La Lettura, 14 settembre 2020
Sulla paura
«La paura ha dominato la mia vita da sempre: il primo giorno di scuola, il primo appuntamento, una partita di calcio, la scrittura. Penso che sia un sentimento minatorio, mortuario, difficilmente esorcizzabile» [Alessandro Piperno].
«Perdere la valigia a Fiumicino è qualcosa che paradossalmente mi spaventa di più che perdere la vita. Sono stato per mesi in Afghanistan a lavorare e non ho mai avuto paura, mentre, per esempio, ho paura che mi fermino i carabinieri» [Edoardo Albinati].
«A volte ti fa più paura alzarti l’indomani mattina che morire stanotte» [Sandro Veronesi].
«La paura è un sentimento molto personale, intimo, che si accende quando entrano nel tuo bagno con la parrucca della mamma mentre fai la doccia» [Sandro Veronesi]
«Per me paura significa dover subire, non poter decidere, incidere, controllare» [Michela Murgia]
«Paura di scrivere? Io semmai ho paura di scrivere cose brutte. Ho paura, ma forse anche questa è un’angoscia e non una paura, di non essere all’altezza. All’altezza di ciò che dovrebbe essere la letteratura. Quello però non lo capisci mentre lo fai, ma dopo, anche molto tempo dopo» [Edoardo Albinati]
«La mia paura è quella di non riuscire a finire il lavoro, è quella del cubo di Rubik per cui esiste un solo sistema per risolverlo e se non lo usi puoi concludere la prima facciata, forse la seconda, ma non lo completerai mai. Mi capita in ogni libro di arrivare a un punto da cui mi sembra di non poter andare avanti. Non perché non so cosa scrivere, ma perché ho esaurito la benzina, l’energia. È un momento in cui devo appellarmi all’esperienza e dirmi: ti è già successo, lo sai com’è. È come quando l’aereo che sta atterrando si infila dentro le nuvole e non vedi più niente. Sai che sotto c’è la terra, sopra il cielo e che il pilota non ha bisogno di guardare fuori dal finestrino e atterrerà tranquillo» [Sandro Veronesi]