Il Messaggero, 11 settembre 2020
La moda e le elezioni Usa
Politics is back in fashion scrive la critica di moda Vanessa Friedman sul New York Times, registrando un cambio di passo della moda in vista delle presidenziali americane del prossimo 3 novembre. Non si tratta più di accessoriare un candidato piuttosto che un altro, la moda scende in campo con uno slogan chiaro e bipartisan: Vote, votate, sensibilizzando in modo particolare le giovani generazioni a esercitare questo diritto. Stampata sugli accessori più amati, dalla t-shirt alle sneaker fino alla mascherina antivirus, la parola Vote suona come un promemoria super glamour, che sfruttando la potenza dei social ci si augura diventi virale per una buona causa.
MAGLIETTE PARLANTI
«Il settimanale The Economist registra come per la prima volta in America il voto sarà dominato dalle generazioni più giovani di 40 anni spiega Maria Cristina Marchetti, docente di Sociologia dei fenomeni politici alla Sapienza di Roma e autrice di Moda e politica edito da Meltemi – parliamo soprattutto dei millennial, i nati tra il 1981 e il 1996 nell’America consumistica, che sono i più raggiungibili dalla comunicazione di moda». Non a caso, tra gli accessori che inneggiano al fashion vote si afferma la maglietta: «È tornata l’idea della t-shirt parlante come ha già insegnato il movimento Black Lives Matter continua l’esperta vi si affidano appelli e slogan secondo un linguaggio tipico delle giovani generazioni. Anche se in maniera non sempre consapevole del significato».
Your voice matter, la tua voce è importante, recita la t-shirt firmata dal designer americano Michael Kors, raccogliendo fondi per la giustizia legale e sociale. «Sostenere la nostra democrazia richiede una partecipazione attiva e pratica», dichiara la stilista statunitense Tory Burch, sostenendo con la t-shirt Vote in edizione limitata, l’iniziativa Eighteen x 18 volta a coinvolgere politicamente i più giovani. Non parlarne solo. Votalo per dirla secondo Levi’s.
Tenta di riannodare un dialogo tra moda e politica, con ago e filo rosso, la nuova iniziativa Fashion Our Future 2020, fondata da Abrima Erwiah del marchio di moda sostenibile Studio 189 con l’attrice attivista Rosario Dawson, che vede alla direzione creativa Virgil Abloh.
LA PARTECIPAZIONE
Il fondatore del marchio Off-White, tra i più desiderati e googlati, chiama all’appello alcuni dei grandi nomi della scena americana. Brandon Maxwell, Proenza Schouler, Rachel Comey, Lemlem e Good American, tra gli altri, si uniscono con l’obiettivo di mettere in vendita una serie di accessori che verranno lanciati durante la fashion week newyorchese il prossimo 13 settembre, favorendo intanto la registrazione al voto, contando su una copertura Instagram di molti milioni di followers.«I giovani si esprimono soprattutto attraverso i vestiti, sia su TikTok che su Instagram Reels» dichiara lo stilista Victor Glemaud che aderisce a Fashion Our Future 2020. Un’idea della misura del potere di un abito, nel pieno della campagna elettorale statunitense, la fornisce anche la piattaforma di ricerca moda globale Lyst. La giacca verde militare dello stilista inglese Alexander Mcqueen indossata da Melania Trump, ha fatto registrare un +266% di menzioni sui social per il brand, nelle ore successive all’apparizione della first lady. «Michelle Obama è sempre stata estremamente consapevole del fatto che tutto quello che indossa diventa presto sold-out e così spesso promuove piccoli marchi semi-sconosciuti molti dei quali hanno designer appartenenti a minoranze culturali» scrive su Twitter Kate Bennet, corrispondente dalla Casa Bianca della CNN, dopo che la collana Vote indossata dall’ex first lady e realizzata dal marchio ByChari – piccolo brand di Los Angeles creato da una donna afroamericana, Chari Cuthbert – è divenuta virale sui social nel giro di pochi minuti.
DONNE AL POTERE
«Gli abiti indossati dalle donne in politica hanno cercato sempre di rassicurare l’elettorato – dichiara la docente Maria Cristina Marchetti un caso particolare è rappresentato da Margaret Thatcher che ha segnato l’ascesa delle donne in politica indossando una vera divisa di potere, sullo stile della Regina Elisabetta d’Inghilterra. In Italia, a partire dalla Seconda Repubblica, le donne della politica come Mara Carfagna e Maria Elena Boschi hanno mostrato di non dover più indossare la divisa del potere dettata dagli uomini: niente più giacca ma camicie e tacco alto, il nuovo simbolo della donna al potere».