ItaliaOggi, 18 settembre 2020
Periscopio
«Non si dice giocattoli, si dice balocchi: un professore come te, mi deludi se dici giocattoli». «Voi toscani avete sempre ragione». Walter Siti, Scuola di nudo. Rizzoli, 2014.
Attenti a quelli che cercano continuamente la folla, da soli non sono nessuno. Charles Bukowski.
Se vuoi vedere, capire, stare dentro Roma, una certa Roma, devi cenare qui. A patto di riuscire a prenotare. E di avere una carta di credito senza tetto, preferibilmente altrui. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.
La fragilità fisica della vecchiaia trascina con se quella emotiva. Si perde ogni spavalderia, ogni sicurezza. Non potendo più contare sul nostro corpo, si ha paura di tutto. Massimo Fini, Ragazzo. Marsilio, 2007.
Ho conosciuto Francesco Merlo una vita fa, nei lontanissimi anni del Corriere della sera dove lui scriveva editoriali con la matita appuntita, che sempre temperava perché non perdesse il graffio, e io contribuivo a metterli in pagina. Carlo Verdelli, Roma non perdona. Feltrinelli. 2019.
«Cosa pensi oggi di Bersani e D’Alema, tuo antico amore?», chiedo. «Oibò», esclama Claudio, «meriti ne hanno. Hanno traghettato il partito dal comunismo alla socialdemocrazia e, in alternanza con Berlusconi, governato il Paese in questo aspro ventennio. Alla fine però, si sono logorati. Da lustri non producono nulla di nulla, né un’idea, né un progetto. Non li frequento da anni ma li trovo intristiti, invecchiati male, senza serenità. Hanno il complesso di Atlante: pensano di portarsi il mondo sulle spalle, senza capire che il mondo li ignora e cammina per i fatti suoi». Claudio Velardi (Giancarlo Perna). Libero.
I giornalisti vanno a sfigurare in tv per farsi vedere perché ormai se non hai l’immagine, se non vai in televisione, se non sei un influencer non sei nessuno, anche se magari sei un grande giornalista. Questa gente vuole essere qualcuno, io non lo so perché, magari hanno una vita squallida. Natalia Aspesi (Arnaldo Greco). Linkiesta.
Fanfani frequentava la nostra casa di Portofino. Veniva a dipingere, e ci lasciava i suoi quadri. A casa nostra incontrò Maria Pia. Lei rimase stregata e ci annunciò: «Sposerò quest’uomo». Lui, all’inizio, pareva indifferente. Quando regalò il primo quadro pure a lei, capimmo che si era innamorato. Tre mesi dopo erano marito e moglie. Marida Recchi, 102 anni (Aldo Cazzullo). Corsera.
A maggio del 1943 frequentavo il liceo classico Manin a Cremona. Le scuole finirono di colpo, gli esami vennero aboliti, fummo tutti promossi. Che felicità! Invece arrivarono il 25 luglio e l’8 settembre. Il momento più duro, quello delle scelte. In classe eravamo 28: tre aderirono alla Repubblica sociale italiana, tre andarono sulle montagne a combattere, i restanti 22 si nascosero per non essere arruolati. Io feci la scelta sbagliata. Mi schierai con la Rsi. Volontario. Con la firma di mio padre: non avevo ancora compiuto 18 anni. Uscii sottotenente dal corso Impeto, pensi che nome, dell’Accademia militare di Modena. Noi in divisa, gli altri in borghese. Il nemico non lo vedevi, chiunque poteva spararti per strada. Fu una guerra sporca, vinta bombardando la scuola elementare di Gorla e uccidendo 184 fanciulli. Perciò la perdemmo tutti. Vezio Bonera, scrittore cieco, 95 anni (Stefano Lorenzetto). Corsera.
«Quando mia madre Veronica Lazar è andata a vivere da sola» dice Alexandra Celi «con noi due bambini, tornavamo da scuola che dormiva ancora. C’era nebbia di sigarette sempre, ne fumava 60 al giorno. A cena venivano Benigni, Antonioni, Bernardo Bertolucci e sua moglie. Dario Argento, che l’ha voluta per Inferno. Io mi mettevo i suoi vestiti, apparecchiavo e sparecchiavo. Cercavo il mio posto nel mondo. Poi a un certo punto è andata in Africa, mandata non so come dal ministero degli Esteri in missione. A me e mio fratello ha detto «andate da papà», ma anche lui non c’era, era fuori per lavoro. Dunque stavamo soli». Concita De Gregorio, la Repubblica.
Non invano: è il titolo del nuovo libro di Giovanni Lindo Ferretti ed è già la chiara rivendicazione di un cammino impervio e affascinante. Sessantasette anni, Giovanni è il fondatore, insieme a Massimo Zamboni, di due delle band più importanti della musica italiana, i Cccp-Fedeli alla linea e i Csi (Consorzio Suonatori Indipendenti). Vive da solo a Cerreto Alpi, un piccolo paese di 107 anime sull’Appennino tosco-emiliano. Ama cavalcare, ha fatto dischi, concerti, spettacoli equestri e scrive libri. Luca Valtorta. Repubblica.
Oggi sono a casa con Laura, la mia grande amica con cui condivido tutto. Dovrei dire grande amore ma a novant’anni ci si sente un po’ ridicoli. Mi colpisce che oggi tutto il mondo sia confinato a casa. Non era mai successo prima. E io non finisco di sorprendermi, come mi capitava da ragazzo. Bernardo Valli, inviato speciale internazionale (Simonetta Fiori). Repubblica.
«Dopo la guerra civile spagnola» scrisse George Orwell «non posso onestamente dire d’aver fatto grandi cose, tranne scrivere, allevare galline e coltivare verdura. Ciò che ho visto in Spagna e conosciuto in seguito del funzionamento interno dei partiti di sinistra mi ha fatto detestare profondamente la politica». Detestava anche l’intellighenzia, che della politica provvidenziale era (ed è) la fanfara. Una volta scrisse: «Alcune idee sono talmente stupide che solo gl’intellettuali possono crederci». Diego Gabutti. Informazionecorretta.it
Il finanziere Jacob Furrer sganciò i primi imponenti prestiti a Sigismondo d’Austria, sovrano spendereccio. In cambio ottenne lo sfruttamento dei giacimenti di argento in Tirolo. Ma a un certo punto l’imperatore non riesce a restituire la somma prestata per cui è costretto a concedere ai Fugger il diritto di controllare, per decreto imperiale, anche le miniere ungheresi di rame. Metallo remunerativo come l’argento, se non altro perché, fuso con lo stagno, diventa il bronzo con cui si producono cannoni e spingarde. Marco Cicala, Eterna Spagna. Neri Pozza, 2019
Sai quando si è iscritto al Pci? Prima di sposarmi, nel ’48, l’epoca della «grande paura». Il Pci imbarcava industriali a dozzine, che prendevano la tessera a scopo assicurativo. E sai perché lo stimano nonostante sia un industriale? Perché contribuisce. Tutti gli anni sono ottanta, cento abbonamenti all’Unità. E non basta, lui ha l’industria degli inchiostri, fornisce l’Unità e a dicembre manda all’amministrazione la fattura con su, di pugno suo: «Annullata, auguri dal compagno Cesare Lonati». Guido Morselli, Il comunista. Bompiani, 1976.
Si può anche cambiare idea. L’importante è averne. Roberto Gervaso.