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 2020  settembre 18 Venerdì calendario

La scoperta su Venere spiegata da Amedeo Balbi

Il 20 luglio del 1969, durante la diretta dello sbarco dell’Apollo 11 sulla Luna, Giuseppe Ungaretti – che alla luna, “piuma di cielo”, aveva dedicato liriche sublimi – apparve in Tv seduto a tavola davanti a un piatto di pasta: “Non si dirada il mistero, ma si infittisce”, disse. C’era chi temeva che la Scienza spinta a un tale livello di progresso potesse erodere la magia dall’universo. Due giorni fa è stato pubblicato su Nature Astronomy uno studio in cui si dimostra la presenza nell’atmosfera di Venere di una molecola, la fosfina, che sulla Terra è associata alla vita. È una scoperta rivoluzionaria, di cui ci facciamo spiegare la portata da Amedeo Balbi, professore di Astronomia e Astrofisica all’Università di Roma “Tor Vergata”.
Professor Balbi, cosa è stato scoperto?
C’è una molecola che si chiama fosfina, che è un composto del fosforo, nell’atmosfera di Venere. Osservando le righe spettrali, cioè il modo in cui la luce viene modificata nel passaggio attraverso l’atmosfera di Venere, s’è vista un’impronta legata agli elementi presenti nell’atmosfera, una linea che corrisponde alla fosfina.
Sulla Terra la fosfina è prodotta dall’attività antropica, o anche da altri fenomeni biologici?
Viene prodotta dall’uomo, per esempio a livello industriale, o da processi biologici. È relativamente rara anche sulla Terra.
Qual è l’ente o la Nazione che ha condotto lo studio?
Un’équipe internazionale che comprende ricercatori del Regno Unito, degli Usa e del Giappone.
C’è un margine di errore?
Sì. Stiamo cercando di identificare un elemento a distanza, osservando la luce. La spettroscopia è usatissima in astronomia, ma la misura del singolo elemento può essere delicata.
È la prima volta che viene osservata nel nostro sistema solare?
No, è già stata osservata nelle atmosfere di Giove e Saturno. Ma lì ce lo aspettavamo, conosciamo i meccanismi che possono produrla. Nel caso di Venere è stata una scoperta sorprendente.
Nel suo libro Dove sono tutti quanti, del 2016, si interrogava sulla presenza di vita sugli altri pianeti e ipotizzava che gli strati nuvolosi di Venere potessero avere condizioni compatibili con la vita. Su che base?
Esiste uno studio classico degli anni 60, a firma anche di Carl Sagan. Siccome ci sono forme di vita che vivono nelle nubi terrestri, per analogia si è ipotizzato che potessero esservi anche su Venere.
Quanto sopravvive la fosfina nell’atmosfera venusiana?
Questo è il punto. Poiché la fosfina è un elemento reattivo, deve esserci qualcosa che la produce attivamente.
Potrebbe essere il residuo di un’attività biologica risalente a un periodo in cui Venere è stato abitabile?
Potrebbe darsi che la vita sia apparsa su Venere miliardi di anni fa e poi non è andata estinta quando le condizioni sono cambiate, si è semplicemente adattata spostandosi nelle nubi.
Quando si dice vita s’intende una forma di intelligenza?
No, a meno di non ritenere i batteri intelligenti.
Andare a vedere, cioè avvenerare sul pianeta a 170 milioni di chilometri da qui, è possibile?
È stato tentato dai sovietici negli anni 70 e 80: hanno mandato delle sonde per, come ha detto? avvenerare; ma a 500 gradi di temperatura e 90 atmosfere di pressione le sonde hanno resistito qualche decina di minuti. Mentre l’atmosfera si può esplorare facilmente.
Quanto ci vuole ad arrivarci?
Qualcosa come 100 giorni. È più facile che andare su Marte.
Se ci fossero batteri, di cosa si nutrirebbero?
Questa è la cosa che fa guardare al tutto con più scetticismo. Come fai ad avere un ecosistema nelle nubi di Venere? Dovrebbero essere organismi autotrofi, come alcuni sulla Terra, in grado di sintetizzare da sé ciò che gli serve.
Lei ha firmato con un ricercatore italiano che lavora in Svizzera uno studio statistico in base al quale potrebbero esserci centomila esopianeti, estranei al sistema solare, abitati. È possibile che ci siano forme di vita antropomorfe su pianeti simili al nostro?
Nel sistema solare no. Fuori, la questione è aperta. Ma l’evoluzione segue cammini che sono dettati in larga parte del caso, non mi aspetterei di trovare su un altro pianeta attorno a un’altra stella forme di vita uguali a noi.
Qual è il contributo di questa scoperta per la conoscenza?
La ricerca è orientata a capire quali sono le firme associabili alla vita su pianeti su cui non puoi andare con le sonde. Se è vita o processo chimico ignoto, in ogni caso abbiamo guadagnato qualcosa dal punto di vista della conoscenza. La scoperta più grande sarebbe la presenza della vita, ma la ricerca avanza anche con cose noiose.
Crede che il mondo si sia assuefatto alle notizie, che siano bufale o grandi scoperte, e sia privo del candore di cui parlò Ungaretti al tempo della conquista dello spazio?
Viviamo un momento particolare, forse siamo provati dalla situazione causata dalla pandemia. È difficile alzare lo sguardo e pensare ad altro che non sia il nostro complicato quotidiano.
Hannah Arendt scrisse che il telescopio di Galileo spostò il baricentro umano: era la leva che sollevava il mondo dalla sua centralità fornendo il punto di vista dello spazio. Questa è una scoperta di analoga portata?
Se scoprissimo che è un risultato della vita, vorrebbe dire che la vita è davvero più comune di come pensavamo.
Più comune, ma anche più potente e tenace.
E più in grado di adattarsi a condizioni estreme. Negli anni 70 abbiamo scoperto gli organismi estremofili, in Antartide sulle rocce, sui fondali oceanici senza luce… La Terra ha una biosfera molto sviluppata, la vita riesce a trovare nicchie strane in cui adattarsi; un pianeta che è tutto ostile e che potrebbe avere solo quel tipo di vita è un’ipotesi molto più affascinante.