Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  settembre 17 Giovedì calendario

Intervista a Marcello Lippi

T ra una pesca in alto mare e una chiacchiera con figlio e nipoti, Marcello Lippi si gode lo scampolo di estate che ancora riscalda Viareggio e si diverte a leggere il futuro. Il tecnico campione del mondo prova a mettersi nei panni dei colleghi alle prese con un inizio di stagione insolito. Che segue un’annata fuori dal comune e impossibile da ignorare.
Che sensazione le ha lasciato l’ultimo travagliato campionato?
«Positiva. Ha dimostrato la forza morale e organizzativa del calcio italiano. Non è stato facile programmare il finale di stagione dopo uno simile tsunami. Eppure ce l’abbiamo fatta. Brava la Federcalcio e lucida l’Uefa che ha capito, posticipando le coppe, di voler privilegiare i campionati nazionali».
Già che ci siamo, le è piaciuta la fase finale delle coppe con il turno secco?
«Sì, molto. Buon calcio ed emozioni: formula da riproporre».
Sabato riparte la serie A: come se la immagina?
«Sarà inevitabilmente condizionata dalla scorsa stagione. Per molti motivi».
Da quale cominciamo?
«Dal mercato. Ormai gli allenatori ci sono abituati, ma questa volta tra la prima giornata e la fine delle trattative c’è davvero tanto tempo. E quindi troppe incognite, non sai su quali uomini puoi contare. E poi la preparazione».
Che deve essere variata?
«Più che altro deve adeguarsi alle anomalie. C’è chi ha finito nella seconda metà di agosto, pensi all’Inter, ed è già in pista. Poi ci si è messa anche la Nations League che ha portato via i giocatori e ora ne avremmo fatto volentieri ameno. Per questi motivi, e più di quanto non avvenga già di solito, serve una preparazione intelligente: l’allenatore insieme con preparatori e staff medico, deve saper programmare. Almeno un lato positivo, però, c’è stato».
E quale?
«Si è ritornati alle amichevoli con le squadre delle categorie inferiori e sono finite quelle dannose, seppur redditizie, trasferte in giro per il mondo».
Per la seconda volta di fila, la Juventus campione d’Italia cambia l’allenatore. Che conclusione trae?
«Nessuna. Una società abituata a stare ai vertici come la Juve ha in mente certe idee e fa conseguenti valutazioni».
Sarri: innesto non riuscito pur se di successo. Perché?
«Non sta a me dirlo».
Pirlo è una scommessa solo bianconera o di tutto il calcio italiano?
«Di tutti. Alla Juve fanno le scelte a ragion veduta e io sono sicuro che se qualcosa non dovesse funzionare, non sarà per colpa di Andrea».
Perché questa certezza?
«Andrea ha le idee chiare in testa, sa come comportarsi con i giocatori del suo livello».
Di Pirlo, lei disse: "È un leader silenzioso, abituato a parlare con i piedi». Ora non basterà, però.
«Conosco Andrea molto bene, è silenzioso per modo di dire. Quando vuole, e serve, è molto loquace».
Che difficoltà incontrerà?
«Quelle tipiche del calcio, ma lui ha tutte le capacità per risolverle».
Parla lo stesso linguaggio tecnico di Ronaldo: sarà per il portoghese quello che per lui fu Zidane al Real ?
«Sì. il paragone ci sta. Entreranno in sintonia subito».
Meglio Dzeko o Suarez vicino a CR7?
«Non tocca a me scegliere».
Allora l’Inter: peseranno le baruffe di fine stagione tra Conte e la società?
«No. La società ha capito che Antonio è molto istintivo, ha una grinta che trasmette alla squadra, sempre molto aggressiva. Rivale della Juve? Aspettiamo la fine del mercato, ma giocatori come Kolarov e Vidal saranno molto importanti».
Il Milan ha confermato Pioli dopo aver corteggiato Rangnick. Hanno fatto bene?
«È stata la vittoria della saggezza. Giusto dare un’altra chance a un allenatore serio come Pioli. Il Milan è stata la squadra migliore nella seconda parte del campionato».
Ha preso Tonali: le piace?
«Moltissimo. Sa giocare a tutto campo, ha buone accelerazioni con la palla, è veloce e possiede un buon tiro».
Il calcio sta cambiando: a fare la differenza non è più il possesso palla, ma la velocità nel recuperarlo. Liverpool e Bayern insegnano: tendenza ormai definitiva?
«Contano due fasi soprattutto: perdo la palla, attacco la palla. Si va in porta con 3-4 passaggi, si gioca con tre attaccanti che tagliano il campo. Mi piace, è molto simile al mio gioco».
Calcio molto europeo e poco italiano, è così?
«Siamo un po’ indietro rispetto a questa evoluzione, ma stiamo recuperando. L’Atalanta in questo senso sta già seguendo quel filone».
A proposito: faticherà a confermarsi?
«Non credo. Ormai ha acquisito una dimensione da grande squadra. E la corsa in Champions le darà ancora più sicurezza».
Pirlo l’ultimo, Camoranesi il penultimo: l’elenco dei suoi giocatori diventati allenatori si allunga.
«Saranno oltre 50 ormai. Erano tutti uomini prima che giocatori, per questo non mi meraviglia la loro carriera».
Domanda scontata: in chi di loro si identifica Marcello Lippi?
«Gattuso. Mi assomiglia caratterialmente e per come riesce a comunicare con i giocatori. E quindi a tramettere loro certi valori».
Lei ha sfiorato il ritorno in nazionale nella gestione Ventura, poi si è riparlato del ruolo da direttore tecnico con Mancini...
«Alt. Sarà il presidente federale Gravina a chiarire la situazione».