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 2020  settembre 19 Sabato calendario

In morte di Ruth Bader Ginsburg

Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera
Il giudice della Corte Suprema Usa Ruth Bader Ginsburg si è spenta nella sua casa a Washington. Aveva 87 anni e da tempo soffriva per un cancro al pancreas che l’aveva portata in ospedale varie volte. Era stata nominata alla Suprema Corte dal presidente Bill Clinton nel 1993, ed era considerata uno dei pilastri dell’ala progressista fra i nove membri. È stata solo la seconda donna a essere nominata dopo Sandra Day O’Connor, che era stata scelta da Ronald Reagan.  Ruth Bader Ginsburg passerà alla storia della giustizia americana in quanto paladina dei diritti delle donne.
A Ruth Bader Ginsburg piaceva essere chiamata «la giudice del dissenso». Ma in realtà, per almeno trent’anni, è stata una delle più formidabili costruttrici dell’America moderna. Aveva la capacità, di questi tempi piuttosto rara, di trasformare i grandi ideali in cose visibili. Leggi e sentenze nel suo caso. Pari opportunità tra donne e uomini, dignità e tutela per ogni tipo di lavoro, garanzie per i diritti universali, compreso il matrimonio tra omosessuali. Nel 1993 Bill Clinton la nominò giudice della Corte Suprema, il massimo organismo giuridico degli Stati Uniti. Prima di lei ci era arrivata solo un’altra donna, Sandra Day O’ Connor, scelta da Ronald Reagan.
Attivista e pragmatica, secchiona e grintosa, amante dei guantini di pizzo e delle felpe da ginnastica. È morta ieri a 87 anni, nella sua casa di Washington, sconfitta dal tumore al pancreas, l’ultimo di una serie cospicua. Se n’è andata raccomandando a una delle nipoti: «Il mio più fervente desiderio è di non venire sostituita fino a quando non si sarà insediato il nuovo presidente». Ma Trump si sta già muovendo per consolidare la maggioranza conservatrice tra i nove togati.
Ieri il presidente ha avuto parole di ammirazione nei suoi confronti, dimenticando quella volta che Ruth gli aveva dato pubblicamente dell’«impostore». Poi la magistrata riconobbe di aver esagerato e se ne scusò. Così come attenuò il primo giudizio («ma che stupidata») sulla protesta di Colin Kaepernick, il giocatore di football che si era inginocchiato durante l’esecuzione dell’inno nazionale.
Non era solo un genio giuridico. Era anche, e forse soprattutto, uno spirito libero. Ecco perché negli ultimi anni entusiasmava i giovani. La sua immagine è tra i tatuaggi più popolari e compare su magliette, tazze, sacche da spiaggia. Una star sorprendente, che teneva banco anche sui social. «Non posso uscire di casa, che c’è qualcuno che vuole farsi una foto con me», aveva raccontato a Yahoo!.
Nata a Brooklyn da una famiglia di ebrei russi, studia alla Cornell University, dove, diciassettenne, incontra Martin Ginsburg, l’uomo che sposerà tre anni dopo e con cui avrà due figli. Nel 1956 si iscrive alla Harvard Law School, insieme con il marito, il suo sostenitore più acceso. «A un certo punto ero pronta per il lavoro — raccontò in un’ intervista alla Cbs — E quante offerte ricevetti? Zero. Avevo tre cose contro di me. Primo: ero un’ebrea. Secondo: ero una donna. Ma la cosa peggiore era la terza: avevo un figlio di quattro anni».
Nel 1972 fonda una delle associazioni chiave di quegli anni, «Women’s Rights Project», con l’American Civil Liberties Union. Comincia il suo lavoro in profondità, il suo tratto intellettuale distintivo. Un solo esempio, ma di capitale importanza. Ruth Bader Ginsburg criticava la sentenza chiave in materia di aborto, la Roe v. Wade del 1973. Il diritto all’autodeterminazione non doveva discendere dal concetto di libertà personale o di privacy, bensì dalla protezione fisica e morale garantita ai cittadini dalla Costituzione.
Il suo principale avversario-interlocutore era Antonin Scalia, la quinta essenza della dottrina conservatrice. I due hanno animato fiere discussioni e coltivato un’intensa amicizia, oltre che la passione comune per l’opera. Nel 2015 la rivista Time inserì Ginsburg tra i 100 personaggi più influenti e chiese proprio a Scalia di scriverne il profilo. Un’impresa. Difficile afferrare fino in fondo una personalità come quella di Ruth. Nelle sentenze adottava un linguaggio ricercato, non convenzionale. Due volte alla settimana si presentava in una palestra di Washington: venti flessioni, qualche esercizio alla panca, indossando una felpa con la scritta: «Super diva».

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Anna Guaita, Il Messaggero 
Sulla sua giovinezza e sulle sue prime lotte è stato anche realizzato un film nel 2018, “On the basisof sex” (in italiano: “Una Giusta Causa”), in cui la sua parte era interpretatada Felicity Jones. Si apre adesso un periodo che sarà indubbiamente arroventato. Quando nel febbraio del 2016 morì il giudice conservatore Antonin Scalia, l’allora presidente Barack Obama nominò per succedergli il moderato Merrick Garland, ma la maggioranza repubblicana al Senato, guidata dal senatore del Kentucky Mitch McConnell rifiutò di considerare la candidatura e approvarla sostenendo che Obama era alla fine della sua presidenza (sarebbe scaduta il 20 gennaio 2017)  e quindi non aveva diritto ad aggiungere un giudice alla Corte. In realtà non esiste nessun simile regolamento, ma avendo la maggioranza McConnel potè bloccare il presidente. Adesso si vedrà se McConnel rispetterà la stessa regola, con Donald Trump in corsa per la rielezione il 3 novembre. In teoria, anche l’attuale presidente non dovrebbe poter nominare un nuovo giudice, almeno fino a che non si sappia se è stato rieletto. Ma Trump ha comunicato qualche qualche giorno fa di avere una lista pronta con circa 20 nomi, fra i quali aveva incluso anche il senatore del Texas Ted Cruz.