Il Post, 17 settembre 2020
Prendereste un volo che non va da nessuna parte?
Alcune compagnie aeree hanno cominciato a vendere biglietti senza destinazione, i cui voli atterrano nello stesso aeroporto da cui sono partiti. Pochi giorni fa lo Strait Times, il quotidiano di Singapore, ha scritto che la compagnia aerea Singapore Airlines potrebbe aprire una nuova tratta che ha come punto di partenza e di destinazione l’aeroporto di Changi. Singapore Airlines non ha ancora fatto un annuncio ufficiale, ma un portavoce ha detto a Cnbc che la compagnia sta prendendo in considerazione “numerose iniziative”.
La ragione esplicita di organizzare un volo senza destinazione è vendere biglietti a chi desidera fare l’esperienza del viaggio aereo senza le seccature provocate dalle restrizioni agli spostamenti tra un paese e l’altro, che soprattutto in alcuni paesi asiatici sono ancora molto severe. I viaggiatori appassionati possono godersi qualche ora in aeroplano mentre le compagnie, in difficoltà economica a causa della pandemia, hanno un’occasione in più per vendere qualche biglietto.
Negli ultimi mesi diverse compagnie aeree hanno organizzato voli senza destinazione. Ad agosto la taiwanese Eva Air ha organizzato un volo da e per Taipei su un jet di linea tutto decorato con immagini di Hello Kitty: è durato 2 ore e 45 minuti e ha sorvolato alcuni luoghi panoramici di Taiwan e delle isole giapponesi Ryukyu, mentre a bordo uno chef stellato serviva il pasto. La Royal Brunei Airlines ha organizzato un volo panoramico sull’isola di Borneo con cena annessa, e i biglietti, a detta della compagnia, sono stati venduti in 48 ore. La giapponese Air Nippon Airways ha organizzato un volo di 90 minuti con partenza e ritorno su Tokyo, a tema hawaiano. E poi c’è la compagnia australiana Qantas, che organizza ormai da anni voli panoramici sull’Antartide.
C’è un’altra ragione per cui le compagnie aeree organizzano questi voli: dall’inizio dell’anno, a causa della pandemia il traffico aereo si è ridotto a tal punto che i piloti rischiano di perdere la loro licenza. Ad aprile di quest’anno, ha scritto la Cnn, circa 40 compagnie aeree avevano interrotto tutti i voli di linea, e la maggior parte delle altre li aveva ridotti dell’80-90 per cento. Da allora le cose sono migliorate, ma il traffico aereo non è ancora tornato ai livelli di prima della pandemia. Questo è un problema perché i piloti sono obbligati a volare frequentemente per mantenere l’abilitazione. Le licenze sono molte e variano a seconda del tipo di aeroplano, ma generalmente per poter volare un pilota deve aver eseguito almeno tre decolli e tre atterraggi nei 90 giorni precedenti il viaggio. Per poter volare di notte servono ulteriori decolli e atterraggi, sempre nei 90 giorni prima.
La maggior parte delle abilitazioni si può ottenere anche con tre-quattro giorni di addestramento a un simulatore di volo, come ha scritto DW, ma i simulatori adatti sono pochi e usarli può costare anche centinaia di euro l’ora, e per riabilitare tutti i piloti potrebbero volerci mesi. Per questa ragione, nei mesi della pandemia tutte le agenzie di volo internazionali hanno concesso ai piloti delle deroghe alla scadenza di alcune licenze. Certe compagnie, come per esempio la sudcoreana Asiana, tra giugno e luglio hanno fatto partire dei jumbo jet vuoti che giravano ad anello per mantenere valide le licenze dei piloti.
Quasi tutte le compagnie aeree del mondo hanno annunciato o previsto grossi tagli al personale. A luglio il New York Times ha scritto che la pandemia potrebbe provocare la perdita del lavoro o la riduzione delle ore di volo per decine di migliaia di piloti. Ricostruendo tutti gli annunci di licenziamenti, Bloomberg ha calcolato che a causa della pandemia perderanno il lavoro 400 mila impiegati del settore: 130 mila in Nordamerica, 117 mila in Europa e 101 mila in Asia. Il dato comprende il personale di volo ma non c’è un numero specifico per i piloti. In Italia, a maggio Alitalia ha messo in cassa integrazione 6.826 dipendenti, tra cui 499 comandanti e 624 piloti.