il Fatto Quotidiano, 13 settembre 2020
Biografia di Mara Venier raccontata da lei medesima
Da brava veneta, alle sette della sera Mara Venier chiede ancora due minuti di tempo: “A quest’ora ci vuole un bicchiere di vino bianco”. Freddo. “Freddissimo”. Con ghiaccio. “Bravo”. Uno e basta. “Con due vado fuori di testa”.
Ultime ore di (relativo) relax prima della nuova stagione di Domenica In, da oggi in onda, uno di quegli appuntamenti da inserire sotto l’ombrellone delle certezze, talmente nazionalpopolare, talmente radicato, da tramutarsi in nome e cognome, Domenica e In. E soprattutto talmente seguita da generare il primo attacco del leader della Lega, Salvini, per l’idea di un messaggio del premier Conte.
Come sta?
In che senso?
Già la prima polemica.
Non me lo aspettavo per niente: mi piaceva la possibilità di un in bocca al lupo di Conte agli studenti. Non penavo di suscitare tutto questo. (Ci pensa) Eppure sono una persona attenta.
Le opposizioni non l’hanno giudicata così attenta.
Ho letto delle reazioni sterili.
L’accusano di essere pentastellata.
Sono tornata in Rai grazie ad Angelo Teodoli e Mario Orfeo, e se invece si riferiscono a Vincenzo Spadafora, con lui sono amica da quindici anni e per me è come un fratello. (Cambia tono) Se sono a Domenica In è perché porto risultati.
Insomma, continua il periodo complicato…
Dopo il lockdown sono pure caduta dalle scale, di testa, e sono viva per miracolo: la frattura al piede è niente rispetto a quello che mi poteva capitare.
E…
Comincio a essere un po’ stanca, non ho più vent’anni.
Tra poco è una splendida 70enne, Moretti docet.
Mi stanno già chiamando tutti: vogliono intervistarmi, dichiarazioni, organizzare una festa.
Risposta?
Ogni volta scatta il gesto dell’ombrello.
Non sia mai.
Zero voglia, non amo molto i compleanni, mi sale la malinconia. (ci pensa) Non ricordo nessuna festa.
Lei cinquantenne cosa direbbe alla lei settantenne?
Che vecchia.
Sicura?
Se al tempo vedevo una settantenne pensavo “oddio, è vecchia”; (cambia tono) è una bella età per una ragazza hippy. Eterna hippy. Figlia dei fiori.
Chi?
Io.
E cosa le è rimasto della figlia dei fiori?
Tutto: la mentalità, il modo di vivere, il mio essere libera; alla base sono la stessa ragazza arrivata a Roma nel 1968.
Uguale, uguale?
Immediatamente mi sono ritrovata in mezzo a un giro di persone alternative, surreali, artisti non solo nell’apparenza, e con una visione del mondo mai scontata.
Ha fatto fumare una canna a sua madre.
Come lo sa?
Lo ha raccontato al “Fatto” due anni fa.
In quel contesto era normale, rispettavamo in pieno i colori di quell’arcobaleno mentale: quindi la chitarra, il fuoco, noi attorno e lo spinello che girava. Quando arrivò a mia madre la guardai e con molta calma la invitai a non rompere il rito, “altrimenti si offendono”.
Perfetto.
Ogni volta che tornava a Roma per trovarmi, mi chiedeva di rivedere quegli amici così simpatici.
La canna rientra ancora nella sua vita?
No, mi bevo un bel bicchiere di vino. (ride con gli occhi)
A cosa pensa?
Un viaggio in Giamaica con Renzo Arbore, Roberto D’Agostino e la sua compagna di allora: lì anche a colazione sentivi nell’aria delle folate di marijuana. Ovunque. Così per Capodanno io e Roberto decidiamo di acquistare dell’erba da fumare a mezzanotte sulla spiaggia.
C’è del romanticismo.
(Sorride) E a chi diamo il bottino? Ad Arbore, che lo inserisce nel taschino della sua camicia hawaiana: al momento del brindisi guardiamo Renzo, e lui ci risponde: “Mi dispiace, ho perso tutto, mi è caduta la bustina”.
Dolore.
Lo volevamo picchiare, lo abbiamo massacrato. (Ci pensa) Da allora ho il sospetto che abbia buttato la marijuana, perché era terrorizzato, non voleva assolutamente.
Sua figlia in un’intervista a Sabelli Fioretti, sostiene: “Mia mamma fa tutta la ye ye, in realtà è tradizionalista e religiosa”.
È vero. Soprattutto nei confronti dei figli: ogni volta che Elisabetta usciva con qualcuno, mi piazzavo in finestra con Jerry (Calà) e poi aspettavamo che tornasse; (sorride) quando usciva dal terzo piano urlavo al malcapitato: “Senta, si comporti bene, me la riporti presto, altrimenti le taglio l’uccello”.
Sua figlia contenta.
Dopo un po’ di tempo, vista la mia reiterazione, ha iniziato a lasciare i corteggiatori dietro l’angolo del palazzo.
Visto il compleanno tondo, ha rispecchiato i suoi sogni da ragazza?
Non ne avevo: mai stata ambiziosa nè sognatrice, la mie varie vite sono sempre state dettate dalla casualità e dal seguire il cuore, a partire dall’arrivo a Roma a 17 anni per seguire mio marito.
Marito attore.
Dopo due anni da sposati, non ne potevo più di stare a Mestre, sola e con Elisabetta: allora sono partita per la Capitale; (cambia tono) un giorno lo accompagno a un provino per un film di Sergio Capogna (Diario di un italiano): alla fine hanno preso me e non lui.
Ha accettato.
Sì, per 5.000 lire di compenso. Eravamo poveri. Non mi tiravo indietro.
Se non aveva sogni, cosa cercava?
C’è un punto di partenza: sono sempre stata insicura, non mi sono mai affidata alla mie presunte doti, per questo ho preferito la casualità. Ancora oggi è così. E mi domando il perché, poi la verità è che il pubblico risponde a Domenica In e a Mara.
“Mara” in terza persona. Scinde lei dal personaggio?
Quando vado in onda sono sicura di me; poi nella vita cambio: non mi sono mai riguardata, mi vergogno troppo.
Si è mai sentita bella?
No, prima ero troppo magra, poi dopo il secondo figlio, a 30 anni, ho scoperto il prosecco e insieme al prosecco pure il brivido di lasciarmi andare.
Solo vino.
Sì, eppure ho visto di tutto, ma non mi ha mai interessato provare le droghe pesanti: a me bastano due bicchieri di vino.
Proposte indecenti dal cinema.
Rifiutato delle parti, temevo il futuro giudizio dei miei figli; credevo di non essere in grado di spiegare quel tipo di scelte.
È una delle poche ad aver lavorato due volte con Nanni Loy.
E ha tentato di coinvolgermi una terza volta, rifiutai: “Ancora una parte da prostituta, basta!” “Ma è con Mastroianni”. “Non mi importa”; comunque con me è stato un secondo padre, una delle persone che ho amato di più; con lui ho girato per tre anni delle Candid Camera, esperienza che resta fondamentale: se oggi sono in televisione, lo devo a lui.
Nello specifico…
Per le Candid Camera è obbligatorio utilizzare tutta la faccia tosta a disposizione: dopo quei tre anni non temevo quasi più nulla.
Il momento di maggiore imbarazzo.
A Bologna, in mezzo alla strada, semi-nuda, coperta da una vestaglia, e dalla finestra un tizio, nel ruolo di mio marito, che mi lanciava di tutto, compresa la pelliccia. A quel punto fermavo le signore del mercato e le pregavo: “Gli dica che sono stata con lei l’intera notte! La prego!”.
Si è mai vendicata con Loy?
Una sera ho finto un arresto con la polizia; fuori dal ristorante trovo due volanti: “Sta uscendo Nanni Loy, per favore dite che mi avete fermato perché molesta e ubriaca”. Accettano. E mi ammanettano. Arriva Nanny e immediatamente vengo assalita da un attacco di ridarella: per mascherarlo lo tramuto in un pianto disperato.
E Loy?
Angosciato ha iniziato a urlare: “Lasciatela! Vi denunciooooo”. (Ride) Non me l’ha mai perdonato.
Però ha rinunciato a Mastroianni.
In qualche modo ho recuperato tempo dopo: per Domenica In lo intervisto a casa di Giovanna Cau (avvocato e agente). Mentre sono lì, davanti a lui, si rompe la telecamera; il responsabile va via con la promessa: “Torno subito”. Promessa mancata: è stato via cinque ore.
Quindi…
Mi scusavo a ripetizione, mentre lui a un certo punto mi guarda, e muta la narrazione: “Se avessi avuto vent’anni de meno…”
E lei?
Ho sorriso: “Marce’, se po’ fa’ pure ‘mo”; il bello, poi, è la lezione di vita successiva: al mio ennesimo “mi dispiace”, mi offre la chiave di lettura: “Non devi agitarti, siamo pagati per aspettare”.
Da attore di cinema.
Anni dopo con Corrado presento i Telegatti, e durante le prime prove scopro nella scaletta la partecipazione di Marcello e Sofia Loren: estasiata racconto a Corrado l’episodio dell’intervista e manifesto la mia passione per i due. Arriva la serata di gala, mi consegnano la scaletta, e sopra c’era scritto che quei due miti li avrei presentati io, e non Corrado. E proprio per volere del signor Mantoni, un galantuomo come nessun altro.
Sono 30 anni dalla morte di Tognazzi.
Con lui non ho mai lavorato.
Veramente lei era nel suo film “Cattivi pensieri”.
Oddio, è vero. Ecco quanto tengo alla mia filmografia; (cambia tono) però il protagonista era Luc Merenda, bellissimo, e io cotta di lui, pazza, ma in silenzio: non gli ho mai manifestato la mia passione; (ci pensa) con Ugo siamo diventati amici anni dopo quando lo frequentavamo con Jerry.
Secondo la Ferilli lei ha il cuore caldo.
Esattamente come lei, per questo ci vogliamo bene, e paghiamo un prezzo per il nostro modo di essere; (ride) quando viene a cena da me, per cucinarle quello che le piace, inizio dalla mattina presto
Le dà sempre consigli di politica?
Sarebbe un grandissimo sindaco di Roma. Lei è Roma. Lei è la Lupa.
Libro della vita?
Il rosso e il nero di Stendhal mi accompagna da sempre.
Come si rilassa?
Con le pulizie: alle sei del mattino mi sveglio e spazzo il terrazzo.
A cosa è sopravvissuta?
(Ci pensa a lungo e tra sé e sé ripete più volte la domanda) Non so come dirlo; (altra pausa) sono sopravvissuta alle violenze di un mio ex compagno, e parliamo di tanti anni fa: lì ho pensato potesse finire molto male.
Secondo Franca Leosini una donna deve chiudere al primo schiaffo subito.
Ho ricevuto molto più di uno schiaffo, e il peggio è arrivato dopo che ho chiuso. Ho pagato un prezzo altissimo. Però ha ragione la Leosini.
E invece?
Con questo tipo di personalità scatta la sindrome della crocerossina, “l’io ti cambierò”. In realtà con il tempo muta in peggio; al sopravvissuta aggiungo i tre anni di Alzheimer di mia madre, quando una mattina mi ha salutato con “buongiorno signora” una parte di me è morta.
Primi settant’anni intesi.
E rifarei tutto.
Chi è lei?
Maretta de Venezia.