professione, sembra che uno dei modi migliori per avere in uggia – e persino detestare – la fisica sia di studiarla a scuola. La ricetta dell’anti-fisica scolastica è semplice: basta attenersi zelantemente ai programmi ministeriali (in larga parte ispirati a quelli delle scuole politecniche di fine Ottocento), studiare tutto (compreso il metodo sperimentale) solo sulla carta, ingurgitare poltiglie indistinte di formule, non concepire altra lettura se non quella del libro di testo – meglio se si tratta di uno di quei manuali compilati redazionalmente e privi di pensiero, fatti apposta per alimentare la pigrizia di chi li usa.
Si realizza così la classica, disastrosa, esperienza di avvicinamento (con conseguente rapido allontanamento) a una delle più affascinanti avventure intellettuali. Quanti studenti, che da cittadini adulti saranno chiamati a scelte su temi scientifico-tecnologici, si rendono conto che la fisica non si riduce a un insieme di dati e di nozioni, ma è una visione coerente del mondo (e della conoscenza del mondo)? Quanti vengono a contatto con i suoi concetti più moderni (unificazione, simmetria, complessità, informazione, ecc.), vere chiavi di lettura della realtà?
Naturalmente, se si incontra qualche bravo insegnante, capace di muoversi controcorrente (per fortuna ce ne sono), le cose vanno per il meglio. Ma l’evento è aleatorio. Diventano allora importanti i buoni libri – quelli animati da passione, e che questa passione sanno trasmettere. Ne ha appena scritto uno il fisico teorico Jim Al-Khalili, tra i migliori divulgatori oggi in circolazione: un libro che, nello spazio di 150 godibili pagine, racconta con semplicità «il mondo secondo la fisica».
Richard Feynman si lamentava del fatto che la divulgazione scientifica si incentrasse soprattutto sugli aspetti ignoti e congetturali della fisica, piuttosto che sulle conoscenze solide, su ciò che i fisici hanno acquisito con relativa certezza (e che non è meno interessante e suggestivo). La maggior parte dei libri divulgativi, in effetti, tende a occuparsi di teorie speculative: un materiale comodo e di facile presa, che si presta bene a essere condito con massicce dosi di fantasia e di «effetti speciali».
Al-Khalili sceglie di seguire la strada indicata da Feynman. Ci spiega che la fisica attuale si basa su tre pilastri, tre cornici teoriche di straordinaria bellezza: due novecentesche – la relatività generale e la meccanica quantistica –, una più antica, la termodinamica. Queste tre teorie descrivono campi differenti del reale: la struttura su grande scala dell’universo, il mondo atomico e subatomico, i fenomeni che coinvolgono i corpi macroscopici. Potremmo pensare semplicemente di affiancarle, per avere uno sguardo unitario. Il problema, però, è che – almeno nella loro forma attuale – sono incompatibili. Lo si può vedere, per esempio, dal diverso modo in cui concepiscono un ingrediente basilare della nostra esperienza, il tempo. Per la relatività il tempo fa parte del tessuto fisico-geometrico dell’universo; per la meccanica quantistica è un numero che serve a parametrizzare l’evoluzione dei sistemi (il «numero del movimento», come nella fisica classica, ma, a differenza che in questa, nella fisica quantistica il movimento, e quindi anche il tempo, sono inevitabili); per la termodinamica è una freccia che punta in una precisa direzione, dal passato al futuro.
Molti fisici cercano oggi di realizzare una sintesi tra la relatività generale e la teoria quantistica. Le sorprese, tuttavia, potrebbero venire – fa notare Al-Khalili – dall’altro fronte, quello che vede i quanti confrontarsi con il mondo macroscopico, e che è oggi alimentato dalle ricerche sui computer quantistici. Non è immotivato pensare che nuova linfa alla fisica possa venire proprio dallo studio dei fondamenti della meccanica quantistica e dalla risoluzione dell’ormai quasi centenario problema della sua corretta interpretazione.
Il che ci porta a parlare delle prospettive future. La fisica non solo sa socraticamente di non sapere, ma sa quali sono le domande che attendono urgentemente una risposta, perché è essa stessa a farle emergere. Una scaturisce da quella che Al-Khalili, a ragione, considera la scoperta più rivoluzionaria degli ultimi tempi: l’osservazione (risalente al 1998) dell’espansione accelerata dell’universo, che indica l’esistenza della cosiddetta «energia oscura». Di tale componente del fluido cosmico, che rappresenta i tre quarti del tutto, non si sa nulla di preciso, salvo il fatto che la sua interpretazione più semplice – come energia del vuoto quantistico – va incontro a un disaccordo numerico con il valore osservato che è talmente grande da sfidare l’immaginazione. Anche il Modello Standard delle particelle elementari – teoria solidissima e di enorme successo – solleva numerosi quesiti: qual è la natura dei neutrini, quale l’origine delle loro masse, di che cosa è fatta la materia oscura, in che modo l’universo ha scelto tra materia e antimateria (a favore della prima)? Diversamente da quanto taluni sostengono, la fisica attuale è mossa non da motivazioni estetiche, bensì dalla necessità di risolvere problemi fenomenologici concreti, di superare difficoltà che si situano all’interfaccia tra teoria ed esperimento. Ed è solo quando questi due aspetti della ricerca “lavorano mano nella mano” che c’è una vera prospettiva di progresso.
«Questo libro è un’ode alla fisica», scrive Al-Khalili. Lo è davvero: un atto d’amore nei confronti di una disciplina che ci dice «come è fatto il mondo per davvero» e ci fornisce gli strumenti per comprenderlo. Un’impresa universale, profondamente umana, il cui primo motore – la nostra curiosità sull’universo – non si spegnerà mai.