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 2020  settembre 17 Giovedì calendario

Aria tossica e crisi, è fuga dalla California

«California dreamin’», cantavano i "Mamas & the Papas" nel 1965, e il loro punto non era solo la voglia matta di scappare dall’inverno grigio di New York con le foglie marroni in terra. Nel frattempo la temperatura si è tragicamente alzata nel "Golden State", ma gli incendi devastanti delle ultime settimane sono solo uno dei motivi che minacciano il futuro del sogno californiano.
Secondo i dati del Census Bureau durante il 2018, per la prima volta in un decennio, la gente scappata dallo Stato ha superato quella arrivata: 691.000 persone uscite, contro 501.000 arrivate. La popolazione totale ha continuato ad aumentare grazie alle nascite, però a mala pena. Questa tendenza è proseguita nel 2019, prima ancora della crisi del Covid, spingendo lo stesso governatore Newsom a chiedersi se il mito della California non rischi di svanire: «Non c’è nulla di inevitabile nel nostro sogno. Mai come ora, sta a noi difenderlo».
Quinta economia del mondo
Sideralmente lontana dalla costa orientale, la California si era imposta nella mappa degli Stati Uniti con la corsa all’oro del 1849. Grosso modo la stessa che aveva arricchito il nonno di Trump, aprendo però un bordello nel Klondike. Era diventata il Golden State non solo per il miraggio del prezioso metallo, ma soprattutto perché incarnava una versione del sogno americano molto più rapida e meno sobria di quella dei pellegrini del Mayflower. La sua cifra è rimasta sempre questa e si è confermata nel tempo, dai contadini in fuga dalla "Dust Bowl" immortalati in "Furore" di Steinbeck, fino alla magia di Hollywood, la "Summer of Love" di Haight-Ashbury, l’industria spaziale e militare, o la visione futuristica della Silicon Valley. Sempre avanti agli altri, sempre anticipatrice ed esagerata, anche come esperimento sociale. Così è diventata non solo lo Stato americano più ricco, ma la quinta economia del mondo, che scalzerebbe l’Italia o il Canada dal G7, se fosse indipendente come sognano ancora i nostalgici della California Republic.
In realtà il Golden State non è stato sempre la riserva liberal di oggi. Aveva fatto da culla prima a Nixon e poi a Reagan, e l’Orange County era un’incubatrice del conservatorismo, mentre all’Hoover Institution aveva chiuso la carriera Milton Friedman. L’ultimo repubblicano ad averla conquistata però è stato Arnold Schwarzenegger, un convinto ambientalista che nel frattempo ha litigato con Trump per gli ascolti del programma "The New Celebrity Apprentice", e nel Gop di oggi non gli farebbero neppure lavare i pavimenti.
Qui è racchiusa in parte anche la contraddizione dello Stato più progressista degli Usa, che però sta diventando inaccessibile, perché è anche il più ricco, costoso ed elitario. La tendenza durava da tempo, ma la rivoluzione digitale e la Silicon Valley l’hanno accelerata. Il reddito medio della California è 75.277 dollari all’anno, e il valore medio delle case a San Francisco è 1,3 milioni, circa il doppio della stessa Los Angeles. Le tasse ovviamente sono alte, per pagare servizi e manutenzione. Il risultato statistico rilevato dal Census Bureau è che chi guadagna più di 200.000 dollari all’anno viene, mentre chi ne incassa meno di 55.000 scappa. Le destinazioni preferite sono il Texas, 86.164 traslochi nell’ultimo anno, e l’Arizona, 68.516. Cosa che stressa assai i repubblicani, perché questo travaso di liberal californiani molto motivati rischia di rovesciare gli equilibri politici, contribuendo a cambiare la faccia elettorale degli Stati vicini tradizionalmente conservatori.
Il problema è complicato dal fatto che la California è anche uno Stato agricolo, perciò avrebbe bisogno degli immigrati ispanici per lavorare i campi di verdura o le vigne della Napa Valley. Ma pur proteggendo gli illegali con le "città santuario", per sfidare Trump e guadagnare voti tra i latini in crescita demografica, mantenerli sul piano economico è sempre più difficile.
L’emergenza incendi
A ciò si aggiunge il riscaldamento globale, che sta desertificando regioni un tempo fertili e abitate, e contribuisce agli incendi, che hanno già bruciato 3,1 milioni di acri di terreno, rendendo irrespirabile l’aria. Se non bastasse, adesso si è sommato pure il Covid. In California il virus ha contagiato oltre 770.000 persone, il numero più alto di tutti i 50 Stati americani, danneggiando in maniera proporzionale l’economia.
Trump, che nel 2016 aveva perso lo Stato con un distacco del 30% da Hillary Clinton, cerca di scaricare le colpe sul governatore e i sindaci democratici, minacciando di tagliare i fondi. Ma a parte il fatto che il 57% delle foreste incendiate sono di proprietà federale, ossia sua responsabilità, non ha alcuna speranza di conquistare la California. Piuttosto la crisi che attraversa potrebbe pesare sull’economia nazionale, complicando la sua rielezione. Darla sulla via del tramonto sarebbe esagerato, anche perché con 39 milioni di abitanti resta lo Stato più popolato, ricco, e pieno di risorse naturali, umane, creative. Forse però il cielo grigio dell’inverno non basterebbe più ai "Mamas & the Papas", per cantare oggi «California dreamin’».