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 2020  settembre 17 Giovedì calendario

Cosa prevede il piano europeo per il clima

Ursula von der Leyen ieri ha annunciato un taglio ancora più forte delle emissioni di anidride carbonica, il gas accusato di riscaldare il clima del mondo. In cifre: -55% entro il 2030.
È un obiettivo “sfidante”, cioè sarà molto difficile da conseguire. Ma il sacrificio a finalità ambientale che sarà imposto ai cittadini e all’economia sarà lubrificato da finanziamenti verdi come non se n’erano mai visti. Un terzo dei fondi New Generation – il piano anticrisi deciso in luglio – sarà riservato a soli progetti di valore ambientale.
Le parole di von der Leyen
Ieri mattina la presidente della Commissione ha presentato con un intervento ampio e forte lo stato dell’Unione. Una parte fondante dell’intervento è stata dedicata al tema ambientale. Da giorni girava la soluzione 55%, con interventi contrapposti del mondo industriale europeo. Finora l’obiettivo europeo era arrivare a ridurre del 40% le emissioni scaldaclima entro il 2030 rispetto alle emissioni di riferimento, quelle del ’90. Obiettivo finale, la neutralità climatica entro il 2050.
«Possiamo farcela, abbiamo la tecnologia e gli investimenti per riuscire, ma ciò permetterà all’Europa di essere leader mondiale in questo sforzo». Ha detto: è necessario e possibile cambiare passo.
Evitare la riverniciata verde
Poiché tutto il mondo gode del beneficio ambientale mentre la sola Europa soffrirebbe nell’impegno, ecco il capitolo del ristoro economico.
Dell’intero investimento Next Generation Eu da 750 miliardi il programma prevede di mettere sul mercato green bond per 225 miliardi di euro, concentrati soprattutto nei prossimi tre anni. I meccanismi cercheranno di evitare fenomeni di greenwashing, la semplice riverniciata ecologica alla facciata dell’economia, e con gli investitori saranno definiti i criteri per certificare in ogni finanziamento l’impatto davvero positivo sull’ambiente.
Già in giugno il Parlamento europeo aveva approvato il regolamento sulla tassonomia, un termine della biologia che definisce una classificazione, un punteggio, una graduatoria. La tassonomia europea della finanza verde allinea le attività economiche sostenibili per attribuire loro un valore univoco secondo il beneficio ambientale.
Fra interessi contrapposti e visioni del mondo non conciliabili, le politiche ambientali europee non sono però così univoche. Due esempi “divisivi”: il nucleare e i biocarburanti.
Ambiguità da chiarire
L’energia atomica ha tanti ostacoli ma non emette un fil di fumo e non è energia fossile, perché non deriva dai resti di esseri viventi del passato come carbone, metano e petrolio. Paesi nucleari come la Francia hanno emissioni invidiabili di anidride carbonica mentre Paesi a tutto carbone come la Polonia hanno emissioni furibonde di CO2. La Germania è ambigua: ha deciso di chiudere le importanti centrali a carbone per ridurre le emissioni, ma ha deciso di chiudere anche quelle nucleari che potrebbero alleviare le emissioni, e probabilmente dovrà puntare (di facciata, per appagare il mondo verde) sulle fonti rinnovabili e (di struttura produttiva, per far marciare le fabbriche) su consumi furiosi di altro metano russo in arrivo da lontano con il Nord Stream.
Che cosa l’Europa verde finanzierà più volentieri? L’abbandono del carbone polacco, la promozione del nucleare o il metano?
Un caso simile è quello dei biocarburanti, gli idrocarburi estratti dai vegetali o prodotti per sintesi usando idrogeno e il carbonio della CO2 tolto dall’aria. Fino a che punto sono sostenibili? Perché molti definiscono insostenibili i biocarburanti estratti da vegetali anche commestibili?
Nota a margine
In Italia il programma verde annunciato ieri da von der Leyen ha suscitato qualche mugugno di chi avrebbe voluto un piano ancora più “sfidante” ma soprattutto soddisfazione di chi ha detto di averne ispirato le linee di fondo. Se ne sono attribuiti lembi di paternità partiti politici di ogni tinta, tonalità e sfumatura e perfino qualche ministro.