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 2020  settembre 15 Martedì calendario

I vinili hanno superato i cd

Il fruscio, l’increspatura, l’imperfezione che rende tutto più vero. Il culto delle cose che non sono mai scomparse, come invece pensavamo o temevamo. Per la prima volta dagli anni ’80, la vendita dei dischi in vinile ha superato quella dei CD negli Stati Uniti: lo dice un report della RIAA (Recording Industry Association of America).
I dati relativi alla prima metà del 2020, nell’industria della musica registrata, recitano forte e chiaro: «I ricavi degli album in vinile (232 milioni di dollari) costituiscono ben il 62% dei ricavi fisici totali, e mettono a segno che per la prima volta il vinile ha superato i CD. Non succedeva dai lontani anni Ottanta». L’indagine ha chiarito che i dischi in vinile, fino a tempi recentissimi, rappresentavano solo il 4% delle entrate totali nel mondo della musica. E lo streaming tanto in voga tra i nativi digitali? Come prevedibile, non subisce contraccolpi: anzi continua ad aumentare. La musica online ha portato a casa l’85% delle entrate nella prima metà del 2020, generando 4,8 miliardi di dollari, rispetto ai 4,3 miliardi dello stesso periodo nell’anno scorso, quando la quota era sull’80%. Ma, sia pure in crescita, i download digitali ad oggi rappresentano solo il 6% delle entrate.
Fino alla diffusione dei brani in mp3 (il supporto digitale più utilizzato nel mondo) il vinile e il CD si erano contesi quasi equamente gli ultimi cinquant’anni del mercato: nato ed esploso nel Dopoguerra, il «disco nero» non era stato scalzato con tanta rapidità dal supporto più maneggevole e vantaggioso, in fatto di manutenzione e qualità del suono, costituito dal compact disk. A conquistare i fruitori di musica negli anni ’90, sono caratteristiche del CD che il vinile non garantisce: pur considerato suggestivo, pur avendone copiose collezioni in casa, l’utente che non ne sia cultore comincia ad accusarne la fragilità (il disco in vinile si graffia facilmente e richiede pulizia): in Italia, in particolare, il processo di stampa industriale mette in evidenza le sue debolezze quanto a qualità di registrazione. Ma su siti come eBay e nei forum dei collezionisti, neppure la praticità dello streaming riesce a fargli le scarpe. Le ragioni del suo fascino? Non solo romantico feticcio vintage, il suono del vinile è analogico: le pareti dei solchi, cioè, hanno curve che ricalcano la foggia d’onda della musica, e all’interno dei solchi la puntina vibra sul ritmo della melodia. L’attrito che tutti riconosciamo come sottofondo della musica stessa è, in qualche modo, musica nella musica. E c’è di più. I brani del disco, come poi sarebbe avvenuto nelle musicassette, sono divisi tra due facciate; questo aggiunge significato e raziocinio anche nella composizione degli album, perché, come in un film, l’intervallo tra il primo e il secondo tempo concederà al fruitore una pausa per elaborare la storia che, in qualche modo, autori e interpreti hanno raccontato nella loro opera racchiusa in quella circonferenza scura.
Gli ascoltatori statunitensi, addirittura, sono sempre più disposti a pagare per servizi premium pur di godersi la musica senza interruzioni pubblicitarie: dai 58,2 milioni di dollari nella prima metà del 2019, ai 72,1 milione nello stesso periodo di quest’anno. E il successo del vinile continua a crescere anche nel Regno Unito, con un aumento delle vendite nel 2019 del 4,1% rispetto all’anno precedente. Il ritorno a un antico che pare inesorabile e sempre più contagioso. L’ingombrante nell’epoca dell’impalpabile: qualcosa che richiede cura e pazienza, sì, ma che richiama pezzi di storia e ripaga con la magia di un piccolo tesoro.