la Repubblica, 19 settembre 2020
Discovery corteggia Berlusconi
Un tycoon americano piomba come un fulmine nella contesa tutta europea tra Mediaset e Vivendi. Dopo quattro anni di stressanti battaglie legali i manager dei due gruppi stanno ricominciando a dialogare per cercare di trovare una strada che permetta di mettere una pietra tombale sul passato e porre le fondamenta per un futuro insieme. Ma al di là della buona volontà, è difficile recuperare il terreno perduto. La pay tv, che nel 2016 avrebbe dovuto costituire la base dell’alleanza unendo le piattaforme di Mediaset Premium e Canal Plus, è in forte difficoltà per la crescita impetuosa dello streaming a pagamento. La tv commerciale via etere, nella quale Mediaset ha giocato la parte del leone negli ultimi 35 anni in Italia, è anch’essa declinante per il calo della raccolta pubblicitaria. Insomma, se anche scoppiasse la pace tra Silvio Berlusconi e Vincent Bolloré, i due non saprebbero bene dove indirizzare la prua negli anni a venire.
Consapevole di questo fatto, John Malone, 79enne ingegnere che dal 1973 al 1996 è stato numero uno di Tele-Communications, un gigante dei servizi via cavo e dei media, e oggi guida il gruppo Discovery, sta cercando di inserirsi nella difficile partita italo francese. Discovery è già presente in Italia con 13 diversi canali, tra cui Eurosport e la Nove, e secondo gli analisti la complementarietà con Mediaset offre un terreno ideale per un matrimonio tra i due gruppi. Con il rafforzamento in Italia, Spagna e Germania (dove Mediaset ha il 25% di Prosieben), la copertura europea di Discovery, che può già contare su una Tv e un Ott in Polonia, 14 reti nei paesi nordici, la presenza in Uk, diventerebbe ottimale.
E così, in pieno Covid, a maggio scorso, Malone ha mandato in avanscoperta una banca d’affari per illustrare ai dirigenti Mediaset i vantaggi di una eventuale fusione Discovery-Mediaset. I numeri a bocce ferme mostrano che l’aggregazione farebbe nascere un mega gruppo da 13,1 miliardi di ricavi, 4,2 miliardi di Ebitda, con un patrimonio netto di 15,7 miliardi e un valore totale di impresa da 34,2 miliardi. Ai valori di Borsa di maggio scorso, dunque senza alcun premio, Fininvest diventerebbe il secondo azionista della public company, davanti anche a Malone che ha il 2,7%. Ma la famiglia Berlusconi finora ha preso tempo nella speranza di un esito positivo del progetto Mfe, bocciato sul finire dell’estate dalle sentenze dei tribunali. Ora però il momento è cruciale: meglio procedere nelle trattative con Vivendi o meglio sedersi al tavolo con Malone? Forse si vorrebbero fare entrambe le cose, trovare un accordo con i francesi e poi aprire la porta alle trattative con gli americani. La decisione dipende da che cosa vuole essere Mediaset nei prossimi 10 o 20 anni in un mondo dei media dominato da gruppi enormi. Davvero vuole buttarsi insieme a Vivendi nella creazione di contenuti premium per le tv a pagamento? O è meglio essere un azionista importante in un gruppo mondiale di media mantenendo comunque la gestione delle attività italiane, come potrebbe proporre Malone alla famiglia Berlusconi? Il dossier Discovery merita una risposta.