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 2020  settembre 17 Giovedì calendario

La Grande muraglia verde resta un miraggio in Africa

Quindici anni dopo il suo lancio, il faraonico progetto della Grande muraglia verde resta un miraggio. La cortina di alberi e verde destinata a estendersi lungo circa 8 mila chilometri dal Senegal a Gibuti per fermare il degrado delle terre sotto l’effetto della pressione antropica e del cambiamento climatico rappresenta ora una linea discontinua di progetti più o meno realizzati. In Mali, Nigeria, Mauritania o a Gibuti questa iniziativa, alla quale si sono associati gli 11 paesi del Sahel, si riduce a piccole porzioni di qualche migliaio di ettari di rimboschimento.Il primo rapporto di valutazione, presentato lo scorso 7 settembre, svela un ben magro bilancio: solo 4 milioni di ettari sono stati sistemati, contro i 100 milioni previsti entro il 2030 da questo ambizioso programma ecologico di lotta alla povertà.
I governi locali, a eccezione di quelli del Senegal e dell’Etiopia, non hanno posto il progetto in cima alle loro priorità. L’assenza di condivisione politica ad alto livello, la mancanza di mezzi umani e finanziari e l’aumento dei conflitti e dell’insicurezza nel Sahel centrale hanno fatto il resto. Gli investimenti mobilitati fino a oggi sono ben lontani dai 4 miliardi di dollari promessi nel 2015 nel quadro dell’Accordo di Parigi sul clima. «Questo sogno non arriverà mai a concretizzarsi se le popolazioni non si convinceranno che esso offre loro un avvenire migliore», spiega a Le Figaro Patrice Burger, presidente di Cari, una ong impegnata nella lotta contro la desertificazione.
Benché secondo alcuni scienziati la Grande muraglia verde si basi sulla tesi di una desertificazione del Sahel che gli studi condotti dalla fine degli anni 80 contraddicono, in molti restano convinti della bontà del progetto, il solo, osserva Monique Barburt, ex segretaria esecutiva della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione, «che permetta di offrire dieci milioni di posti di lavoro ai giovani entro il 2030, di trattare la questione dell’adattamento al cambiamento climatico e di assicurare la sicurezza alimentare nel Sahel».