ItaliaOggi, 19 settembre 2020
Sempre più atei nei paesi islamici
È un pensiero scomodo, ma per molti versi l’Islam è parente stretto del Cristianesimo. Come l’odio all’interno delle famiglie è spesso più feroce di quello verso gli esterni, le due parti si combattono (per l’appunto con ferocia) a partire dalle prime mosse diplomatiche di Maometto, che nel 628 spedì una lettera minatoria al titolare dell’impero romano d’Oriente, Eraclio di Bisanzio, invitandolo ad abbracciare la «vera» fede o a pagarne le conseguenze… Pare che la comunicazione di Maometto (all’epoca uno sconosciuto straccione in un deserto lontano) fosse stata ricevuta con ilarità a Bisanzio, mentre quella all’imperatore della Persia, Cosroe II, provocò un serio travaso di bile imperiale.
Ad ogni modo, da allora, la marcia delle due grandi fedi procede perlopiù in parallelo, per quanto con un certo sfasamento temporale. Per dire, ciò che succede al Cristianesimo capita prima o poi anche all’Islam. È il caso dell’ateismo. Da tempo non è più un obbligo essenziale nei paesi occidentali essere cristiani per far pienamente parte della società. Ci si può pure «dimettere», smettendo di praticare la fede dominante. In contrasto, sono ancora dodici i paesi islamici dove l’apostasia (il ripudio del proprio credo) è almeno in teoria punibile con la morte, e altri tredici quelli dove è semplicemente illegale: punibile con pene che vanno dalla tortura e l’incarcerazione all’annullamento dei matrimoni e la perdita delle eredità oppure della custodia dei figli.
Malgrado tutto ciò, l’Islam oggi in molti paesi affronta una crescente ondata di ateismo. Secondo una ricerca dell’Arab Barometer condotta per conto della Bbc in dieci paesi islamici e nei territori palestinesi, tra il 2013 e il 2018-19 la percentuale della popolazione che si identifica come «senza religione» è cresciuta dall’8% al 13%. L’aumento è ancora più radicale tra quelli di età minore di 30 anni, arrivando al 18%. Solo lo Yemen ha visto un incremento della religiosità tradizionale. In non pochi casi il risultato potrebbe dipendere più dall’accresciuta possibilità di ammettere l’apostasia senza troppi rischi che non da una fondamentale revisione del proprio rapporto con Allah.
Per i conservatori islamici, quel che è (quasi) peggio è che il cambiamento è legato anche a un’evoluzione dei ruoli sociali. Dei paesi studiati, solo uno (l’Algeria) rifiuta ancora a maggioranza l’idea di un capo di Stato femmina. Ma se una donna può governare il Paese, in casa non deve regnare. Con la sola eccezione del Marocco, tutti i paesi studiati ritengono ancora che in famiglia sia il marito a comandare. Dal punto di vista intellettuale, la chiave di volta pare sia stata l’evoluzionismo. La teoria darwiniana, e il tipo di pensiero razionalistico che l’ha generata, non può essere distinta dallo studio delle scienze e della tecnologia ma, com’è stato nel mondo cristiano, fa terribilmente a pugni con la percezione che fu Dio/Allah ad avere creato l’umanità a sua immagine. Disgraziatamente, se si vuole che funzionino i macchinari e la rete telefonica, bisogna lasciare che i ragazzi studino…
La tensione etica che ne emerge potrebbe essere perfino la spiegazione di uno strano aspetto del terrorismo islamico: la presenza straordinariamente alta di studenti di ingegneria tra i suoi praticanti. Quando gli si danno in mano i libri «sbagliati», non si sa mai come va a finire.