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 2020  settembre 20 Domenica calendario

La via di Sinisa per ricominciare

O gni volta che vedo o leggo un’intervista a Sinisa Mihajlovic penso a Jacqueline Kennedy. Dopo l’omicidio del marito a Dallas era diventata la vedova d’America, l’avevano inserita in una cornice a lutto, si attendevano spremute di dolore, eremitaggi, perle di saggezza, eterna riconoscenza al clan di Boston che le offriva degnazione. Stanca del mito e del rito si strappò il velo nero e uscì dal personaggio sposando con fragore Aristotele Onassis, l’uomo più odiato da Robert, dai Kennedy e da chiunque lo avesse mai conosciuto (di lì a poco, lei inclusa). Barattò l’ammirazione con la libertà. A chi voleva beatificarla in vita suggerì di ripassare, semmai.
Mihajlovic è stato il vincitore morale del campionato scorso. La sua reazione al male, esemplare. Non ci fosse stato il coronavirus sarebbe stata la storia dell’anno. Non ci fosse stato il coronavirus, non avrebbe avuto il risvolto estivo: il contagio in Sardegna, le polemiche, la reazione non esemplare. Dopo il superamento di un trauma alcuni (pochi) cercano un senso più alto nelle cose; altri (i più), vi sprofondano per poter andare oltre. Mihajlovic si è ammorbidito per un periodo, poi per tornare a vivere è tornato se stesso. Non è stato strano lui, ma chi si aspettava qualcosa di diverso. Ci sono personaggi pubblici che cercano disperatamente di piacere a tutti e altri a cui la sola idea appare imperdonabile. Era così l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani. A un giornalista italiano che gli domandava: «Lo sa che da noi lei è un modello?», rispose ringhiando: «Why?», perché. L’allenatore del Bologna gli assomiglia. Ha la sua base di affetti familiari, i suoi pochi amici («e con l’età è difficile farsene altri»). La malattia l’ha reso oggetto di una empatia collettiva che ha conosciuto poche eccezioni, legate al tifo o alla politica, per chi sa distinguerle. Gli ha prodotto rappacificazioni, tributi onorari e uno status che non aveva mai avuto, né cercato. Dev’essergli apparsa chiara una connessione tra la sofferenza e il consenso. Allontanarsi dall’uno significava anche farlo dall’altra, spezzare il binomio, al di là del bene, del male e dei loro impensati legami.
Ha esagerato, come gli viene naturale, con parole e opere, ma in certe fasi della vita si diventa(o ci si crede) insindacabili. Questo era ed è: uno che giocava a pallone e ora schiera e motiva altri che giocano a pallone. Non ha soluzioni per i misteri dell’esistenza, né per la fase difensiva della sua squadra che prende gol da oltre 30 partite di fila. Non fa miracoli: se non ha un centravanti, non se lo sa inventare. La santità è una questione postuma. In vita si collezionano diversivi: una partita allontana di 90 minuti il disinganno.