la Repubblica, 14 settembre 2020
Gare notturne di monopattini nel centro di Roma
«Daje regà». L’urlo raggiunge gli ultimi piani dei palazzi che si affacciano su via del Corso, prima di spegnersi, coperto dal frastuono delle auto incolonnate all’angolo con piazza Venezia. Quel grido è il segnale: semaforo verde. Alberto, 17 anni, assesta una spinta con il piede sinistro. «Via». La tavoletta prende velocità. Corre lungo la linea bianca che separa i due sensi di marcia. Schiva l’ombra di un autobus diretto al Vittoriano. Scarta due passanti che attraversano la strada all’altezza di via di Pietra. I tre amici lo seguono a ruota. Lo affiancano poco prima del semaforo pedonale prima della galleria Alberto Sordi. È rosso ma non si ferma nessuno. Alberto tiene la posizione, taglia il traguardo da vincitore anche se non c’è nessuno a sventolare la bandiera a scacchi di fronte a palazzo Chigi illuminato con il Tricolore. «Si, facciamo le gare, ma mica come nei film – minimizza Alberto, 16 anni, dal Tiburtino, che come gli amici non indossa il casco – ci sfidiamo tra amici, passiamo la serata. Io abito poco prima di San Basilio, lì non c’è niente da fare la sera. Allora veniamo in centro e ci divertiamo un po’». Non sono certo gli unici.
Via del Corso è una delle strade più gettonate dai giovanissimi che dalla fine del lockdown amano trascorrere le notti di movida lanciandosi nelle evoluzioni a bordo degli 8.500 monopattini dislocati in città dai sei operatori autorizzati dal Campidoglio. La strada dello shopping che collega piazza Venezia con piazza del Popolo non è l’unica pista urbana utilizzata dai pirati del monopattino. È sufficiente seguire le lucette di posizione che sfrecciano nel buio al centro di piazza Venezia per scoprire il secondo circuito: i velocisti imboccano i Fori Imperiali diretti al Colosseo.
La birretta sul belvedere Cederna è d’obbligo, poi si torna in pista. Marco, 16 anni, dal Trionfale, la conosce a memoria la lingua d’asfalto che scende piegando verso destra fino alla piazza del Colosseo. «Alla fine t’allarghi un po’ – ricostruisce – e freni quasi al centro della curva. Non troppo. Quanto basta per girarti senza perdere velocità». E tagliare il traguardo di fronte all’ingresso della metro. «Chi arriva ultimo paga la birra», ride Marco, indicando Alessio, uno dei suoi quattro amici, «a cui tocca sempre offrire da bere».C’è chi corre e chi si sfida nel drifting, le sgommate in controsterzo che prima dell’avvento dei monopattini erano prerogativa del popolo delle microcar: i liceali padroni delle piazze gioiello dei Parioli e del Trieste Salario.
Le flotte dei monopattini voluti dalla sindaca Raggi per implementare l’offerta di mobilità sostenibile in città sono ancora quasi tutte concentrate nell’ansa Barrocca. «Il risultato è devastante – attacca il presidente dell’associazione residenti Campo Marzio Roberto Tomassi – sono tutti abbandonati di fronte ai portoni dei residenti: l’altro giorno una nostra associata si è ferita a una caviglia per spostare una tavoletta che le impediva di entrare in casa, in via Bocca di Leone. In via del Corso ci fanno le gare tutte le notti – ripete -. Serve indicare delle precise zone di sosta come a Parigi, e poi serve l’applicazione ferrea del codice della strada».
Le istruzioni per il corretto uso sono indicate sull’applicazione di accesso. Eppure nessuno le conosce. «Davvero non si può andare in due? – domanda Alessandra Russo, un’impiegata 30enne arrivata con il ragazzo da Ladispoli – siamo stati a cena in centro, adesso facciamo un giro a Fontana di Trevi, Campo de’ Fiori, piazza di Spagna». Le aree pedonali patrimonio dell’Unesco sono orfane della segnaletica stradale (anche le bici andrebbero portate a mano) e i pirati del monopattino fanno lo slalom tra la folla.