Sette, 11 settembre 2020
Intervista a Virginia Raffaele
Virginia, tra poco sono 40!
«Eh? Ma le sembra il modo di cominciare un’intervista?».
Non li compie il 27 settembre?
«I miei sono 39 bis».
Ah, ecco. E come festeggerà?
«Pensare di fare una festa per festeggiarmi mi fa strano, troppo al centro dell’attenzione».
È un paradosso.
«Sul palco lo sei in un modo diverso, quello è il personaggio. Il compleanno è una cosa intima ed è bello celebrarlo con poche persone».
Ci saranno anche Claudia e Diana, le amiche che cita in ogni intervista?
«Sì, certo».
Dove le ha conosciute?
«In teatro, venivano a vedere i miei spettacoli, ai tempi di Mai dire grande fratello . E da lì siamo rimaste legatissime. Una è commercialista, l’altra è... problem solver. Riescono a fare qualsiasi cosa, da cambiare la lampadina a sostituire una ruota. Le chiamo Joan e Dimitri! Sono due meravigliosi modi di essere umani».
Andiamo più indietro. Il suo primo ricordo? Chiude gli occhi.
«Tanti. Tutti legati al luna park... (i nonni fondarono il LunEur a Roma, ndr ). Uno riguarda Pippo di Topolino, ero fissata... Un Carnevale me lo trovai davanti, mi sembrava gigantesco...».
Chiariamolo una volta per tutte: dormiva in una roulotte?
«No, in una casa lì vicino che i miei genitori avevano comprato con grandi sacrifici e tante cambiali...».
Avrà fatto indigestione di giostre. La sua preferita?
«Le gabbie. Erano collegate a un braccio meccanico, tu dovevi agganciarti a dei maniglioni, schiena contro schiena con un’altra persona, e spingendo dovevi riuscire a fare il giro completo intorno al braccio».
Mentre parla le disegna. È brava a disegnare...
«Questa cosa mi è tornata con il lockdown».
E mostra sul cellulare una galleria di pappagalli coloratissimi, ballerine intese come attrazioni del luna park, mongolfiere. Come ha vissuto quel tempo sospeso?
«All’inizio scorreva, poi le ore sono diventate tutte uguali: potevi andare a dormire a mezzanotte, alle quattro o alle nove... Ho empatizzato con il dolore, ho evitato tante cose social: c’è chi davvero ha tenuto compagnia agli altri, ma c’è chi è stato preso dal virus dell’ego. A me non veniva più da ridere. Era una dimensione talmente totalizzante che mi ha chiuso in una riflessione romantica».
Romantica, come?
«Ci sono state giornate fantastiche, abito all’ultimo piano e potevo vedere il cielo. È come se la natura avesse detto: ma che è, se ne sono andati tutti?, possiamo uscire?».
Cosa non dimenticherà?
«Beh, certe immagini non le scordi: i camion di Bergamo, il Papa sotto la pioggia. L’arte è riuscire a trovare un significato».
E lei quale si è dato?
«Non dare niente per scontato: dall’abbraccio alla libertà di uscire di casa, e poi anche quanto siamo realmente indispensabili l’uno all’altro».
Come trascorreva le giornate?
«Mi allenavo con il mio personal trainer via Skype, dopo aver pulito ogni angolo del mio appartamento... Poi è arrivata questa botta del disegno, e non vedevo l’ora di sfruttare le mie 4-5 ore al giorno di luce: intrecciare i colori mi ha salvato».
Non ha guardato le serie tv?
«Ah, tante! Chiami il mio agente!, La casa di carta, The Good Wife, La fantastica signora Maisel ...».
E non le ha fatto venire voglia di...
«Sì!».
Perché ha fatto così poco cinema, finora?
«La cosa più vicina l’ho fatta con Come quando fuori piove , il mio gioiellino. Però a me non interessa fare la comica al cinema. Ci sono comici che strafunzionano, ed è il caso del mio amico Checco Zalone. Ma io voglio fare l’attrice che interpreta un ruolo».
Con chi vorrebbe lavorare?
«Sogno Matteo Garrone... Una volta gli ho anche scritto un’email, per manifestargli con slancio sincero tutta la mia ammirazione. Ma non mi ha mai risposto...».
E Sorrentino?
«Ah, ma per lui l’ho fatto un provino! Non mi ha presa, ma è stato bellissimo!».
Racconti tutto!
«Era per Loro . Quando mi hanno chiamato pensai a uno scherzo. Avere vicino Sorrentino è tanta roba...».
Cosa vuol dire?
«Ha carisma, ti carica, è fantastico, ma allo stesso tempo è normale».
Questo weekend a Milano torna il Tempo delle Donne. Parleremo di ri-Generazioni. Lei come si rigenera, quando esce dai corpi delle altre?
«Il mio è un lavoro che più sei in ballo più balli. Quando però spengo la musica, dopo un lavoro molto lungo e tante ore di trucco ogni giorno, mi viene un bel 40 di febbre e resto stesa per un paio di giorni».
Ha un calco per ogni parte del corpo. Come ha resistito a quello alla testa?
«La prima volta mi ha fatto un effetto strano, soprattutto perché per toglierlo lo dividono in due, fronte e retro, e mentre la parte di dietro si era staccata, davanti non ne voleva sapere... Ma se lo affronti con spirito meditativo, diventa una pratica di autocontrollo. Conta molto la fiducia: il mio truccatore storico è Bruno Biagi, al quale si è aggiunto Lorenzo Tamburini».
Quali personaggi richiedono il trucco più lungo?
«Uno che soffro molto è Carla Fracci, per l’invecchiamento della pelle: c’è un bel lavoro di colla, phon e cipria. Tre ore e mezzo. Togliertelo diventa una liberazione».
C’è qualcosa che non rifarebbe?
«No. Tutto mi ha portato ad altro».
Come preferisce essere definita?
«Imitatrice è limitante. Attrice e comica va bene. Performer e artista è bello».
Ha fatto due Sanremo...
«Cinque! Tre da ospite e due da coconduttrice».
Vuole superare Baudo e Mike Bongiorno?
«No, per il momento mi dedico ad altro!».
Vantaggi e svantaggi della notorietà.
«Essere ingrati per una cosa del genere è dura... È bello quando puoi andare a Parigi con la stylist per scegliere i vestiti. Lo è meno stare attenta alla tua vita privata, ma basta non andare dove trovi i paparazzi».
Dove ha trascorso le vacanze?
«Nonostante sia molto legata alla Grecia, non mi sembrava il caso di prendere un aereo. Così sono andata in Toscana in una bella casa con piscina, con i miei genitori e pochi amici. Volevo che i miei ricordassero queste vacanze non per il lockdown, ma per qualcosa di bello fatto insieme».
Cosa deve ai suoi genitori, Paola e Mario?
«La dedizione nel lavoro, la serietà professionale, il valore del sacrificio, l’umiltà, l’onestà con gli altri. A mia mamma in particolare la totale assenza di invidia».
Il coronavirus ha interrotto la tournée del suo «Samusà» , riprenderete a dicembre. Il nome, tra i giostrai, vuol dire «stai zitto». Perché?
«Mi piaceva il suono, c’è il muso dentro, gli accenti... Questo spettacolo è un ricongiungimento con le mie radici. Lavoro con professionisti fantastici: da Federico Tiezzi, il regista, a Marco Rossi, lo scenografo, a Giovanna Buzzi, la costumista...».
Quando ha messo piede l’ultima volta in un luna park?
«L’anno scorso ad Alghero. Non ci entravo dal 2007, quando hanno chiuso quello della mia famiglia. Dentro, sono stata investita dai rumori delle giostre e dal vociare delle persone, ed è come se non me ne fossi mai andata. Lì, parlando con un’altra giostraia, mi sono detta: il mio luna park non c’è più, ma le mie radici sono rimaste e sono lunghissime, abbracciano tutta l’Italia. Questo spettacolo mi ha permesso di rappacificarmi con un dolore».
È superstiziosa?
«Se vedo un gatto nero mi fermo. Poso sempre il sale prima di passarlo a tavola».
Riti scaramantici?
«Toccare il copione in un certo modo, fare un passo anziché un altro... Eduardo diceva che essere scaramantici è da ignoranti, ma non crederci porta male!».