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 2020  settembre 12 Sabato calendario

Tomás Saraceno, l’artista ragno

«I ragni vivevano nella mia casa o ero io che vivevo nella casa dei ragni?» si è chiesto un giorno Tomás Saraceno. Nato in un piccolo centro argentino ai confini col Cile, sin da piccolo si è lasciato felicemente intrappolare dalle ragnatele: sedotto dalla loro leggerezza, complessità, resistenza. Fino a sentirsi un intruso nel mondo degli insetti. E così, deposto l’orgoglio antropocentrico, si è avventurato come un ospite nell’universo degli aracnidi, trasformando, dopo molti anni e molti studi (arte e architettura), la sua fascinazione infantile in un’estetica. Di più: in un messaggio politico, una visione, un’utopia. Partendo da un serico filo è arrivato a immaginare l’avvento dell’Aerocene, un’era dominata da comportamenti solidali, ecologici e responsabili, che rispettino la nostra atmosfera. E Aria si intitola infatti la mostra fiorentina a Palazzo Strozzi, (fino al 1° novembre, a cura di Arturo Galansino) un’esposizione dove ogni cosa è sospesa, lieve, in una perenne sfida alla legge di gravità: un invito a vivere in un perfetto equilibrio aereo. Proprio come dei ragni. L’incubo di Gregor Samsa, trasformarsi in insetto, è il sogno di Saraceno. E lui sembra quasi volercene far fare esperienza. L’anno scorso ha steso le sue enormi ragnatele di acciaio a grandi altezze al K21 di Düsseldorf, invitando i visitatori a passeggiare sul vuoto. Come aveva fatto d’altronde qualche anno prima all’Hangar Bicocca, dove però ci si muoveva su enormi bolle di plastica piene d’aria. Erano, entrambe, strutture elastiche e flessibili, deformate dal peso dei visitatori, che così si condizionavano a l’un l’altro. Una efficace rappresentazione dello spazio einsteniano, modellato dalla gravità. Ma anche una lezione sull’interconnessione, sulle conseguenze che le nostre azioni hanno sugli altri, sul famoso butterfly effect. E quindi un invito alla responsabilità collettiva.
Non è un caso se viviamo nell’era del web: la ragnatela è il paradigma perfetto del nostro tempo e forse è un modello per il futuro. A Palazzo Strozzi Saraceno non ha potuto stenderne in aria una artificiale ma ha esposto molte di quelle naturali che coltiva nel suo enorme studio berlinese. Un vero e proprio allevamento di ragni chiamati a collaborare, creando trame diverse – ogni insetto ha la sua tessitura – ma legate tra loro. Meravigliosi, finissimi merletti brillano nel buio delle sale, come strutture volanti simili a nuvole, o agli ammassi stellari. D’altronde anche la struttura dell’universo assomiglia a un immenso intreccio di reticoli, e l’artista ce lo ricorda illuminando con luci laser in movimento un fitto groviglio di filamenti, ( How to entangle the universe in a spider/ web?) o proiettando a parete un’immagine della Nube di Magellano ( che impiega 163 mila anni per arrivare a noi), ibridata con le particelle di polvere che si muovono nella stanza. Stabilendo così un impossibile legame visivo tra passato e presente, tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo ( Passages of time).
Siamo in un mondo di frontiera, di wunderkammer ipertecnologiche, dove si mescolano senza problemi scienza ed estetica, bellezza e ingegneria, fondendosi in un’unica esperienza. Servono studio e fantasia e un grande collettivo di lavoro per mettere a punto le installazioni di questo artista- architetto- inventore che si nutre di fisica quantistica e di Italo Calvino («Ho amato il Barone rampante: un inno all’assenza di gravità» ), di informatica e filosofia. A 47 anni dirige un gruppo di lavoro di una cinquantina di persone, ha esposto ovunque nel mondo, praticamente ospite fisso alla Biennale di Venezia, ha collaborato con il Mit, il Max Plank Institute, l’Imperial college di Londra, il Center National d’Études Spatiales di Parigi. E immagina un pianeta di Cloud Cities, città fluttuanti nell’atmosfera che sembrano uscite da un libro di Calvino, appunto. In attesa delle città sospese, l’ assalto al cielo è iniziato davvero: nel modo più pulito possibile. Ha creato dei grandi palloni che riescono a librarsi solo grazie all’aria che contengono, riscaldata dal solo calore del sole e della terra: e qui tre esemplari occupano il cortile rinascimentale, moltiplicandone lo spazio con le loro superfici specchiate. Mongolfiere naturali – a volte costruite riciclando centinaia di sacchetti di plastica in un coloratissimo patchwork – in grado di viaggiare leggere, come i balloning spider che si fanno trasportare dal vento grazie ai lunghi filamenti usati come aquiloni. Con questo tecnica Saraceno ha fatto volare anche uomini e donne, stabilendo record di durata e altezza. Una bella soddisfazione per un sognatore visionario che non ama avere i piedi per terra.
Di fronte alle sue utopie aeree o ai suoi tarocchi di ragnatele – anche la divinazione entra nella sua cosmogonia – qualcuno può sorridere. Ma è difficile non essere conquistati dallo spirito poetico che aleggia, non in tutte le sale ugualmente, a Palazzo Strozzi. Come accade in Sounding the air. Cinque lunghissimi fili di ragnatela sospesi orrizzontalmente, come un pentagramma in 3D, ondeggiano ad ogni soffio d’aria: e la loro vibrazione genera, grazie a un computer, note elettroniche. Musica aracnide: ipnotica, come una tela di ragno.