Robinson, 12 settembre 2020
Il 20 settembre 1870 ora per ora
di Antonio Di Pierro ORE 00:00 La strada Tiradiavoli La Roma pontificia puzza di cavolo bollito, è la città più sporca d’Italia dopo Napoli e ha un alto tasso di criminalità. Reato, poi, è anche avere un rapporto sessuale fuori dal matrimonio. Le strade s’allagano a ogni pioggia un po’ sostenuta e, complice il puntuale straripamento del Tevere, l’acqua può toccare il secondo e anche il terzo piano delle case. Però, nonostante appaia così poco vivibile, Roma è amata dagli intellettuali di tutta Europa: non appena vi mettono piede, non vorrebbero più andarsene. E l’obiettivo principale del movimento risorgimentale è proprio quello di strappare la città al Papa (Pio IX) e di farne la capitale di un nuovo stato unitario sotto la guida di Vittorio Emanuele II. Così proprio adesso, alle ore zero di martedì 20 settembre 1870, Roma è assediata da cinquantamila soldati italiani ripartiti in cinque divisioni militari. Una di queste, guidata da Nino Bixio, sta marciando verso il Gianicolo. Ha appena imboccato la strada Tiradiavoli, il cui nome sembra evocare il nemico più temuto dal pontefice. ORE 01:00 Un avamposto a Villa Patrizi Un drappello di zuavi pontifici che occupa Villa Patrizi, sulla Nomentana, a poche decine di metri da Porta Pia, si sta preparando per il cambio di guardia. Anche un gioiello d’architettura del Settecento rischia di finire nel teatro di guerra. Qui, al tempo del suo Viaggio in Italia, amava spingersi Goethe nelle sue passeggiate alla scoperta degli angoli più suggestivi della Città Eterna. ORE 02:00 A gran rapporto Raffaele Cadorna, comandante supremo dell’esercito italiano, chiama a gran rapporto i suoi generali. C’è esultanza tra gli uomini del 39° reggimento fanteria. Sono stati assegnati all’attacco tra le porte Pia e Salara, dove le mura sono più deboli. Potrebbero essere loro a entrare per primi in Roma, e dunque a coprirsi di gloria. ORE 03:00 Avanzano le truppe «Indistinti rumori, ma continui, palesano che nemico sul fronte procede a operazioni». Il telegramma, trasmesso dalla vedetta di Porta Salara al comando pontificio, è il primo allarme della giornata. Sono le 3.30. ORE 04:00 Le ville in pericolo Tra le ville occupate dall’esercito c’è Villa Borghese. Il principe Borghese l’ha aperta al pubblico. «Ma è vero – dice il diplomatico francese Henry d’Ideville – che scoppierebbe una grossa rivoluzione, una sommossa da parte di tutti i romani se il gran signore s’azzardasse un giorno a chiudere la sua proprietà, che è più della città di Roma che sua». E della stupenda Villa Albani (destinata al comando generale dell’esercito italiano), in via Salaria, Stendhal scrive nelle sue Passeggiate romane che «occorrerebbero venti pagine per descriverla». Insomma, ville e collezioni d’arte stanno per correre un serio pericolo. ORE 05:00 Ha inizio la battaglia La prima vittima della giornata è un artigliere italiano, Michele Plazzoli, colpito in piena fronte da un colpo sparato dall’avamposto pontificio di Villa Patrizi. Sono appena passate le 5 e la battaglia infuria su tutti i fronti. I romani sono in piedi, svegliati dalle cannonate. Il Papa non ha dormito tutta la notte, e quando il cameriere privato è entrato nella sua camera da letto lo ha trovato già in piedi vestito di tutto punto. ORE 06:00 Si combatte davanti al Gianicolo La battaglia s’allarga anche sulla riva destra del Tevere, la più vicina alle stanze del pontefice, quella assegnata a Nino Bixio. Le postazioni pontificie non mostrano di arrendersi con facilità. Il combattimento si fa sempre più aspro, intanto il Santo Padre si è trasferito nel suo studio privato dove tra un po’ dovrebbe ricevere i diplomatici stranieri. Nell’attesa si sta rigirando tra la mani una sciarada, un gioco enigmistico di cui è appassionato che ruota intorno alla parola “tremare”. ORE 07:00 La messa sotto le cannonate Pio IX ha cominciato a celebrare la messa davanti al corpo diplomatico alle 7.15, mentre infuriano le cannonate. Il Santo Padre è molto turbato. Ecco le sue parole, che vibrano di commozione: «Perché mi lasciate dolorosamente quando il nemico mi perseguita? Perché mi abbandonate? Signore, giudicatemi e separate la mia causa da quella degli empi». ORE 08:00 Un falso dispaccio «Porta Pia perduta, nostra artiglieria ritirata». Il telegramma, del generale Giovanni Battista Zappi, contiene una informazione del tutto errata. Quando i pontifici se ne rendono conto si precipitano a riprendere le postazioni abbandonate. La battaglia continua, altri morti, altri feriti. ORE 09:00 Bandiera bianca sul “cupolone” Tra ripensamenti e incomprensioni nella trasmissione dell’ordine, alle 10 si combatte ancora. Così è il Papa in persona a dover ordinare, avendo saputo che Porta Pia non è più difendibile, che sulla cupola di San Pietro si faccia sventolare la bandiera bianca. Intanto, altre vittime. Una di queste, il tenente Augusto Valenziani, cade proprio durante l’assalto a Porta Pia. Il patriota Nino Costa, che sta marciando accanto a lui, l’ha tratto da parte, l’ha abbracciato e gli ha sussurrato: «Ringrazia Iddio che ti fa morire così». ORE 10:00 La breccia a Porta Pia Alle 10.10 il primo soldato italiano, un bersagliere, Federico Cocito, ha raggiunto il ciglio della breccia. Dietro di lui preme la grande avanzata dell’esercito regio. Altri militari entrano attraverso Porta Pia. Roma è conquistata. ORE 11:00 Trattative di pace Tre ufficiali pontifici ( Fortunato Rivalta, Filippo Carpegna, Francesco De Maistre) sono stati incaricati dal comandante pontificio generale Hermann Kanzler di avviare trattive di pace con l’esercito italiano. Ora si trovano a Villa Albani e, nella magnifica sala del Parnaso, stanno aspettando di essere ricevuti dal generale Cadorna. Intanto l’esercito italiano procede all’occupazione militare della città: i primi presìdi si formano in piazza Navona, in piazza del Popolo e al Pincio. ORE 12:00 La gran notizia a Firenze Solo a mezzogiorno la notizia della presa di Roma è giunta a Firenze, capitale del regno d’Italia. In città è subito festa. Il telegrafo non ha funzionato per l’intera mattinata. Intanto le trattative di pace incontrano qualche difficoltà. ORE 13:00 Il fallito attentato In via del Corso, contro il comandante dell’undicesima divisione italiana, generale Enrico Cosenz, vengono sparate due fucilate che non raggiungono l’obiettivo. Dunque ancora si spara. Ma il giornalista Edmondo De Amicis, inviato della rivista Italia militare, è interessato a questo genere di cronaca: «La fontana di Trevi è veramente prodigiosa, non par vera, pare una cosa sognata, una cosa da giardino fatato…». ORE 14:00 Fucilate intorno al Campidoglio La notizia della resa pontificia non è giunta a tutti i reparti. Così, nell’area del Foro di Traiano e sul Colle capitolino, si combatte ancora. D’altra parte la trattativa di pace non è stata ancora conclusa. Alle 14.30 Cadorna non ha voluto firmare il protocollo del Vaticano che contiene la parola “violenza”. ORE 15:00 Si tratta ancora Il generala Kanzler sembrerebbe accettare le condizioni di resa. L’Italia lascia al Papa la Città leonina (cioè tutto il Vaticano compreso Castel Sant’Angelo) e concede gli onori militari. S’arrende a un contingente italiano la milizia pontificia che presidiava il Campidoglio. ORE 16:00 Chi dovrà custodire le armi pontificie Durante la lettura del Trattato di capitolazione il maggiore Fortunato Rivalta, della delegazione vaticana, pone un problema: chi dovrà custodire le armi e le munizioni di Castel Sant’Angelo? Non è un quesito da poco: al Papa infatti viene sottratto l’esercito. ORE 17:00 Firmata la capitolazione Trovato l’accordo. A presidiare le armi custodite a Castel Sant’Angelo sarà un battaglione di anziani soldati pontifici. Intorno alle 17.30 la capitolazione può essere finalmente firmata. Ma in alcune zone di Roma la situazione è ancora fuori controllo. Per esempio, alle 17.15 un battaglione di bersaglieri ha fatto irruzione nel Collegio Romano dove si trovava un gruppo di soldati pontifici. ORE 18:00 I dubbi di Pio IX Il generale Kanzler viene ricevuto dal Papa. È il primo incontro della giornata con il Santo Padre che solo ora apprende le condizioni della resa. Pio IX nutre qualche dubbio su un articolo apparentemente favorevole, quello che lascia alla Santa Sede il Vaticano. La piccola concessione territoriale fatta dal governo italiano, a suo avviso, rischia di portare più problemi che vantaggi. ORE 19:00 Il Papa è in pericolo Una spia pontificia è in Vaticano per informare che si starebbe preparando un attentato al Papa. Le conseguenze sarebbero terribili: migliaia di soldati ammassati nella Città leonina sono ancora armati. ORE 20:00 La ricchezza del principe Borghese Il generale Francesco Bessone, invitato dal principe Marcantonio Borghese nel suo palazzo al rione Regola, appena mette piede nella lussuosa residenza resta senza fiato di fronte alla magnificenza di opere d’arte: da Sandro Botticelli al Pinturicchio, da Giulio Romano a Rembrandt. ORE 21:00 I prigionieri politici Un corteo in via del Corso e una manifestazione in Campidoglio sono in pieno svolgimento. Si chiede la liberazione dei prigionieri politici. ORE 22:00 Ecco Nino Bixio L’area a destra del Tevere comincia a essere invasa. Le truppe sono quelle guidate dal generale Nino Bixio, il più irruento, anticlericale e temuto dal pontefice. Entrano da Porta Portese, si spingono fino alla porta Santo Spirito e in poco tempo presidiano tutti i posti strategici di Borgo. Sulla riva sinistra ancora situazioni fuori controllo. Per esempio un gruppo di manifestanti, in via del Seminario, ha preso a lanciare pietre contro il palazzo Serlupi Crescenzi. ORE 23:00-24:00 Una serata al Colosseo Sulla sponda sinistra del Tevere proseguono i festeggiamenti per salutare la presa di Roma. Due giornalisti, Edmondo De Amicis e Ugo Pesci, si spingono fin sotto il Colosseo. Un panorama emozionante, complice il cielo stellato. Sulla riva destra c’è desolazione tra i soldati, sono ammassati sulla piazza di San Pietro e nessuno sa ancora dove sarà destinato. C’è chi piange. A un tratto qualcuno sussurra l’Inno a Pio IX di Charles Gounod. Uno dopo l’altro i soldati si alzano e cominciano a canticchiare fino a quando il piazzale è avvolto da un coro immenso, migliaia di voci. Le colossali statue degli apostoli sembrano proteggere il Santo Padre. Ma ormai il suo destino è segnato. È la fine di un regno millenario, il più antico d’Europa, lo Stato Pontificio. È l’ultimo giorno del Papa Re. © RIPRODUZIONE RISERVATA La copertina La falsa immagine di un vero evento. La più celebre fotografia della presa di Porta Pia fu una sapiente messinscena, una sorta di rievocazione istantanea, realizzata uno o due giorni dopo il 20 settembre da Gioacchino Altobelli, professionista romano, mettendo in posa (con l’autorizzazione dei comandi militari) un gruppo di bersaglieri. La vera breccia aperta dalle cannonate degli assedianti si trovava una cinquantina di metri più in là: anche in quel luogo Altobelli produsse una recita in favore di fotocamera, ma per l’incipiente pedagogia unitaria funzionò meglio la prima immagine, monumentale ed eloquente