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 2020  settembre 13 Domenica calendario

La Serie A è un giallo. Chi sarà l’assassino?

Davvero è sempre domenica: ancora questa, poi si ricomincia. Nell’attesa regneranno i pronostici. Come molte altre cose, questa volta avranno meno senso. Il mercato resta aperto, gli errori di costruzione possono essere corretti in corsa, le squadre vere si capiranno più avanti. E tuttavia, le previsioni: adesso o mai più. Fare pronostici è un’arte, come l’oroscopo, altra cosa a cui nessuno crede, ma tutti seguono. Non conta quel che si dice, ma come. L’esempio principe è Rob Brezsny, pubblicato da decine di testate in tutto il mondo. Ha fatto fortuna dicendo alla Bilancia non: «Avrai sorprese da uno sconosciuto vestito di verde», ma: «Meno le persone sono intelligenti, meno pensano che l’esistenza sia misteriosa». E quindi, come mi regolo? L’incrocio perfetto fu l’astrologo olandese Peter Van Wood, il primo a dimostrare che non contava fare centro, ma fare spettacolo. A lui debbo la più grande illusione di gioventù. Comparve a Domenica In a fine estate del 1981 e quando gli fu chiesto chi avrebbe vinto lo scudetto. Rispose: «Il Bologna». Allora tifoso, mi entusiasmai. Fu la prima retrocessione della storia rossoblù. Anni dopo Van Wood figurava a Quelli che il calcio come presenza fissa, scommettendo contro un pupazzo.
Tra le tante ricorrenze di quest’anno: il trentennale del pendolino di Maurizio Mosca che si ferma sull’impossibile, azzeccando Argentina-Camerun 0-1 all’esordio di Italia ’90. Da quel momento in avanti, come si conviene, in scena ci fu soltanto la recita. Nessuno chiede a una commedia di dire o predire la verità. Il primattore sposta altrove l’attenzione. Tutti guarderanno il coniglio e nessuno chiederà conto della profezia. Per questo, con suprema ironia, Gianni Mura duettava con una palla di lardo. Sapeva bene che il futuro è invisibile, ma noi siamo ossessionati dalla sua ombra. Del passato non ci importa più, manco vorremmo la storia come materia di studio. Il presente ci appare come un imbarazzo da superare guardando avanti. Diteci che cosa ci aspetta. Per questo si fanno sondaggi continui e già si governa in base al dopo. Il risultato di domenica prossima che tutti aspettano verrà dalla urne e c’è quello che ha pronosticato 7 a 0 per lui e quell’altro che ha predetto: ne teniamo 3, facciamo 2, una sicuro.
Il disvelamento dell’avvenire andrebbe trattato come la soluzione di un giallo. Contano gli indizi. Si procede per deduzioni e induzioni. Il già accaduto è traccia di quel che accadrà. Così almeno ragionava August Dupin, a cui Edgar Allan Poe avrebbe fatto indovinare chi ucciderà il campionato. La scorsa edizione è la stanza chiusa, i plausibili assassini sono i primi tre rimasti all’interno. Nessun altro è cresciuto abbastanza per aspirare al ruolo. Che cosa può incriminare o scagionare i tre sospetti? 1) la Juventus può essere l’omicida seriale se sopprime la tentazione di rischiare in nome di idee che non le appartengono e se evita di mettere al centro non tanto dell’attacco quanto dello spogliatoio Luis Suarez, mina vagante che può farlo esplodere 2) l’Inter (Conte) ha fatto una scelta riassumibile così: meglio un uovo oggi che un progetto domani, ossia Vidal e non Tonali.
Esperienza e determinazione. La vita è adesso. Ma se non parte forte e stacca tutti, la maionese (Conte) impazzisce. 3) l’Atalanta ha tutto: il movente, il piano, il compimento della trama, gli eroi, le è mancata fin la qualità decisiva: l’istinto del killer. Si è fermata a un minuto dal delitto perfetto. Un giallista è più astuto di chi fa pronostici: inizia a scrivere quando sa già come andrà a finire.