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 2020  settembre 11 Venerdì calendario

L’amore dei cervi

L’amore non è scontato, bisogna saperlo conquistare. Con il carattere. Con il carisma. Con la bellezza. Con la maestosità. E, se necessario, anche con la forza. Parliamo, naturalmente, dei cervi e non dei rapporti uomo/donna. Perché alla fine ne resterà soltanto uno. E sarà lui – e lui soltanto! – che dopo avere affermato la propria supremazia potrà godere dell’intero harem e contribuire attivamente alla progenie. Per gli altri maschi l’accoppiamento è rinviato ad un’altra stagione, sempre che non arrivi un rivale più forte.
Il rituale di accoppiamento dei cervi, i più regali e i più eleganti tra gli animali di montagna e dei boschi – quello che Linneo classifica come Cervus Elaphus è noto anche con il nome di cervo nobile —, è bello e crudele. Per un fortunato che avrà a disposizione diverse femmine, tanti altri andranno in bianco. Ma ci avranno comunque provato. E nel farlo avranno regalato uno degli spettacoli di suoni e di azione più affascinanti del mondo selvatico.
«Si parte dal bramito – spiega Vittorio Ducoli, direttore del Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino —, una sorta di muggito sordo che serve per segnalare la propria presenza ai branchi di femmine ma anche ad eventuali altri maschi in circolazione. Un avvertimento perentorio, tanto quanto però lo può essere la risposta di un giovane che vuole provare a scalare la gerarchia sociale o di un adulto che mette in discussione il rango già raggiunto da un esemplare più anziano». Un gioco di canti e controcanti, una sfida vocale a distanza. Che all’occorrenza si trasforma in scontro fisico, un corpo a corpo a colpi di testate e di cornate. Al calare del sole i suoni della battaglia e prima ancora della sua preparazione riecheggiano nella foresta, che resta incantata in ascolto. «Ascoltiamo anche noi – dice ancora il direttore Parco —: i bramiti ci aiutano ad individuare i maschi presenti nel territorio. Il censimento è fondamentale: un tempo questi ungulati erano quasi scomparsi, cacciati senza limiti per scopi alimentari o per proteggere i raccolti. O, ancora, allontanati dalla presenza di altre attività umane. Oggi non sono più in pericolo, anzi: sulle nostre montagne sono a migliaia, circa 2 mila solo nell’area del nostro Parco, tanto che dobbiamo stare attenti alle conseguenze indirette su altre specie, come il gallo cedrone, minacciato dalla scomparsa di habitat determinata dal loro brucare».
Torniamo al bramito. Un canto, ma soprattutto un inno di battaglia. Le leggi della natura sono spesso determinate dalla necessità di premiare la forza, perché è questa che può garantire la sopravvivenza e, quindi, la continuità delle specie. Nel caso dei cervi, animali miti ma dotati di una mole eccezionale (gli adulti raggiungono i due metri di lunghezza per il metro e mezzo di altezza e i 130 kg di peso), la forza viene soprattutto ostentata. E solo alla fine, come ultima ratio, davvero utilizzata. Un po’ come nella guerra fredda: la minaccia conta più dello scontro reale, il cui esito può essere incerto e quindi va evitato. Una regola preziosa in natura. Ma se questo infine ci sarà, sarà combattuto a testa bassa fino a che sarà decretato un vincitore, che potrà innalzare al cielo il proprio trofeo, come viene detto il palco corneo.
In Trentino a questi rituali è anche possibile assistere dal vivo, grazie alle escursioni guidate organizzate dal Parco Naturale Paneveggio e dal Parco Nazionale dello Stelvio. Sono attività non invasive: ci si muove a piccoli gruppi, con l’oscurità, in lento e silenzioso cammino, fino alle radure al limitare dei boschi. «Questi animali sono icone viventi dell’ambiente montano e non a caso sono il simbolo del nostro parco – sottolinea ancora Ducoli —. Lo spettacolo della natura però è bello solo se la si conosce e la si rispetta. Per questo prepariamo i visitatori prima dell’uscita nei boschi, spieghiamo loro tutto di queste specie, e li dotiamo di termocamere per vedere gli animali a distanza».
Il percorso che porta i cervi all’amore ha un’aura romantica, a tratti quasi cavalleresca, e non a caso riecheggia, in un parallelo con l’uomo, anche nel Cantico dei Cantici. Dopo gli incontri amorosi, le femmine si riuniscono in gruppi per trascorrere insieme l’inverno, in attesa di partorire i loro cerbiatti, dopo circa 33 settimane di gestazione. Femmine con femmine e maschi con maschi: i branchi nel resto dell’anno tendono a dividersi così, per genere. Poi con l’arrivo dell’autunno i maschi che hanno condiviso da «compari» le scorribande in boschi e pendii torneranno a sentire il richiamo dell’eros, e diventeranno avversari. E il ciclo ricomincerà.