Il Sole 24 Ore, 20 settembre 2020
Boris Johnson taglia i costosi F-35
L’Inghilterra della Difesa vara il “sovranismo” militare dei cieli: meno aerei americani, più inglesi. Per i futuri caccia della Regina, Boris Johnson ridimensiona i controversi F-35, il sistema di armamenti più costoso della storia, e punta sull’aereo fatto in casa, il Tempest, il velivolo militare di sesta generazione con doppio passaporto italo-britannico. Con una mossa a sorpresa, destinata ad avere ripercussioni nelle aviazioni di mezzo mondo, la Gran Bretagna ha deciso di dimezzare l’acquisto di F-35 e di aspettare l’arrivo del Tempest per rinnovare la sua flotta di aerei militari da combattimento. Per ora, la Royal Air Force acquisterà “solo” 48 nuovi aerei entro il 2025, ma il piano originario era di dotarsi di ben 138 degli americani F-35. Il taglio gioca a favore del “Made in Uk” Tempest. È un aereo ancora tutto da costruire, ma un modellino a grandezza naturale è apparso in pubblico per la prima volta lo scorso anno negli hangar dei docks di Londra che ospitavano il salone DSEI, la più grande fiera militare al mondo.
A bordo del Tempest è salita anche l’Italia: il futuro aereo è un progetto a quattro mani tra il colosso aerospaziale britannico Bae Systems e la tricolore Leonardo. E la presenza dello stesso Alessandro Profumo, amministratore delegato della ex Finmeccanica, proprio al DSEI nel 2019 la dice lunga su quanto il programma, che oltre al velivolo comprende un sistema integrato di aerei-droni e intelligenza artificiale, sia strategico per la più grande industria aerospaziale del paese.
La scorsa estate il Tempest ha fatto salire a bordo anche la Svezia, irrobustendo il club dei paesi europei. L’azienda nordica Saab contribuirà con la parte elettronica, di ricezione radio, ma di solito l’ingresso di un paese in un progetto militare non si limita alla fornitura della tecnologia, ma implica che il governo comprerà anche quei velivoli. E dunque a oggi almeno tre paesi voleranno sul Tempest. Ma il colpo grosso, per il consorzio Tempest, sarebbe quello di imbarcare un grande paese fuori dall’area Nato: da mesi si vocifera di un possibile ingresso del Giappone. Una Quadruplice Intesa dei cieli sarebbe in grado di spostare il baricentro dei caccia di sesta generazione a favore del Tempest a scapito del caccia “Ue” concorrente e che dovrebbe essere costruito da Francia e Germania (si veda box in pagina). Il coinvolgimento di Tokyo nel caccia di futura generazione è una tessera del puzzle più ampio della Brexit: da mesi il Governo britannico sta trattando con il Sol Levante un accordo commerciale.
Nel mondo delle commesse militari è normale che rispetto alle “prenotazioni” iniziali, i Governi poi riducano gli ordinativi. Nel caso UK è però anche uno dei tanti effetti domino della pandemia. Il Covid ha stra-indebitato tutti i paesi occidentali e costretto tutti i governi a rivedere i budget. Con 350 miliardi messi sul piatto, 9 milioni di lavoratori in furlough (equivalente della CIG), una pesante recessione alle porte e un debito pubblico che a fine anno sfonderà la soglia del 100% del Pil per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale, a Whithehall, il complesso di palazzi sede del governo di Sua Maestà, hanno dovuto fare una scelta. Il ministero della Difesa, guidato da Ben Wallace, fedelissimo di Boris Johnson, si è chiesto se avesse senso comprare aerei “stranieri” quando nel 2035 arriveranno comunque dei caccia di nuova generazione e pure “Made in Britain”. L’industria della Difesa si basa su programmi decennali, che pianificano un continuo ricambio degli armamenti: la decisione del Governo Johnson scombina i piani delle aziende della difesa, ma alla fine è una questione di costi. Il listino prezzi del F-35 parte da 77 milioni di sterline a velivolo: la configurazione scelta dall’aviazione britannica, il modello F-35 B Light, a decollo verticale, velocità di 1200 miglia all’ora ed equipaggiato con missili e bombe teleguidate, costa però più del doppio: 190 milioni di sterline. La fornitura totale peserebbe sulle casse dell’HMRC, il tesoro inglese, per oltre 20 miliardi di sterline. Il dimezzamento della commessa, il cui costo scende a 9 miliardi, è stato deciso sulla base di un parametro puramente legale: 48 è il numero minimo di velivoli che l’Uk si era impegnata a comprare. L’impegno era stato sottoscritto nel 2015 dall’allora Governo conservatore di David Cameron. Anche oggi ci sono i Tory al governo, ma quell’aereo è diventato una zavorra per i conti pubblici. E in attesa del 2035, il premier Johnson ha deciso che l’aviazione inglese continuerà coi gloriosi Typhoon, resi celebri dalla guerra del Golfo del 1991 contro Saddam Hussein.
Il taglio salomonico ha anche implicazioni geopolitiche: l’F-35 è un aereo quasi totalmente americano, prodotto dalla Lockeed Martin, la più grande industria di armamenti statunitense (ma un 15% del programma è partecipato dalla medesima UK con un investimento di 2 miliardi di sterline, e alcune parti sono fornite da Leonardo medesima). La minore spesa difficilmente piacerà a Donald Trump, che peraltro sta vendendo con successo l’aereo in Medio Oriente, proprio mentre Johnson ha bisogno di avere l’America al suo fianco, in vista dell’imminente addio “al buio” alla Ue.
Il terremoto nella Difesa ha spaccato a metà la maggioranza: il parlamentare Tory Tobias Ellwood, presidente della commissione Difesa, ha già alzato le barricate contro il taglio degli F-35, che ridurrebbe gli squadroni di jet militari a 6 (erano 36 nel 1991) ma alcuni think tank, come il Royal United Services Institute, vedono di buon occhio la riduzione.