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 2020  settembre 16 Mercoledì calendario

La Scozia perdona le streghe che ispirarono Shakespeare

Dilaga la mania del pentimento ex post. La moda americana, frutto dell’ipercorrettismo della cultura democratica, sta prendendo piede anche in Europa, anzi nel Regno Unito. In Scozia, infatti, cinque secoli dopo il Witchcraft Act emanato nel 1563 e rimasto in vigore fino al 1736 impazza la campagna per il perdono postumo da offrire alle streghe scozzesi, sì avete letto bene, le streghe condannate al rogo al tempo del satanic panic che ispirò a Giacomo VI la Daemonologia e a William Shakespeare il prologo del Macbeth e le altre scene con le profetesse infernali intente ai loro diabolici manicaretti.
Perdonare a posteriori è un moto dell’animo dettato dalla morale corrente, dai diritti umani, dal principio dell’eguaglianza di genere, dal giusto processo e prima ancora dal principio, noto ai cultori di Beccaria, del proporzionalismo della pena. Ma la cosa singolare è che i principi odierni e i sacrosanti valori dell’Illuminismo e dell’homo democraticus, anziché irrorare il vivere civile nostro contemporaneo, inducano i fanatici a proiettarli in epoche remoto, dove quei principi e quei valori non avevano diritto di cittadinanza. E guai a chi si oppone! Rischia di essere tacciato di oscurantismo, razzismo, misoginia e quant’altro. Di questo passo finiremo per non poter più mettere in scena le tragedie greche
L’anacronismo, ridicolo agli occhi dei moderati più avveduti, credo sia dettato dall’onnipresenza del tempo presente, che non lascia spazio a una dimensione diversa. E infatti, i paladini dell’ipercorrettismo democratico postumo non solo chiedono il perdono alle streghe, condannate al rogo nel Seicento, e dunque impossibilitate a un giusto risarcimento, ma vorrebbero anche erigere un monumento nazionale in loro memoria. Dovremmo riconoscere che ciò che accadde a quelle donne fu un terribile errore giudiziario, ha dichiarato la paladina della loro causa, Claire Mitchell, la simpatica avvocatessa, insignita del titolo di Queens Council, nonostante la forte vocazione mediatica e il capello violetto. Del resto, esiste un precedente. A Salem, in Massachussets, c’è stato un atto di apologia formale per le 200 streghe accusate e per le 20 streghe condannate a morte tre secoli prima, quando ancora quella provincia era una colonia britannica. Nel 1986, il sindaco istituì un comitato per il Trecentenario dei processi alle streghe per creare un memoriale permanente, che venne inaugurato nel 1992 dal Premio Nobel e sopravvissuto alla Shoah Elie Wiesel. In Scozia questo riconoscimento non c’è stato, è invece urgente, visto che almeno due terzi dei circa 4000 accusati furono condannati a morte ingiustamente.
Ora l’ingiustizia è fuori discussione. Quello che invece lascia perplessi è l’assunto di fondo, la pretesa cioè di giudicare il passato in nome dei nostri valori e di principi nati dalla ribellione contro quel passato. Dietro un sacrosanto anelito morale, e cioè l’intenzione di bandire l’odio, la discriminazione, difendere il giusto processo, garantire una giustizia giusta, tutelare i diritti degli accusati, rischia di accreditarsi un’idea non solo ridicola, visto l’ anacronismo che la regge, ma anche pericolosa, per le conseguenze che potrebbe generare. Bollando come errori le azioni dei nostri predecessori, non rischiamo di precluderci la possibilità di capirne le ragioni, dunque di comprendere il passato, oltreché denunciare la radicale estraneità del nostro presente rispetto a usi e costumi abietti e remoti? Ma in questo modo non finiremo per smarrire la dimensione del tempo, costitutiva della conoscenza storica, e assecondare, senza nemmeno volerlo, la cecità nei confronti di noi stessi, che è sempre stata la premessa a ben più tragiche manipolazioni?