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 2020  settembre 13 Domenica calendario

Prove di yuan digitale

Trump fa la voce grossa con la Cina e Pechino risponde mettendo a rischio il dominio globale del dollaro. L’accordo non scritto in base al quale gli Usa accettavano un deficit commerciale in continua crescita con la Cina in cambio dell’impegno di Pechino a finanziare il debito americano è stato di fatto rotto dall’amministrazione Trump, non più disposta ad accettare la voragine commerciale nei confronti del resto del mondo. La Cina sembra subire ma in realtà il suo progetto di yuan digitale rappresenta la minaccia più concreta alla potenza economica Usa. E al dollaro che la incarna come valuta di riferimento globale.
La Cina è stata la prima ai tempi di Kublai Khan, a metà del Duecento, a passare dalla moneta commodity a quella di carta, la banconota, sarà con ogni probabilità la prima a decretarne la fine e l’avvio della transizione verso la valuta digitale di Stato. «Le monete digitali stanno arrivando e la Cina sarà alla guida come è stato per la moneta di carta», sancisce David Birch, esperto di innovazione finanziaria, sottolineando come ci riesca grazie alla stretta collaborazione tra provider tecnologici, istituzioni finanziarie e Stato. Nel suo report “The Digital Currency Revolution” sottolinea come Pechino punti a rinverdire i fasti di quando l’Impero cinese era una delle grandi potenze globali con una valuta digitale che faccia da collante alla “Belt and road initiative”, la Via della seta del XXI secolo che dall’Africa attraversa tutti i paesi ad alta crescita del Sud-Est asiatico.
È da anni che la People’s Bank of China sta lavorando all’idea, ma il progetto Libra di Facebook con la sua ambizione di moneta globale ha costretto Pechino ad accelerare i piani di fronte al rischio di essere superato da competitor privati. D’altra parte già oggi in Cina il sistema bancario tradizionale è stato sorpassato dai big tecnologici che in Cina si chiamano Alibaba e Tencent con i wallet digitali di Alipay e WeChat, utilizzati da oltre 600 milioni di cinesi a cui forniscono servizi finanziari integrati con le loro piattaforme di ecommerce e i loro social network.
Per questo la Banca centrale ha messo a punto un modello ibrido che prevede un controllo centralizzato, ma coinvolgendo le banche commerciali che faranno da tramite con gli utenti essendo le uniche ad avere conti in yuan digitali presso la Banca centrale: una cinghia di trasmissione a doppio binario che funziona grazie a un sistema crittografico di blockchain. In sostanza lo schema del progetto pilota avviato la scorsa primavera in quattro città – Shenzhen, Suzhou, Chengdu e Xiongan – prevede che le banche commerciali abbiano conti presso la Banca centrale acquistando la valuta digitale alla pari, trasferibile poi a imprese e individui tramite wallet digitali interoperabili forniti dagli istituti di credito e da soggetti privati, come Alipay e WeChat. Da aprile i wallet sono stati attivati per una fetta di dipendenti pubblici, che da maggio hanno ricevuto così parte del proprio stipendio. Oltre ai colossi telecom nazionali, alle principali banche commerciali e, ovviamente, ad Alibaba e Tencent, al progetto hanno aderito anche Didi Chuxing e Meituan Dianping, la Uber e la Deliveroo locali, oltre alle americane McDonald’s, Starbucks e Subway per garantire la possibilità della spesa al consumo.
L’ambizione è quella di diventare la prima società completamente cash free al mondo. Ma oltre all’efficienza dei servizi finanziari, l’obiettivo strategico di Pechino è ridurre la dipendenza dal dollaro e creare un’area economica alternativa. La prospettiva, come sottolinea Birch, è che «si tratti di una nuova Guerra fredda, che si combatte non tra Libra e Alipay, ma tra renmimbi e dollaro Usa».